Come gestire le abbuffate? 3 consigli utili
Come gestire le abbuffate?
“Il miglior modo per resistere a una tentazione, è cedervi”
Oscar Wilde dà voce a una verità sempreverde nel campo dell’alimentazione.
Ti è mai capitato di mangiare più del necessario?
Oppure di sentire quell’impulso irrefrenabile verso qualcosa di dolce e una volta addentato non sapere come fermarti?
Ok, nella maggior parte dei casi succede e basta. Hai bisogno di concederti degli “eccessi”, dei piaceri alimentari altrimenti privandotene rischi di aumentarne il desiderio.
Tuttavia, ci sono casi in cui questo impulso diventa incontrollabile al punto che gli eccessi si trasformano in abbuffate vere e proprie.
In questo articolo andremo a capire come gestire le abbuffate.
Che cosa sono le “abbuffate”?
Non sto parlando semplicemente di concedersi la pizza o mangiare di più perché è Natale, ma sto parlando di episodi ben precisi che si manifestano nell’arco di una settimana, senza una causa apparente:
- mangi rapidamente
- mangi grandi quantità di cibo anche se non hai fame;
- mani da solo, lontano da occhi indiscreti e spesso compir il cibo appositamente per mangiarlo, perché sei imbarazzato nel permettere agli altri di vederti mangiare con così tanta foga;
- dopo aver mangiato fino a sentirti male, ti senti in colpa per averlo fatto.
Ripeto non si tratta di una tantum, ma di episodi ricorrenti che si presentano sempre con le stesse caratteristiche.
Questo comportamento non è salutare perché ti impedisce di conquistare un equilibrio alimentare; non sto parlando di stare a dieta, ma di avere uno stile di vita sano e funzionale all’età, allo tipo di vita che conduci e a quanta attività fisica fai.
L’obiettivo è stare bene e in salute, mangiando tutto nelle giuste quantità.
Cosa ti impedisce di farlo?
Spesso utilizzi delle scorciatoie che pensi saranno risolutive alle tue abbuffate:
- Digiunare
- Vomitare
- Fare attività fisica esagerata
- Usare condotte compensative come i lassativi
Devo dissuaderti: sono tutti comportamenti che mantengono in vita il tuo rapporto complicato con il cibo senza farti raggiungere i risultati sperati.
Per esempio, se vomiti, pensi di aver trovato la strategia giusta per mangiare e al contempo non prendere peso; in realtà stai creando un circolo vizioso dal quale sarà difficile uscire e che comprometterà la tua salute.
Cosa puoi fare?
Ecco tre consigli per imparare a gestire le abbuffate, che abbiamo compreso non essere funzionali al tuo benessere.
- Ritagliati del tempo:
La vita di tutti i giorni lascia poco tempo per dedicarti a te stesso.
Ritagliati dei momenti tutti i giorni in cui decidi di compiere un gesto d’amore nei tuoi confronti, una piccola coccola per te stesso, che sia un buon libro, una passeggiata o una maschera per il viso.
- