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Category Archives: Ansia, fobie, ossessioni

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Dismorfobia: la convinzione di essere brutti!

Immagina di svegliarti e, come ogni mattina, di guardarti allo specchio. Nel momento in cui osservi il tuo riflesso, però, ti accorgi all’improvviso di quanti difetti esso abbia. Il tuo naso, i tuoi capelli, le orecchie, ti sembra che abbiano un aspetto orrendo. E ogni giorno che passa, ti convinci sempre più della bruttezza del tuo corpo, al punto da non sentirti più attraente.

Che cosa sta accadendo? Si chiama dismorfofobia.

“Sono brutto, sono brutto, sono brutto!”

La dismorfofobia, o disturbo di dimorfismo corporeo, è un’intensa preoccupazione per un ipotetico difetto fisico, che conduce alla convinzione o al timore di essere brutti e inattraenti agli occhi degli altri. Questo seppure, nella maggior parte dei casi, l’aspetto fisico della persona dismorfofobica non è cambiato, ma al contrario è rimasto lo stesso. Vi sono alcune zone del corpo che, in genere, sono più soggette alla dismorfofobia, quali le parti del viso (naso, capelli, occhi, orecchie, labbra), forse perché più esposte all’esterno rispetto ad altre. Non vengono tuttavia lasciate da parte nemmeno il seno o i glutei, in quanto importanti per l’attrazione sessuale.

Più in particolare, la dismorfofobia può essere definita come un’idea distorta del proprio corpo che si radica nella mente della persona, cui il soggetto pensa in maniera ossessiva e involontaria. Questa idea, alla fine, sarà talmente ripetitiva che si tradurrà in una vera e propria concezione alterata della propria immagine corporea.

Per spiegarti bene come si innesta tale idea, ti faccio un esempio. Pensa a quando ti alzi la mattina e, senza sapere perché, inizi a ripeterti in testa il ritornello di una canzone in maniera ininterrotta. Supponi adesso che anziché il ritornello di quella canzone, tu ti ripeta assiduamente “sono brutto, sono brutto, sono brutto!”, al punto da convincertene. Proprio come il ritornello della canzone, questa idea ti accompagnerà per tutto il giorno e anche per i giorni a venire. Ti puoi già rendere conto di quanto difficile possa essere vivere con un’idea di questo tipo, eppure è proprio quello che accade nella dismorfofobia.

L’interminabile ricerca del difetto fisico

Come ogni disturbo psicologico, anche la dismorfofobia ha vari livelli di gravità, specialmente nell’adulto. Si parte da una semplice preoccupazionefisica per una determinata parte del corpo, fino ad arrivare a un vero e proprio atteggiamento delirante. La convinzione distorta della propria immagine corporea può essere transitoria, o permanente; oltretutto, la persona può esserne consapevole o meno.

Puoi accorgerti di essere in presenza di una persona dismorfofobica quando la vedi continuamente specchiarsi, oppure evitare accuratamente di vedere la propria immagine corporea riflessa. In genere è un individuo che evita il contatto con gli altri perché ha il timore di essere giudicato. Capita spesso, inoltre, che queste persone, pur di aggiustare il loro difetto fisico, eseguano ripetuti interventi di chirurgia plastica. Dopo ogni intervento, però, anziché migliorare l’atteggiamento verso il proprio corpo, lo peggiorano, al punto che seguono altri interventi per sperare di rimediare al danno fatto. Si innescherà, di lì in poi, un circolo vizioso senza fine, volto a modificare continuamente il corpo, tipico di un atteggiamento dismorfofobico.

Attenzione, però, stiamo parlando di atteggiamenti che si ripetono ogni giorno, in maniera continua, al punto da influenzare negativamente la normale vita quotidiana. In altre parole, non è dismorfofobico chi ricorre a operazioni chirurgiche per reali difetti fisici, o chi si guarda più volte allo specchio la mattina, prima di andare a lavoro!

E nell’adolescenza?

Negli adolescenti la preoccupazione per il corpo è già di per sé piuttosto elevata, motivo per cui compare spesso un disturbo di dismorfofobia, in particolare nel sesso femminile. Nell’adolescenza, d’altronde, il corpo è un mezzo di comunicazione, di attrazione verso gli altri, rappresenta il vero e proprio cambiamento verso l’età adulta.

