Terapia a Seduta Singola per la paura della macchina
Hai paura della macchina?
Non sei il/la sol* è una paura molto più diffusa di quello che si crede.
Il 33% della popolazione ha questa paura!
Si chiama Amaxofobia (da amaxos, in greco: carro) e consiste nel provare ansia quando si è in un veicolo. Sia che si debba guidare o no quest’ultimo.
È molto variabile di intensità a seconda della persona. Può infatti non riguardare solamente la macchina, ma anche l’autobus, il treno o l’aereo.
Si manifesta con i sintomi tipici dell’asia, come tremore, sudorazione, fino ad arrivare a volte ad attacchi di panico.
È quindi spesso limitante per la vita, rendendo alle volte difficile o addirittura impossibile non solo guidare ma anche stare in una macchina.
Potrebbe derivare da esperienze che tu o qualcuno che conosci ha vissuto in auto e che ti hanno colpito molto. Infatti è normale e utile evitare pericoli di cui siamo a conoscenza direttamente o indirettamente. La paura è una grande alleata dell’uomo! Diviene però una spiacevole compagna quando “esagera” e come un’amica troppo premurosa, si attiva e ti attiva anche quando non sarebbe necessario. È in quel caso che la chiamiamo fobia o ansia.
Molte persone oltre alla paura della macchina hanno altre forme di ansia come l’agorafobia o gli attacchi di panico.
L’agorafobia è un’intensa paura di alcune situazioni come utilizzare i mezzi pubblici, stare in spazi aperti, o in spazi chiusi, come l’auto stessa.
Gli attacchi di panico sono caratterizzati da improvvisa paura intensa, senza un apparente pericolo, che raggiunge il culmine in breve tempo. Si manifestano con sintomi somatici come sudorazione, palpitazioni, tremori, sensazione di soffocamento, dolore al petto, vertigini, nausea, brividi, formicolii e sintomi psicologici come paura di perdere il controllo e/o di morire. Tali sintomi sono molto vari e differenti da persona a persona.
Cosa fai e sarebbe meglio non fare?
A volte proviamo a risolvere le nostre difficoltà, ma quello che facciamo è inefficace o addirittura peggiora il problema (in gerco tecnico si chiamano Tentate Soluzioni Disfunzionali).
La tentata soluzione che spesso chi ha paura di guidare o di salire in macchina utilizza è l’evitamento, cioè evitare ciò che fa loro paura. Questo a seconda dell’Amaxofobia può essere differente, c’è chi non sale in un veicolo o usa altri mezzi di trasporto, ma non la macchina, c’è chi non riesce a guidare da solo, chi non riesce a guidare in autostrada, ma solo in caso di tragitti brevi e conosciuti…
Questa strategia però ha come conseguenza a lungo termine di aumentare sempre di più le situazoni temute e quindi evitate, limitando sempre di più la vita. Quindi, ad esempio, potrebbe accadere che chi prima evitava solamente di guidare la macchina in autostrada, poi tenderà ad evitare di guidare anche nelle statali e via dicendo. Portando così a un circolo vizioso. Infatti più si evita più diventa difficlie affrontare la nostra paura e più questa paura tenderà a diventare più grande ed estesa a più ambiti. Pensate ad esempio ad un bambino che per la prima volta bagna i piedini nel mare, ha paura e si allontana, probabilmente la volta successiva il bambino non arriverebbe neppure a riva per il timore. Se invece nella stessa situazione il bimbo restasse a bagnarsi questo si accorgerebbe che non gli è successo nulla, che è in grado di farlo e non ne avrebbe più paura.
Altra tentata soluzione tipica è la ricerca di supporto degli altri, come appunto chi guida solamente in compagnia, per sentirsi protetto, rassicurato, meno sol*. Questo comportamento, però, può diventare limitante, poiché la persona si affida completamente ad altri e non sviluppa le proprie capacità di autoaiuto.
Cosa puoi fare di diverso?
La metodologia a Seduta Singola può essere una delle metodologie efficaci per evidenziare le proprie risorse e creare, insieme all* psicolog* delle strategie efficaci ed autonome per gestire/risolvere l’Amaxofobia.
Infatti, la metodologia a Seduta Singola è caratterizzata da un agire concreto e focalizzato ed ha dimostrato una notevole efficacia di intervento, sia nel breve che nel lungo periodo.
La Consulenza a Seduta Singola permette, fin dal primo incontro, di affrontare il problema dell’Amaxofobia.
Si lavora su come la paura della macchina funziona per te nello specifico, cercando di identificare in quali circostanze specifiche e con quali modalità si presenta per te. Insieme all* psicolog* si indaga cosa hai provato a fare finora per affrontarlo, quando ha funzionato e quando no. In questo modo sarà possibile provare da subito a fare qualcosa di diverso per cambiare le cose. Ad esempio nell’approccio strategico è utilizzata la ristrutturazione strategica tramite la quale ci si serve proprio della paura per cambiare un effetto che la paura stessa ha prodotto.
Chiedere da subito un aiuto ad uno specialista per l’Amaxofobia permetterà di risparmiare tempo prezioso e cominciare ad attuare un cambiamento funzionale e durevole nel tempo.
Prenota il tuo colloquio gratuito con gli psicologi di OneSession.it: puoi inviare una e-mail a info@onesession.it oppure compilare il form (clicca qui)
Riferimenti bibliografici
American Psychiatric Association (2013), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi Mentali, Quinta edizione (DSM-5), trad. it. Raffaello Cortina, Milano 2014.
Cannistrà, F., & Piccirilli, F. (2018). Terapia a seduta singola. Principi e pratiche. Giunti
Nardone, G. (2000). Oltre i limiti della paura. Milano: BUR
Nardone, G. (2007). Paura, panico, fobie. Il trattamento in tempi brevi. Milano: TEA – Tascabili degli Editori Associati
https://www.auxologico.it/vincere-paura-guidare-amaxofobia-laiuto-psicologo
La Terapia a Seduta Singola per la paura degli aghi
Che cosa si intende per “belonefobia” o “paura degli aghi”?
La “paura” rappresenta di per sé un’emozione fondamentale per il nostro adattamento al contesto circostante.
Essa ci mette in allarme di fronte a un pericolo imminente ed aumenta la nostra capacità di farvi fronte.
Quando tuttavia una persona entra in uno stato di allarme nei confronti di una situazione reale o immaginata in modo limitante per la propria vita, la paura rischia di diventare una gabbia in cui si rimane intrappolati.
Non amare particolarmente la vista o la sensazione di venir trafitti da un ago è piuttosto comune.
