Il buio dell’anima: la depressione
Molto spesso utilizziamo il termine depressione per definire tutto ciò che ci fa sentire tristi, giù di tono, col morale a pezzi, malinconici. Sia che si tratti di comportamenti che di pensieri. Dimentichiamo però che per poter parlare di depressione bisogna seguire determinati criteri diagnostici.
“Male oscuro”, mostro, “male del secolo”, questi sono alcuni dei termini popolari utilizzati per riassumere e definire ciò che accade:
- Malessere diffuso;
- Evitamento di situazioni di socialità;
- Apatia;
- Insonnia;
- Inappetenza;
- Incapacità a provare piacere.
Sintomi che possiamo riconoscere in molte situazioni che ci vedono impegnati in momenti di sofferenza o forte stress.
“La depressione è un’epidemia di portata mondiale. Nel 2020, secondo le stime dell’O.M.S., la depressione sarà la più diffusa malattia del pianeta. Personalmente credo che la maggior parte delle depressioni abbia le sue radici nella solitudine, ma la comunità medica preferisce parlare di depressione piuttosto che di solitudine. È più facile liberarci del problema dando una diagnosi e una scatola di farmaci”.
Questo pensiero di Patch Adams, medico attivista e scrittore statunitense fondatore della clownterapia ospedaliera, racchiude l’abuso e la leggerezza con i quali viene utilizzato il termine depressione e soprattutto la trascuratezza nel prevedere le conseguenze che si determinano nella società in quanto si insinua il pensiero, pericoloso e falso, che la depressione può portare a commettere i gravi fatti spesso riportati dalla cronaca.
Ne consegue così diffidenza verso i soggetti realmente afflitti da tale patologia.
Paura e pregiudizio sono infatti i principali nemici di questa malattia. Anche la medicina può rivelarsi nemica nel momento in cui cerca di inibire la sofferenza, trascurando che essa fa parte della nostra natura.
Come funziona?
La depressione appare sempre più frequentemente come conseguenza di eventi madre (lutto, separazione, perdita del lavoro, tradimento etc.), che si sceglie di curare chiudendosi in se stessi e attivando un sistema di difesa e allarme dal mondo esterno cui non deve essere dato sapere del nostro fallimento.
Talvolta il momento di calo serve a raccogliere le idee e a trovare nuove strategie per fronteggiare il cambiamento che consegue la situazione di perdita, lutto o altro.
Un ricaricare le batterie per ripartire e vivere. Una primavera dell’anima che prepara corpo e mente ad una nuova stagione.
Quando però ciò non accade, il momento di calo può fortificarsi e cristallizzare lo stato d’animo in una condizione di:
- Abbattimento;
- Prostrazione fisica e psichica;
- Pessimismo;
- Distacco dagli interessi abituali;
- Svalutazione delle proprie capacità e abilità;
- Immobilità fisica, psichica e sociale.
Tali condizioni possono divenire invalidanti e condurre la persona ad uno stato di depressione grave.
Laddove poi è carente la capacità di costruire e coltivare sane relazioni interpersonali e col mondo esterno, l’isolamento altro non farà che acutizzare una situazione già precaria e sofferente.
Non si riuscirà a utilizzare lenti nuove per leggere la realtà e questo porterà a demoralizzarsi e a sentirsi vittime di ingiustizia e ingratitudine da parte del mondo e degli altri.
Lo stato depressivo appare dunque caratterizzato da quattro ingredienti fondamentali: la rinuncia, la rabbia, il vittimismo e l’affidare ad altri o ad altro le nostre responsabilità.
L’evento madre non sempre si riferisce però ad un trauma psichico ma può anche riguardare la impossibilità di raggiungere un obiettivo prefissato, l’incapacità di risolvere un problema o la delusione rispetto ad aspettative su persone o fatti che sono in relazione con noi.
Come può essere d’aiuto la terapia breve?
Cosa stai facendo? Che strategia stai mettendo in atto?
Il primo passo è quello di aiutare la persona a individuare i comportamenti che sta agendo per affrontare il problema, in modo da comprendere se si tratta di un comportamento che peggiora invece di migliorare la situazione. Si lavora pertanto su ciò che lo stato depressivo comporta, manifestandosi attraverso atteggiamenti, comportamenti, agiti e pensieri.
Se la persona sta mettendo in atto una rinuncia o un affidare ad altri le proprie responsabilità, si cercherà in maniera graduale di riabituarla a prendere in mano la situazione, lasciando andare la paura di non farcela. Un pezzo alla volta per ricomporre il puzzle della propria vita.
Se a prevalere sono la rabbia o il vittimismo, si lavorerà per guidare la persona ad accogliere queste emozioni e canalizzarle in maniera funzionale, affinchè diventino risorse costruttive.
Gli obiettivi sono:
- riattivare la persona, utilizzando e puntando i riflettori su tutto quanto è dentro la persona stessa o intorno a lei, comprese le persone (familiari, amici, partner…);
- de-vittimizzare la persona, mostrandole le rinunce messe in atto, come comportamento che rafforza lo stato depressivo.
Depressione ai tempi del COVID
Il momento storico che stiamo vivendo, l’era Covid, sta vedendo crescere i bisogni legati alla salute mentale. Si registra una crescita di disturbi legati a stress e depressione conseguenti alle solitudini generate dal lockdown e dal post lockdown:
- solitudine lavorativa;
- solitudine sociale;
- solitudine economica;
- solitudine relazionale.
Tutto ciò è una normale risposta umana ad una crisi così grave che ha generato disordine e angoscia. Una crisi che ci impone cambiamenti in molteplici aspetti della nostra vita. Una crisi che ci richiama alla flessibilità e all’adattamento che normalmente caratterizzano l’essere umano.
Nell’opera “I Guermantes” del 1920, Marcel Proust ci ricorda che: “La sofferenza è una specie di bisogno dell’organismo di prendere coscienza di uno stato nuovo”.
Bibliografia
Lowen A. (1980) – La depressione e il corpo – Astrolabio Ubaldini
Nardone G. (2013) – Psicotrappole – Ponte delle grazie
Osho (2017) – Ricominciare da sé – Mondadori
Psicologa, Mediatrice Familiare, Esperta in Scienze Forensi