In questi casi, la dismorfofobia è in genere transitoria. L’atteggiamento dismorfofobico, infatti, scomparirà quando, col l’avvicinarsi della vita adulta, l’immagine che si avrà di sé stessi coinciderà completamente con quella del corpo. Se questa integrazione armonica non avverrà, probabilmente il corpo diverrà un estraneo e il disturbo dismorfofobico evolverà in una vera e propria patologia.

Ritornare a sentirsi belli

Se c’è un disturbo dismorfofobico conclamato, almeno nei caratteri essenziali di cui ho parlato in questo articolo, una soluzione c’è. Una delle tecniche più efficaci è stata messa a punto da Nardone, e si pone come obiettivo quello di smontare gradualmente le convinzioni di queste persone, per rendere vane le idee dismorfofobiche.

Il terapeuta, dopo aver compreso le cause che hanno portato al disturbo, attraverso una serie di manovre ad hoc, inviterà il paziente a una graduale riesposizione alle situazioni sociali e alla propria immagine corporea. Così facendo, permetterà di aggiustare la sua percezione distorta favorendo, al contempo, il recupero di una relazione positiva sia col proprio corpo che con gli altri.

Per problematiche più lievi e transitorie, inoltre, come suggeriscono Ollendick e Davis, una sessione di terapia a seduta singola, potrebbe già avere importanti benefici.

Bibliografia consigliata

Nardone, G., Salvini, A. (2004). Il dialogo strategico. Comunicare persuadendo: tecniche evolute per il cambiamento, Ponte alle Grazie, Firenze.

Nardone, G. (1993). Paura, panico, fobie, Ponte alle Grazie, Firenze.

Ollendick, T.H., Davis, T.E. (2013). One-session treatment for specific phobias: a review of Ost’s single-session exposure with children and adolescent, Cogn. Behav. Ther, 42 (4), 275-283.

Talmon, M., (1990). Psicoterapia a Seduta Singola. Trento: Centro Studi Erickson, 1996.

 

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Fobia o non fobia: questo è il problema

Hai mai ragionato su questi termini? Quotidianamente senti parlare di paura, panico, fobia, ansia e compagnia cantando, ma proviamo a fare un po’ di chiarezza ed inquadrare la fobia o la non fobia.

Se nella tua vita c’è un oggetto, una situazione o un animale che ti causa ansia costante, allora potresti soffrire di una qualche forma di fobia. Con questo termine, infatti, si intende il provare sensazioni e comportamenti di paura marcati di fronte a particolari stimoli.

Attento però, perché per parlare di fobia, l’ansia che scaturisce deve essere clinicamente significativa, irrazionale e immotivata (APA, 2015), in parole povere deve essere sufficientemente forte da causare ripercussioni più o meno serie nel tuo stile di vita.

Ad esempio, poniamo il caso della fobia dei cani.

Sai benissimo che non c’è alcun motivo di aver paura di un cucciolo di cane, eppure appena ne vedi uno ti prende subito il desiderio di evitarlo, di fuggire e andare in cerca di rassicurazioni.

Sei consapevole, ovvero, che la tua ansia è del tutto irrazionale e potrebbe interferire con la tua quotidianità, ma non riesci a controllarla.

Per contro, non si può parlare di fobia qualora ti prenda la paura e il desiderio di fuggire di fronte a un cane feroce o a un serpente: in quel caso sì che la tua ansia è più che giustificata! Anzi, è addirittura adattiva, poiché non interferisce con la tua vita quotidiana, ma piuttosto la salvaguarda!

Sarebbe davvero lungo, oltre che noioso, elencarti tutte le tipologie di fobie esistenti, poiché all’interno dei manuali clinici ogni anno se ne aggiungono sempre di nuove.

In clinica si è soliti suddividerle in due tipi:

fobie sociali, come la claustrofobia (paura degli spazi chiusi) o l’agorafobia (paura degli spazi aperti);
fobie semplici o specifiche, come la fobia dei gatti, dei cani, dei topi o dei ragni.
Sono sicuro che adesso tu ti stia chiedendo se alcune delle tue paure quotidiane sono o meno delle fobie.