Ciò non rappresenta di per sé un problema, se ci consente comunque di condurre la nostra vita senza limitazioni.
Se però questa paura diviene sproporzionata rispetto al rischio reale, al punto da non riuscire più a controllare questa emozione e a rimanerne bloccati, potremmo trovarci di fronte ad una fobia specifica.
La “belonefobia” ( dal greco “ago” e “paura”), per poter essere ritenuta tale deve essere sperimentata dalla persona in modo marcato e persistente per almeno 6 mesi di fronte ad una specifica situazione o oggetto e scatenare una reazione immediata di ansia e paura, che compromette la propria vita (DSM-5).
Questa fobia può riguardare ad esempio la vista degli aghi, la sensazione di esserne trafitti o anche l’avvicinarsi a contesti dove si possono trovare (ad es. studi medici, ospedali, negozi di tatuaggi…).
Quali sono le conseguenze?
Ogni persona vive la belonefobia in modo del tutto soggettivo.
Tra i sintomi fisici più frequenti, si possono riscontrare aumento del battito cardiaco, sudorazione improvvisa fino ad arrivare a nausea e svenimento di fronte agli aghi.
Altre persone sperimentano pensieri pervasivi di preoccupazione intensa, angoscia e reazioni di fuga.
Di fronte a questo limitante problema, ciascuno può quindi trovare il suo modo per poter ridurre al minimo questo disagio.
La soluzione maggiormente adottata per la belonefobia è l’evitamento di tutte quelle situazioni che possono mettere a rischio di entrare a contatto con gli aghi.
Questo si può esprimere ad esempio con la scelta di non sottoporsi a indagini, controlli e terapie mediche (come le analisi del sangue o andare dal dentista) arrivando anche a rifiutare interventi e ricoveri necessari per la propria salute.
Uno studio recente nel Regno Unito ha riscontrato ad esempio che nella popolazione adulta oggetto dello studio, la belonefobia potrebbe spiegare circa il 10% dei casi di esitazione al vaccino COVID-19 (Freeman D. et al (2021).
Un’altra modalità adottata per provare a gestire da soli la belonefobia è condividere con amici e parenti i propri vissuti.
Paradossalmente, parlare in continuazione del problema non fa che ingigantirlo ed amplificarne le conseguenze negative.
Anche pensare ripetutamente all’evento stressante in solitudine rischia di farci affondare nelle sabbie mobili della paura ancora di più.
Come può aiutarti la Terapia a Seduta Singola ad affrontare la paura degli aghi?
Se leggendo questo articolo hai pensato “ehi, ma anche a me succede! Sono proprio io!” sappi che la Terapia a Seduta Singola può risultare efficace nella risoluzione della belonefobia.
Fin dalla prima seduta lo psicologo esplorerà con te il tuo problema, cercando di identificare in quali circostanze specifiche e con quali modalità peculiari si presenta.
Lo psicologo potrà poi aiutarti ad individuare e sperimentare delle strategie alternative per fronteggiarlo.
A diverse persone può risultare funzionale iniziare ad esporsi in maniera graduale alla propria paura.
L’uso di immagini, video o prove sul campo può aiutare ad abbassare il livello di ansia e ad aumentare la propria capacità di sentirsi a proprio agio nel contesto inizialmente evitato.
Se hai trovato un modo efficace per vincere la tua belonefobia e hai voglia di condividerla con noi, raccontaci la tua esperienza nei commenti.
Ricordati inoltre che se preferisci affrontare la tua paura degli aghi con uno specialista, il team di psicologi di “One session” ti offre la possibilità di una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola della durata di 30 minuti, ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00.
Per prenotare, puoi inviare una email a info@onesession.it o contattarci sulla nostra pagina FB OneSession.it
Riferimenti bibliografici
Freeman D. et al (2021). Injection fears and COVID-19 vaccine hesitancy. Psychological Medicine 1–11.
McLenon J., Rogers M. (2019). The fear of needles: A systematic review and meta-analysis. Journal of Advanced Nursing 2019, 75 (1): 30-42. 301
Nardone, G. (2000). Oltre i limiti della paura. Milano: BUR Rizzoli.
Sono una Psicologa iscritta all’Albo A degli Psicologi del Lazio e all’Istituto ICNOS: Scuola di Psicoterapie Brevi Sistemico-Strategiche.
Nel mio lavoro integro le mie competenze multidisciplinari per offrire ai miei clienti soluzioni personalizzate ed aiutarli a raggiungere i propri obiettivi in tempi brevi. Utilizzo la TSS per ottenere il massimo da ogni singolo incontro.
La terapia a seduta singola per l’acrofobia
Immagina di essere sul piano più alto di un grattacielo di New York e guardare la distesa attorno a te: le macchine sono così lontane da sembrare formiche, i pedoni si vedono a stento.
Chi soffre di acrofobia può sentirsi molto a disagio e provarne i sintomi tipici anche solo immaginando una situazione del genere.
Acrofobia: cos’è
L’acrofobia, o paura delle altezze, si manifesta con paura e ansia marcate nelle situazioni in cui si è lontani dal contatto col suolo.
Queste situazioni possono essere l’ultimo piano di un grattacielo, appunto, o un trekking in montagna, o ancora salire su una scala a pioli.
Nel momento in cui perde il contatto con il suolo, chi soffre di acrofobia sviluppa una serie di sintomi tipici: sudorazione eccessiva, battito cardiaco accelerato, sensazione di nausea e vertigini e voglia di fuggire.
Il timore di chi soffre di acrofobia è quello di poter cadere, di essere risucchiato nel vuoto o anche di avere l’impulso a buttarsi giù autonomamente.
Questo tipo di fobia non va confusa con le vertigini.
Sebbene molti sintomi possano essere simili, come i giramenti di testa o il disorientamento, le vertigini hanno origine organica. L’acrofobia ha un’origine tutta psicologica.
Le soluzioni che complicano il problema
Se “le hai provate tutte” per superare l’acrofobia senza successo, molto probabilmente è proprio perché tutto ciò che hai provato è ciò che ha mantenuto in vita il problema finora!
Si possono infatti individuare alcuni comportamenti tipici in chi soffre di acrofobia (e di fobia in generale) che pur sembrando utili, non fanno che mantenere il problema.
Elenchiamoli brevemente, in modo che tu possa riconoscerli.
- Evitare tutte le situazioni dove non hai “i piedi per terra”.
L’evitamento è una forma di prevenzione che ci preserva dalle situazioni spiacevoli e spaventose.
Purtroppo l’evitamento si rivela una trappola perché se effettivamente siamo rassicurati dal fatto di tenerci lontani dalle situazioni temute, così facendo stiamo solo validando la pericolosità della situazione evitata, e la nostra incapacità di fronteggiarla.
