Affrontare il fallimento
Cos’è il fallimento?
Il fallimento è un colpo allo stomaco, una profonda tristezza e anche una grande rabbia. Esso arriva strisciando oppure prende all’improvviso, in ogni caso lascia senza fiato.
Fallire non è un errore: un errore è un inciampo in un passo di danza, uno sbaffo su un quadro ancora imperfetto. Un errore è qualcosa che nella nostra mente può essere corretto. Un fallimento no.
Un fallimento è una macchia indelebile sul tessuto bianco del nostro abito. Rovina certe volte per sempre l’immagine di noi, di ciò che siamo, di ciò che vorremmo essere, di come vorremmo apparire nel mondo.
E allora, come si affronta il fallimento?
- Una delle tentate soluzioni che istintivamente viene messa in campo è quella di sfogarsi o confidarsi con persone care o con amici per condividere il peso, ma anche per capire meglio che cosa è successo e come si è fatto ad arrivare a quella situazione.
- Un’altra tentata soluzione è quella di far finta di niente, come se nulla ci possa scalfire o colpirci.
- Ancora, un’altra tentata soluzione è quella di chiudersi in sé stessi e continuare a rimuginare costantemente sul perché questo è avvenuto, ripercorrendo infinite volte con la mente i fatti accaduti, le nostre azioni, le nostre parole, quello che è stato detto o fatto, andando alla spasmodica ricerca di quegli input che potrebbero cambiare la nostra visione delle cose.
Nulla di tutto questo funziona davvero perché anche se ci sembra all’inizio stare meglio, c’è sempre quella ondata di tristezza che ci coglie all’improvviso nostro malgrado in un momento qualsiasi della giornata. Magari nemmeno ci stavamo pensando oppure ci sveglia nel cuore della notte e ci fa precipitare di nuovo in un abisso di disperazione.
Qual è dunque la ragione del fallimento? Come si affronta? E a cosa ci serve?
Alain Rohet afferma che “accettare il fallimento è un’attitudine da vincenti”. Questo aforisma mi ha sempre lasciato perplessa e non l’ho capito fino in fondo se non recentemente.
Dopo aver affrontato diversi fallimenti importanti posso dire con cognizione di causa che non ci si abitua mai a questa terribile sensazione, ma si impara a utilizzare meglio tutte le proprie risorse e capacità per uscirne in tempi veramente brevi.
So-stare nel momento: sentire le emozioni, accettando tutto quel groviglio di emozioni e stati mentali che contraddistingue il momento.
Non si può pretendere di essere completamente indifferenti. Al contrario, in questo stato di scombussolamento, bisogna dare tempo e spazio al corpo e alla mente per assorbire ciò che stiamo provando, guardando a noi stessi con gentilezza e amore. Sospendere il giudizio e cavalcare l’onda anziché contrastarla.
Riposare per poter lasciare andare.
Pensare: nel giro di poco tempo la nostra mente recupererà il controllo e inizierà a pensare alle alternative, alle soluzioni, alle possibilità.
Esiste un ideogramma giapponese che a mio parere identifica molto bene la definizione di crisi. Si compone di due ideogrammi: pericolo e opportunità.
Quando affrontiamo un fallimento la nostra prima attenzione è tutta concentrata nel pericolo che stiamo correndo e le emozioni che proviamo nella mente e nel corpo ne sono l’espressione concreta.
Tuttavia, la parte potente della situazione si nasconde nel secondo ideogramma: opportunità. Poiché il terremoto della crisi rompe l’equilibrio, l’opportunità che ne nasce è quella di imparare identificando i punti di svolta che hanno determinato la situazione, accettando la responsabilità delle azioni compiute anche se sembra che non ci siano.
Ricordare: nel nostro passato abbiamo già affrontato e “vissuto” successi o fallimenti.
E siamo sopravvissuti ad entrambi. Se recuperiamo alla memoria questi importanti ricordi, ci rendiamo conto quali risorse, capacità, abilità e comportamenti ci hanno permesso di raggiungere quel risultato e trasformare il pericolo in opportunità.
Dopo questi 3 passaggi siamo pronti per cominciare a costruire o ricostruire passo passo il nostro futuro.
Nei percorsi di terapia breve si lavora su ogni singola fase per accompagnare e facilitare il percorso evolutivo necessario.
Diceva Churchill che il successo non è definitivo. Il fallimento non è mai fatale. E’ il coraggio di continuare che conta
Vi auguro coraggio. Tanto coraggio.
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Riferimenti bibliografici
Bibliografia
http://www.mayoclinic.org/healthy-lifestyle/adult-health/in-depth/denial/art-20047926?pg=2 http://www.mayoclinic.org/healthy-lifestyle/stress-management/in-depth/stress-relief/art-20044456?pg=2 http://www.pbs.org/thisemotionallife/topic/humor/humor-and-resilience http://www.cognitivetherapyguide.org/negative-thinking-patterns.htm https://www.psychologytoday.com/blog/shyness-is-nice/201305/stop-fighting-your-negative-thoughts http://www.cognitivetherapyguide.org/thought-records.htm http://psychcentral.com/blog/archives/2014/02/16/8-tips-to-help-stop-ruminating/ http://www.mayoclinic.org/healthy-lifestyle/stress-management/in-depth/stress-management/art-20044502?pg=1
http://www.nytimes.com/2014/10/26/opinion/sunday/the-problem-with-positive-thinking.html
Monica Grassi, Psicologa della prestazione umana con esperienza di lavoro su singoli e gruppi a livello privato e aziendale. Utilizzo le tecniche della Terapia Breve per sostenere e accompagnare i processi di cambiamento personali e professionali. Ai principi della Terapia a Seduta Singola affianco tecniche di contatto del sé attraverso il corpo e la respirazione che aiutano a lavorare ad un livello emotivo profondo.