A tal proposito, è importante che tu capisca che l’ansia connessa con l’oggetto o la situazione in questione, qualunque essa sia, per poter essere definita “fobica” deve essere sempre sproporzionata, invasiva e ti deve portare ad adottare comportamenti di evitamento che interferiscono con la tua quotidianità. Se l’ansia non influenza in modo rilevante la tua vita, stai pur certo che non sei un soggetto fobico. In caso contrario, allora è probabile che tu lo sia.

Lo sapevi? No? Bene, adesso lo sai!! Ma non disperare: se hai una qualche forma di fobia ci sono molte cose che si possono fare per superarla.

In genere all’origine delle fobie vi sono dei piccoli/grandi traumi che incidono sulla capacità di vivere determinate situazioni. Per farla breve, la tua mente nel tempo ha sì elaborato quel trauma, ma per poterlo fare ha dovuto sviluppare un’ansia elevata nei confronti di un oggetto o una situazione di per sé innocente: ecco il motivo dell’irrazionalità della fobia! Elaborando il trauma connesso alla fobia, quest’ultima tenderà a scomparire.

Queste tematiche potrebbero aver destato in te ulteriori curiosità. Potresti ora domandarti: perché ho proprio questo tipo di fobia, e non un’altra? Qual è il trauma che non ho elaborato? E come faccio, adesso, a superare quest’ansia che ho?

Ecco, sono splendide domande, a cui purtroppo qui non so risponderti: ogni storia di vita è personale, e per poterla conoscere è opportuno approfondirla. L’unica risposta che riesco a darti in questa sede è indicarti, almeno sommariamente, la strada da seguire per poter superare questo tuo disagio.

La psicoterapia è sicuramente una di queste.

Ne esistono molte, tra quelle più efficaci, considerando anche che si tratta di un approccio breve, è la Solution Focused (TBSF), terapia centrata sulla soluzione, un approccio sviluppato ad inizi degli anni 80 negli Stati Uniti ad opera di Steve de Shazer, Insoo Kim Berg e dal loro gruppo di lavoro presso il Brief Family Therapy Center. È uno dei modelli che fa parte dei modelli di intervento chiamati short-term goal-focused therapeutic approaches (approcci terapeutici di breve durata focalizzati sui risultati).

Seppure l’approccio Solution-Focused sia di recente sviluppo, le ricerche ne dimostrano: un’ottima percentuale di efficacia, l’effettiva brevità nel raggiungere l’obiettivo, l’adattabilità a numerose problematiche.

Un’altra valida possibilità è quella della Terapia a Seduta Singola, in cui all’interno di un’unica sessione potranno essere ottenuti risultati già notevoli. Il must della Terapia a Seduta Singola è massimizzare l’efficacia di ogni singola seduta, che a volte può essere l’unica, come molte ricerche hanno dimostrato e che puoi approfondire leggendo “1 è il numero di sedute più frequente in psicoterapia”.

A volte, infatti, basta una singola e intensa seduta per avviarti già al processo di guarigione.

Per approfondirla ti invito ad andare al sito www.terapiasedutasingola.it.

Se senti il bisogno di un aiuto in più, prenota il tuo appuntamento gratuito con One Session! Ci trovi tutti i martedì dalle 18.00 alle 20.00. I nostri terapeuti ti aiutano ad ottenere un cambiamento immediato e duraturo, fornendoti strumenti pratici, concreti ed utilizzabili fin da subito per uscire dalla situazione problematica grazie alle tue stesse risorse!
Per prendere appuntamento, scrivi a info@onesession.it o alle nostre pagine Facebook e Instagram.

Bibliografia

American Psychiatric Association (2015). DSM V, Raffaello Cortina, Milano.

Davanloo, H. (1986a). Intensive short-term psychotherapy with highly resistant patients. I. Handling resistance, International Journal of Short-Term Psychotherapy, Vol. 1, pp. 107-133.

Malan, D.H. (1986). The frontier of brief psychotherapy, Tavistock, London.

Sitografia

www.terapiasedutasingola.it

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