- Controllare le proprie reazioni ed imporsi di non aver paura.
Così facendo si cerca di mettere sotto un controllo volontario delle manifestazioni che sono totalmente spontanee, finendo per ottenere l’effetto totalmente opposto.
La terapia a seduta singola per l’acrofobia
Anche un solo colloquio può rivelarsi molto utile per iniziare a superare l’acrofobia. Attraverso un’attenta descrizione del problema, il terapeuta ti aiuterà ad individuare i comportamenti che lo stanno mantenendo.
Il lavoro sarà focalizzato a rintracciare, amplificare e utilizzare le tue risorse indirizzandole verso il miglioramento e la risoluzione della situazione.
Sei interessato alla Terapia a Seduta Singola? Puoi rivolgerti ai nostri psicologi e psicoterapeuti, disponibili ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00, per una consulenza gratuita online. Scrivi sulla pagina Facebook One Session.it
Riferimenti bibliografici
Nardone, G. (2000). Oltre i limiti della paura. BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
https://www.treccani.it/enciclopedia/acrofobia_%28Enciclopedia-Italiana%29/
Il mio lavoro è orientato al futuro e alla valorizzazione delle risorse delle persone che si rivolgono a me, in ottica di totale collaborazione.
Sono omosessuale? Il dubbio ossessivo di essere gay
Oggi sappiamo che l’omosessualità è semplicemente una variante non patologica della sessualità umana.
Ma sappiamo anche che non esiste un modo univoco di essere gay o lesbica.
I confini si fanno ancora più complessi se si pensa alle tendenze bisessuali o asessuali.
In una situazione così variegata, come capire qual è il proprio orientamento?
Orientamento e identità sessuale
Iniziamo con il dire che l’orientamento sessuale è una caratteristica tendenzialmente stabile che indica verso chi è diretta l’attrazione sessuale.
- Verso le persone dell’altro sesso (eterosessualità)
- Verso le persone dello stesso sesso (omosessualità)
- Verso le persone di entrambi i sessi (bisessualità)
- Verso nessuno (asessualità)
Diversamente, l’identità sessuale è l’ esperienza psicologica del proprio orientamento sessuale vissuta come componente della propria identità.
Se l’identità definisce chi siamo e ci consente di rispondere alla domanda “ Chi sono io?”, l’identità sessuale ci permette di rispondere alla domanda “Chi mi piace? Da chi sono attratto?” e definirci in base a questo.
Quando orientamento ed identità sessuale sono riconosciuti ed accettati, la persona vive, in maniera più o meno serena, la propria sessualità.
Quando questi due aspetti non sono “allineati” la persona può sentirsi confusa e disorientata, fino ad avere dei dubbi profondi sulla propria identità.
Il pensiero ossessivo
Nonostante gli enormi progressi fatti dalla società, spesso l’eterosessualità è considerata ancora come l’unico orientamento “normale”.
L’omosessualità è ritenuta una condizione negativa, spesso soggetta a pregiudizi e discriminazioni.
Questa immagine sociale può essere interiorizzata dalla persona e condizionare, in modo più o meno evidente e consapevole, pensieri e atteggiamenti.
Così, magari partendo da un evento da nulla, uno sguardo o un pensiero avuto in passato, il dubbio s’insinua. Inizia a girarti in testa lo stesso pensiero ossessivo: sono gay?
Scopri che la domanda “Come capire se sono gay?” è una delle più digitate sul motore di ricerca Google.
C’è addirittura una guida di Wikihow su come capire se sei gay o, ancora peggio, come capire se lo è un tuo amico.
Consigli, suggerimenti e osservazioni che, più che chiarirti le idee, ti confondono e rendono le tue certezze sempre più insicure e vacillanti.
Quella che era una semplice domanda fatta per conoscerti e capirti, diventa un pensiero ossessivo che mette in dubbio la tua stessa identità!
Ma allora qual è il problema e come faccio ad uscirne?
Nel momento in cui ti domandi ripetutamente “Come faccio ad essere sicuro di non essere gay?” potresti essere finito in una dinamica di pensiero ossessivo.
Dinamica molto lontana dalla fase di scoperta della tua identità sessuale.
Questo non vuol dire che i tuoi dubbi non vadano ascoltati. Spesso il problema non è se sei gay o meno, ma il pensiero ossessivo legato all’idea che hai della sessualità stessa.
La prima cosa da fare in questi casi è smettere di metterti alla prova: basta ricerche su internet, video informativi o articoli che propongono le soluzioni più disparate.
Tutto questo non fa altro che alimentare il pensiero ossessivo, rinforzando i dubbi e confondendoti la mente.
La sessualità non è una questione di bianco e nero e il logorio del pensiero ossessivo ci fa costruire un labirinto mentale nel quale possiamo solo perderci.
Inizia a dar pace ai tuoi pensieri e smetti di cercare forzatamente delle risposte che spesso servono solo ad accrescere dubbi ed incertezze, senza fare alcuna chiarezza.
Se sentissi il bisogno di parlare con uno specialista, non esitare a chiedere aiuto.
Ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 Minuti.
Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare la nostra pagina FB OneSession.it
Riferimenti Bibliografici
https://nicolanardelli.it/psicologo/identita-e-orientamento-sessuale (consultato in data 02/06/2021)
https://www.lostudiodellopsicologo.it/ossessioni/come-capire-se-sono-gay/ (consultato in data 02/06/2021)
Nardone G. (2011), Cogito ergo soffro. Firenze: Ponte alle Grazie.
Ansia da esami? Ecco gli errori tipici che probabilmente compi!
È maggio, l’estate si sta avvicinando, si comincia a respirare aria di vacanza.
Ma c’è una categoria di persone che vive questo mese con ansia e tensione.
Parliamo degli studenti che a breve dovranno affrontare la sessione estiva, o l’esame di maturità.
Questi vedono il tempo scorrere velocemente mentre sono ancora sommersi di argomenti da ripassare o iniziare a studiare.
Nell’articolo di oggi andremo ad analizzare alcuni degli errori più comuni che uno studente in ansia per gli esami commette, e forniremo delle indicazioni per affrontare questo periodo al meglio.
Intrappolarsi nel perfezionismo
L’ansia per gli esami può essere accompagnata, ed esacerbata, dall’esigenza di dover studiare tutto perfettamente.
Se dedizione ed impegno sono caratteristiche auspicabili in uno studente, portate all’estremo diventano fonte di problemi.
Il tempo dedicato all’organizzazione, programmazione ed esecuzione dei compiti impegna lo studente perfezionista per la maggior parte del tempo.
Egli finirà per intrappolarsi in questa ragnatela del perfezionismo sempre più fitta. Ci sarà sempre, infatti, un compito successivo per cui doversi preparare al meglio.
L’esito sarà quello di una costante ansia, che porterà a mano a mano alla rinuncia di attività ricreative e ludiche.
Questo tipo di ansia potrà arrivare ad esprimersi anche con attacchi di panico, crisi di pianto e somatizzazioni.
Come affrontare l’ansia da perfezionismo?
Allenati a sbagliare! Inserisci nella tua routine quotidiana un momento in cui, volontariamente, inserire degli errori in quello che stai studiando. Così facendo imparerai a regolare le tue reazioni di fronte agli sbagli e acquisirai un controllo maggiore su eventuali errori che ti capiterà di commettere in futuro.
Evitare (e confermare di essere impreparati)
Che si sia spinti dal perfezionismo o dall’ansia per l’eventualità di fare brutta figura e bloccarsi durante l’esame, il “salto dell’appello” è uno sport frequentemente praticato dagli studenti universitari.
L’idea che tanto ci possa essere un’ulteriore possibilità tranquillizza apparentemente gli studenti che potranno così placare la propria ansia e paura di essere impreparati, convincendosi che arriveranno all’appello successivo con maggiore sicurezza.
Ma funziona?
Niente affatto.
L’evitamento è una dei tentativi di liberarsi dell’ansia più messi in atto in assoluto. I suoi effetti sono però controproducenti.
Più evitiamo, infatti, e più ci stiamo confermando di non essere in grado di affrontare la situazione che ci crea ansia. Questo farà sì che all’appello successivo non ci sentiremo affatto più pronti.
Che fare quindi?
Evita di evitare!
Anche se non ti senti sufficientemente pronto per l’appello imminente, mettiti alla prova. Piuttosto, rifiuta il voto. Non vedere il brutto voto come un fallimento, ma come l’occasione di imparare dove e cosa puoi migliorare.
Se invece eviti per paura di bloccarti, arrossire, balbettare, quello che puoi fare è “dichiarare il tuo perturbante segreto”.
Cosa significa?
Se sei una persona che, in situazioni di ansia, tende ad arrossire o balbettare quando interrogata, fallo presente al tuo esaminatore! Negare le proprie fragilità le rende ingestibili, mentre dichiararle farà in modo di annullare i loro effetti negativi.
Parlare sempre e solo della tua ansia
Se stai cercando di placare la tua ansia da esami sfogandoti costantemente con chi ti circonda, sappi che ti stai dando la zappa sui piedi da solo!
Sfogarsi fa sentire la persona in ansia apparentemente svuotata dalla tensione. In realtà, prova a farci caso, l’effetto è opposto.
Lo sfogo funziona con l’ansia come un fertilizzante per una pianta infestante: la fa crescere e prendere più spazio di quanto meriterebbe!
Se ti sei reso conto che effettivamente ami parlare di quanto sei in ansia, ecco l’indicazione giusta per te: la congiura del silenzio.
D’ora in poi parla di qualsiasi argomento con chiunque tu voglia, tranne che della tua ansia per gli esami!
Buttando la tua ansia fuori di te stai delegando agli altri la gestione della stessa. È invece di imparare a gestirla, e non a subirla.
Se ritieni di avere bisogno di un aiuto in più, prendi in considerazione l’idea di chiedere aiuto ad un professionista!
Ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00, i terapeuti del nostro team One Session si rendono disponibili per degli incontri online gratuiti utilizzando la Terapia a Seduta Singola. Contattaci per maggiori inviando una email a info@onesession.it oppure visita la nostra pagina Fb OneSession.it.
Riferimenti bibliografici
Alessandro Bartoletti (2013). Lo studente strategico. Come risolvere rapidamente i problemi di studio. Firenze: Ponte delle Grazie.
Il mio lavoro è orientato al futuro e alla valorizzazione delle risorse delle persone che si rivolgono a me, in ottica di totale collaborazione.
Superare la paura di guidare con la Terapia a Seduta Singola
Che cos’è e come si manifesta la paura di guidare?
La paura di guidare l’automobile è una problematica molto più comune di quanto si potrebbe pensare. Definita in gergo tecnico amaxofobia, dal greco amaxos (“carro”), fa riferimento alla forte ansia al pensiero di mettersi alla guida.
L’amaxofobia colpisce sia uomini che donne, anche se sembrerebbe essere più frequente in queste ultime.
La paura di guidare, oltre ad essere fastidiosa, può diventare invalidante per chi ne soffre, causando disagio e rinunce.
A causa della forte ansia, infatti, alcune persone finiscono per rinunciare a partecipare ad eventi sociali o limitare le proprie possibilità lavorative.
Non esiste un solo tipo di amaxofobia.
Al contrario, la paura di guidare può presentarsi in svariati modi. Alcune persone possono sperimentare solo una lieve ansia prima di mettersi al volante, altre invece possono essere colpite da un’ansia così forte da sfociare in attacchi di panico.
Chi presenta amaxofobia può sperimentare reazioni sia psicologiche sia fisiche, che da un fastidio sporadico possono diventare sempre più invalidanti. Inoltre, la paura di guidare potrebbe manifestarsi sempre, oppure solo in alcune circostanze.
Guidare in autostrada, guidare di notte o con particolari condizioni metereologiche, attraversare gallerie, sono alcune delle situazioni che possono provocare l’amaxofobia.
Può anche capitare, se la problematica viene sottovalutata, che possa generalizzarsi, passando da una situazione specifica ad altre sempre più numerose.
Cosa facciamo solitamente per combatterla e perché questo non aiuta realmente?
Spesso, quando qualcosa ci spaventa, la prima cosa che facciamo per controllare e far diminuire l’ansia è evitarla.
Nel caso della paura di guidare, evitare di salire in macchina e girare la chiave potrebbe sembrare la soluzione.
Magari dicendo a sé stessi che non è così importante raggiungere quel luogo, e che andrà meglio la prossima volta.
Ma è davvero una strategia efficace?
La risposta, purtroppo, è no.
Evitare di mettersi alla guida, oltre ad esporre al rischio reale dell’isolamento sociale, non fa altro che ritardare l’ansia e farla tornare più forte la volta successiva.
Un’altra strategia spesso usata per controllare l’ansia della guida è chiedere a qualcuno di fare da accompagnatore durante i tragitti.
L’accompagnatore può essere una persona specifica, che ispiri sicurezza, oppure un accompagnatore generico.
L’importante, in questa logica, è non avventurarsi da soli ed avere qualcuno che aiuti a gestire la paura.
Anche in questo caso, purtroppo, questa strategia non è realmente utile ad affrontare efficacemente la paura.
Infatti, chiedendo costantemente ad un’altra persona di accompagnarci, non facciamo altro che rimandare il momento in cui poter dimostrare a noi stessi di essere capaci di viaggiare da soli.
Come può aiutare la Terapia a Seduta Singola?
La Terapia a Seduta Singola può rappresentare un valido aiuto per affrontare efficacemente la paura di guidare.
In che modo?
Un primo motivo per scegliere la Terapia a Seduta Singola è che sarai tu a scegliere il tuo obiettivo.
Nessun terapeuta cercherà di proporti la sua visione sulla risoluzione della problematica.
Dopo averti attentamente ascoltato, tu e il terapeuta deciderete quali obiettivo porvi e come cercare di raggiungerli.
Inoltre, durante l’incontro, avrai modo di riflettere sulle tue risorse e farne emergere di nuove.
Utilizzando il terapeuta come uno strumento a tua disposizione, potrai scoprire risorse inaspettate e valutare come poterle utilizzarle.
La Terapia a Seduta Singola potrà anche aiutarti nel cercare momenti in cui il problema non si è manifestato nel passato.
In questo modo, potrai esaminare la situazione da un punto di vista più ampio.
A questo punto, con nuova consapevolezza, potrai trovare e sperimentare nuovi modi per affrontare efficacemente la paura di guidare.
Sei curioso di provare?
Ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00, i terapeuti del nostro team One Session si rendono disponibili per degli incontri online gratuiti utilizzando la Terapia a Seduta Singola. Contattaci per maggiori inviando una email a info@onesession.it oppure visita la nostra pagina Fb OneSession.it
Riferimenti bibliografici
Cannistrà F., Piccirilli F. (2018), Terapia a Seduta Singola. Principi e pratiche. Giunti Psychometrics
Nardone G. (2007), Non c’è notte che non veda il giorno. La terapia in tempi brevi per gli attacchi di panico. Milano: TEA Pratica
Nardone G. (1993), Paura, panico, fobie. La terapia in tempi brevi. Firenze: Ponte delle Grazie
Sono una psicologa, mi occupo di sostegno psicologico attraverso l’uso della Terapia a Seduta Singola per poter aiutare le persone a risolvere i propri problemi in tempi brevi. Ricevo a Cosenza e On Line (Skype).
Come superare la fobia sociale con la Terapia a Seduta Singola
Magari sei una persona estroversa, amichevole e che non fa fatica a conoscere nuove persone.
O magari sei una di quelle spaventate a morte all’idea di interfacciarsi con gente nuova, esibirsi di fronte a un pubblico o semplicemente aprire il proprio cuore a qualcuno.
Non sto parlando di semplice introversione ma di una vera e propria fobia sociale!
Che cos’è la Fobia Sociale?
Ci sono persone che sono timide per loro natura e che sono incapaci di sottostare alle situazioni sociali per paura di un giudizio negativo ; ci sono poi persone introverse che, a differenza dei timidi, preferiscono in percentuale maggiore la solitudine rispetto alla socialità.
Chi soffre di Fobia sociale, invece, vive una condizione di disagio significativa per tutte le situazioni sociali.
Il DMS 5, il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali descrive la fobia sociale come la persistente paura di venire giudicato negativamente dagli altri.
Il che vuol dire che nelle occasioni sociali, la persona ha il timore di essere rifiutata o derisa dagli altri.
Ciò che temono di più sono:
- Occasioni di performance: tutti quegli eventi in cui la persona verrò esaminata o sottoposta a valutazione.
- Situazioni “egocentriche”: tutti i momenti in cui si esprime la propria opinione o posizione. P
- Le occasioni in cui si è al centro dell’attenzione, sotto il focus degli altri.
- Situazioni intime: tutte le volte in cui si parla di se stessi, dei propri fatti personali e si fanno rivelazioni private agli altri.
Cosa fai per combattere la Fobia sociale?
Ci sono una serie di comportamenti che sicuramente metti in atto per tentare di combattere la Fobia Sociale ma anziché risolvere il problema, lo peggiorano o lo mantengono così com’è.
Le tentate soluzioni sono:
- Ti sforzi di essere spontaneo o diverso da ciò che sei e questo ti porta a commettere più gaffe del solito.
- Eviti tutte le situazioni sociali e questo aumenta la tua ansia ogni volta che sei obbligato ad andarci.
- Eviti di mostrare le tue emozioni per no creare rapporti intimi con gli altri
- Chiedi aiuto, hai bisogno di una spalla che ti sostenga ma questo ti porta a sentirti più ansioso di quanto in realtà tu non sia.
- Usi farmaci per tranquillizzarti.
- Hai bisogno di alcool che ti distenda i nervi durante gli incontri sociali.
Tutto questo purtroppo non sta funzionando!
Cosa puoi fare invece?
Prendi la paura per le corna! La paura si sconfigge affrontandola, passo dopo passo.
- Evita…di evitare: ogni volta che confermi da un lato la pericolosità della situazione, dal’altro confermi a te stesso di non essere in grado di affrontare la situazione. Inizia a smettere di evitare ciò che ti spaventa e ad affrontare giorno per giorno la tua più piccola paura.
- Rivela il tuo imbarazzo: è lo stratagemma che usano i public speaking quando si trovano di fronte alla platea; per evitare che l’ansia prenda il sopravvento, dichiarano ad alta voce ciò che li turba. In questo caso puoi anticipare che ti senti in imbarazzo “premetto che sono in imbarazzo, però vorrei dire che…”
- Come se: cosa faresti di diverso se non sofrissi di fobia sociale? Se fossi sicuro di te, se gli altri non ti spaventassero e non ti sentissi in imbarazzo, cosa faresti di diverso rispetto ad adesso? Pensaci e l’azione più semplice che ti viene in mente, la metti in atto.
- Sottoponiti a piccole interazioni quotidiane: provaci, buttati, sperimentati…ma ricordati a piccoli passi. Non devi gettarti giù dal burrone ma semplice iniziare gradualmente co piccole interazioni che ti mettono a tuo agio per sperimentarti e acquisire sicurezza.
Se pensi di aver bisogno di un supporto in più, puoi rivolgerti a un professionista.
La Terapia a Seduta Singola può aiutarti anche in un solo incontro con lo psicologo perché ti permette di eliminare i comportamenti che mantengono in vita il problema e ottenere concreti benefici.
Sei interessato alla Terapia a Seduta Singola? Puoi rivolgerti ai nostri psicologi e psicoterapeuti, disponibili ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00, per una consulenza gratuita online.
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Riferimenti Bibliografici
Nardone G. (1993), Paura, panico fobie. La terapia in tempi brevi. Firenze: Ponte delle Grazie.
Nardone G.(2007), Non c’è notte che non veda il giorno. La terapia in tempi brevi per gli attacchi di panico, Milano: TEA Pratica.
Sono una psicologa che si occupa di consulenze brevi e di TSS: il mio obiettivo è ridurre i tempi della terapia e massimizzare l’efficacia della seduta, offrendo un sostegno focalizzato e concreto per affrontare sia le piccole che le grandi difficoltà della vita
Terapia a Seduta Singola e fobia sociale
Ci sono persone molto disinvolte quando si trovano in mezzo ad altra gente, quando devono esporsi o parlare in pubblico, quando fanno nuove conoscenze; altre invece sono più riservate, meno espansive.
C’è chi poi ha il vero e proprio terrore di ogni situazione sociale, e al solo pensiero entra nel panico.
Se ti riconosci in quest’ultima descrizione, forse soffri della cosiddetta fobia sociale.
Fobia sociale: caratteristiche
Il DSM 5, il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali, descrive la fobia sociale come una “marcata e persistente paura di affrontare situazioni o performance sociali in cui si può essere esposti al giudizio altrui”.
Chi soffre di fobia sociale teme (anzi, è certo) di venir giudicato negativamente dagli altri, di essere deriso, rifiutato, per ogni suo comportamento o parola.
Le situazioni temute non sono solo quelle di grande esposizione, come il tenere un discorso davanti ad un pubblico, ma riguardano ogni minima interazione con altre persone: mangiare con altri, camminare dove c’è altra gente, intervenire in una riunione, sostenere una semplice conversazione o anche solo chiedere delle indicazioni.
Questo tipo di fobia è quindi molto invalidante. Ogni situazione temuta è in grado di innescare sensazioni di ansia e paura molto intense, sproporzionate rispetto alla situazione e persistenti.
Le tentate soluzioni disfunzionali della fobia sociale
Per ripararsi da queste terribili sensazioni, chi soffre di fobia sociale mette in atto dei comportamenti che, in realtà, non fanno che mantenere o peggiorare il problema. Vediamo quali sono:
- È la soluzione più semplice da mettere in atto e la più praticata. Il pensiero di chi evita è “se quella situazione mi fa paura, non esponendomici non avrò paura”.
In realtà il meccanismo tenuto in piedi da questa soluzione è più complicato. Se da una parte protegge la persona da quelle forti e terribili sensazioni, dall’altra le conferma il fatto che effettivamente le circostanze che si stanno evitando sono pericolose, e che non si hanno le capacità di affrontarle.
- Comportarsi con diffidenza. Il fatto che chi soffre di fobia sociale sia certo del giudizio negativo che gli altri gli riservano, lo porta a comportarsi in maniera diffidente e circospetta. Se costretto ad avere a che fare con altre persone, il fobico sociale si comporta in modo guardingo, mantenendo le distanze.
Conseguenza di questo tipo di comportamento è che gli altri lo guardino con sospetto a sua volta. Questo andrà ad alimentare le convinzioni di partenza. “Mi guardano male, mi stanno giudicando; lo sapevo!”
Superare la fobia sociale
Superare la fobia sociale è possibile, e qui di seguito puoi trovare due piccoli stratagemmi se vuoi iniziare a metterti in gioco autonomamente:
- Anticipa il tuo imbarazzo. Questa è un’arma potentissima che può aiutarti ad evitare…di evitare!
Invece che privarti di esperienze in compagnia altrui, ammetti agli altri il tuo disagio! Puoi usare frasi come “Quello che sto per dirti potrà sembrare sciocco, ma…” oppure “Mi imbarazza dire questa cosa, ma io penso che…”. Se hai manifestazioni fisiche di imbarazzo, come l’arrossamento delle guance, fallo presente! - Comportati “come se”. Cosa faresti di diverso, se fossi sicuro che gli altri non ti giudicassero e fossi una persona molto capace nelle relazioni sociali? Prova a prenderti ogni mattina qualche minuto per pensarci e, quotidianamente, scegli la più piccola azione che ti è venuta in mente, quella che ti comporta uno sforzo minimo, e prova a metterla in atto durante la giornata. Sperimenta cosa succede di diverso!
Come può aiutarti la terapia a seduta singola?
La Terapia a Seduta Singola ti garantisce il supporto di un professionista, che saprà darti un aiuto “sartoriale”, cucito su misura per te!
Insieme andrete ad individuare quali tentate soluzioni stanno mantenendo in vita il problema e quali strategie funzionali adottare al loro posto, basandosi sulle tue risorse.
Se sei interessato alla Terapia a Seduta Singola, puoi rivolgerti ai nostri psicologi e psicoterapeuti, disponibili ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00, per una consulenza gratuita online.
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Bibliografia
Nardone G. (1993), Paura, panico, fobie. La terapia in tempi brevi, Firenze: Ponte delle Grazie
Nardone G. (2007), Non c’è notte che non veda il giorno. La terapia in tempi brevi per gli attacchi di panico, Milano: TEA Pratica
Il mio lavoro è orientato al futuro e alla valorizzazione delle risorse delle persone che si rivolgono a me, in ottica di totale collaborazione.
Superare la paura di parlare in pubblico con la Terapia a Seduta Singola
Come ti fa sentire l’idea di parlare in pubblico?
E’ una performance che riesci ad affrontare con tranquillità oppure alla sola idea cominci a sudare?
Quando ti devi esporre davanti ad altra gente, cosa provi?
La paura di parlare in pubblico è piuttosto frequente e fa parte della più grande categoria dell’ansia sociale.
Generalmente chi ha paura di parlare in pubblico ha una sedie di preoccupazioni: teme di fare una brutta figura, di dimenticare ciò che deve dire o di bloccarsi, di arrossire, di balbettare o ancora di rovinarsi la reputazione.
Ansia: eterna nemica?
L’ansia che possiamo provare quando ci troviamo in una situazione come quella che ci richiede di esporci di fronte ad altre persone, non deve essere vissuta solo come sensazione spiacevole e quindi per forza negativa.
L’ansia è energia, e nelle giuste dosi ci permette di canalizzare le nostre forze fisiche e mentali per intraprendere al meglio la prova che dobbiamo affrontare.
Atteggiamenti che mantengono il problema
Si possono riscontrare nelle persone che hanno paura di parlare in pubblico alcuni comportamenti tipici che, in chi li mette in atto, sembrano risolvere il problema, ma che in realtà non fanno che mantenerlo o esacerbarlo.
Questi comportamenti sono detti anche “tentate soluzioni disfunzionali”, e, per questo tipo di difficoltà, generalmente includono:
– evitamento: quale strategia migliore per chi teme il confronto con un pubblico, se non quella di evitare totalmente tale confronto? Sbagliato.
Questo comportamento per quanto possa sembrare una soluzione efficacissima, “mettendo in salvo” la persona dall’affrontare una situazione insopportabile, non fa altro che confermare la convinzione di essere degli incapaci, finendo per aumentarne il disagio.
– controllo delle proprie reazioni. Un altro comportamento diffuso è quello di cercare di tenere a bada le proprie reazioni fisiche tipiche dell’ansia: la persona cerca quindi di controllare il proprio rossore in viso, di rallentare il battito cardiaco, di placare la propria agitazione.
Tutto ciò causa un effetto paradossale, per cui più si cerca di prendere il controllo più lo si perde.
Strategie per riuscire a parlare in pubblico
Dopo aver analizzato cosa è meglio smettere di fare per vincere questa paura, di seguito puoi trovare alcuni suggerimenti utili per affrontare la tua platea:
– usa l’ansia a tuo vantaggio: abbiamo visto poco sopra che l’ansia non è solo negativa, ma è una fonte di energia. Prova ad usarla per migliorare la tua performance, per usare un tono di voce più deciso, per enfatizzare ciò che dici accompagnandolo con la gestualità;
– prendi confidenza con ciò che devi dire senza memorizzare: memorizzare può farti sentire più sicuro ma può anche essere un’arma a doppio taglio. Se nel recitare il discorso dimentichi una parola, è più difficile riprendere il filo. Se invece avrai confidenza con ciò che dovrai dire, anche se dovesse esserci un momento di esitazione, sarai poi in grado di tornare con facilità nel discorso.
– confessa la tua paura: puoi cominciare il tuo discorso premettendo che sei particolarmente agitato o emozionato, e scusandoti se dovesse capitare di perdere il filo. In questo modo stai togliendo dai tuoi pensieri la preoccupazione “Si accorgeranno che sono agitato?” e provocherai empatia nel tuo pubblico.
Se questi suggerimenti non dovessero bastare, puoi prendere in considerazione l’opportunità di rivolgerti ad un professionista.
Sul sito www.onesession.it puoi trovare un elenco di professionisti formati in Terapia a Seduta Singola.
A volte un solo incontro può bastare! Attraverso l’aiuto del professionista potrai individuare delle strategie “sartoriali”, su misura per te.
Bibliografia
Cannistrà F., Piccirilli F., (2018), Terapia a seduta singola. Principi e pratiche
Nardone G. (2013), Psicotrappole
Nardone G. (1998), Psicosoluzioni
Il mio lavoro è orientato al futuro e alla valorizzazione delle risorse delle persone che si rivolgono a me, in ottica di totale collaborazione.
Sonno disturbato ai tempi del Coronavirus
Capita anche a te di fare sogni più strani del solito? Stai probabilmente sperimentando un nuovo fenomeno: i sogni pandemici da Coronavirus.
La pandemia da Covid-19, infatti, sta influenzando il modo in cui sogniamo a causa degli elevati livelli di stress a cui siamo sottoposti in questo periodo di isolamento forzato.
In questo periodo di auto-isolamento, per molte persone, il materiale onirico appare più inquietante, i risvegli sono frequenti e la qualità del sonno è ridotta.
Cosa sta succedendo?
Le emozioni esperite durante la giornata possono influenzare quello che sogniamo durante la notte. L’Associazione Italiana di Medicina del Sonno (AIMS), che sta studiando la qualità del sonno degli italiani in quarantena, ritiene che molti soggetti stiano facendo incubi in linea con i sintomi del Disturbo da Stress Post Traumatico.
I sogni cambiano perché, in questo periodo particolare, il cervello cerca di indurre la rielaborazione dell’esperienza traumatica attraverso il materiale onirico. Non a caso, alcune persone, rievocano durante la notte parti dell’evento traumatico. Sognano, ad esempio, di aver contratto il virus o di perdere la vita. Altri invece fanno sogni bizzarri ricchi di elementi simbolici. La paura del virus, in questo caso, viene sostituita da elementi metaforici come insetti, mostri, catastrofi naturali e così via.
<L’oggetto della nostra paura, il virus, è invisibile e necessita di essere visualizzato in qualcosa di concreto> Deirdre Barrett, Harvard University
Tuttavia i sogni non bastano. Potrebbero essere inoltre un campanello di allarme, se frequenti, disturbanti e protratti nel tempo, di stati di ansia e di stress che vanno affrontati direttamente.
Possiamo iniziare a prenderci cura dei nostri sogni (e di noi stessi) partendo dal benessere che sperimentiamo durante la veglia.
In questo articolo ti fornisco 4 indicazioni che ti permettano di affrontare meglio questo momento critico e gestire lo stress ad esso collegato:
1. Focalizzati su quello che fai durante le giornate
Introduci piccoli cambiamenti in positivo. Aggiungi piccoli momenti di piacere che possano rendere bella la tua giornata. Se preferisci puoi fare un programma quotidiano dei momenti di piacere e spuntare a fine giornata quelli che hai messo in atto
2. Prenditi 15 minuti al giorno per scrivere
Le tue preoccupazioni, le tue paure e i tuoi pensieri. Lo stesso tempo dovrebbe essere dedicato, e circoscritto, per la ricerca delle informazioni sulla situazione attuale. Non dedicarci più di 15 minuti. Decidi tu quando farlo e come farlo
3. Riduci lo stress per alleggerire la mente
Esercizi di rilassamento e/o mindfulness possono essere buoni alleati durante il giorno. Anche solo la respirazione diaframmatica può aiutarti a ri-centrarti e focalizzarti sul qui e ora. La respirazione 4-7-8 può invece aiutarti, prima di dormire, ad indurre un rilassamento profondo
4. Riscrivi il sogno e cambia il finale
Come avresti voluto che andasse? Se ci sono dei sogni che ti hanno particolarmente disturbato, riscrivili in positivo e inizia da qui la tua giornata
Se lo stress e l’ansia non passano ma iniziano ad essere invalidanti, lo psicologo può aiutarti a superare la tua momentanea difficoltà.
In particolare la Terapia a Seduta Singola condensa in un solo incontro efficacia e efficienza per permetterti di sperimentare benefici sin dal primo incontro. Contatta, cercandolo sul nostro sito www.onesession.it, il terapeuta formato in Terapia a Seduta Singola più vicino a te.
Bibliografia
Deirdre, Barrett, Creative Dreams that Change Our Lives, In Dreams that Change Our Lives, R. Hoss & R. Gongloff (Eds) Chiron Publications, Ashville, NC. 2017.
Deirdre, Barrett, The “Committee of Sleep”: A Study of Dream Incubation for Problem Solving, In Dreaming, Vol. 3, No. 2, 1993
Ellemarije Altena , Chiara Baglioni, Colin A. Espie, Jason Ellis, Dimitri Gavriloff, Brigitte Holzinger, Angelika Schlarb, Lukas Frase, Susanna Jernelöv, and Dieter Riemann, Dealing with sleep problems during home confinement due to the COVID-19 outbreak: practical recommendations from a task force of the European CBT-I Academy, Journal of Sleep Research, 10.1111/jsr.13052.
Rebecca Renner, (April 15, 2020), The pandemic is giving people vivid, unusual dreams. Here’s why. Researchers explain why withdrawal from our usual environments -due to social distancing- has left dreamers with a dearth of “inspiration.”, Science, National Geographic.
L’attacco di panico: Fuggi o combatti?
Che cos’è l’attacco di panico?
L’ansia è il problema più diffuso e più comune al giorno d’oggi: stando alle ricerche, almeno 2 persone su 3 dichiarano di vivere uno stato ansioso e di esserne condizionati.
Tipicamente l’ansia è caratterizzata da una serie di sintomi fisici che possono acuirsi nel tempo o in alcune situazioni specifiche, fino a sfociare in attacchi d’ansia o, nel peggiore dei casi, in attacchi di panico.
Ti è mai capitato di avere un attacco di panico?
Immagino che sia stata un’esperienza terribile, che ti ha colto alla sprovvista, almeno la prima volta.
Il primo attacco di panico ti coglie impreparato, ti spaventa ed sviluppa in te la paura che se ne verifichi un secondo.
Il disturbo da attacchi di panico nasce nel momento in cui gli episodi diventano ricorrenti e si verificano in determinate circostanze o rispetto a singoli eventi.
Per esempio l’attacco di panico ti è venuto la prima volta quando eri fuori casa, da solo, in un posto che non conoscevi. Hai avuto paura e da quel momento hai deciso, per paura di subire ancora quelle sensazioni, di non andare più in posti che non conosci da solo.
Ecco. La “paura della paura” ti ha frenato e ha creato un circolo vizioso in cui sei invischiato e che non riesci a disinnescare. Sei costretto a evitare tutto ciò che ti spaventa, luoghi, situazioni, mezzi pubblici etc, fino a compromettere la tua quotidianità.
Non solo. Trovi un escamotage per non precluderti completamente la possibilità di uscire e allora chiedi aiuto – agli amici, ai familiari –perché da solo non ce la fai.
Se soffri o hai sofferto di un disturbo da attacchi di panico, riconoscerai alcuni di questi sintomi:
- palpitazioni o tachicardia (il cuore batte a mille)
- tremori (fini e diffusi, oppure a grandi scosse)
- sudorazione intensa
- sensazione di rimanere senz’aria o di avere difficoltà a respirare
- dolore o fastidio al petto (a volte come fosse un infarto)
- nausea, conati di vomito o disturbi addominali
- vertigini, sbandamenti o sensazione di svenimento
- sensazione di irrealtà (derealizzazione) o di essere distaccato da te stesso (depersonalizzazione)
- paura di perdere il controllo o di “impazzire”
- paura di morire
Fuggi o combatti?
La prima reazione ed anche la più comune è quella di ricorrere ai farmaci. Del resto se hai l’ influenza, un dolore allo stomaco o un piede dolorante, ricorri al medico e ai suoi consigli, perchè non farlo anche nel caso dell’attacco di panico, se si manifesta per lo più a livello fisico?
Il farmaco può essere utile in alcuni casi, ma è possibile scegliere di intraprendere –in concomitanza- anche un percorso terapeutico.
Quando farlo?
Quando gli attacchi di panico non sono cosi invalidanti da chiuderti dentro casa;
Se sei motivato ad affrontarli;
Perchè combatti invece di fuggire.
Gli antichi sumeri affermavano: “La paura evitata diventa timor panico, la paura guardata in faccia diventa coraggio.”
Evitare, evitare, evitare!
Forse penserai che non è possibile ma ci sono alcune cose che potresti evitare di fare e che potrebbero rivelarsi utili per far fronte all’attacco di panico:
- Chiedere aiuto: ogni volta che chiedi aiuto confermi a te stesso di non essere in grado. Ci sono tante persone pronte a tenderti la mano ogni volta che ne hai bisogno e questo è bello, ti dice che sei circondati da persone che ti vogliono bene; ogni volta, però, che chiedi a aiuto stai dicendo a te stesso che non sei in grado di affrontare la situazione da solo, che non sei capace e il suo senso di efficacia diminuisce.
- Parlare: ogni volta che ti sfoghi in merito alle tue paure, ti senti meglio. Sul momento, il fatto di parlarne ti scarica, ti rilassa e sembra andare tutto bene. Poi? Dopo averne parlato, sul lungo periodo ti è utile ? Il parlare agisce sulla paura come il concime sulle piante: più parli e più la paura cresce.
- Evitare: sei ormai un esperto nell’evitare quello che ti fa paura e allora ti chiedo di evitare di evitare: più eviti e più confermi la pericolosità della situazione; più eviti e più confermi a te stesso di non essere in grado di affrontarla.
Non è facile superare da soli l’attacco di panico ed è per questo che ti invito a rivolgerti a un professionista, uno psicologo qualificato.
Sul sito www.onesession.it, per esempio, è presente un elenco di professionisti formati in Terapia a Seduta Singola che potranno aiutarti a raggiungere i risultati sperati, anche in un singolo incontro; ebbene si, anche una sola seduta con il terapeuta potrebbe apportare benefici, individuare le tue risorse e aiutarti a priorizzare l’obiettivo da raggiungere.
Bibliografia:
www.riza.it
Cannistrà F., Piccirilli F. (2018), Terapia a seduta singola. Principi e pratiche. Giunti Psychometrics
Nardone, G. (2016) La terapia degli attacchi di panico. Ponte alle Grazie
Nardone, G. (2016) Paura, panico, fobie. La terapia in tempi brevi. TEA
Sono una psicologa che si occupa di consulenze brevi e di TSS: il mio obiettivo è ridurre i tempi della terapia e massimizzare l’efficacia della seduta, offrendo un sostegno focalizzato e concreto per affrontare sia le piccole che le grandi difficoltà della vita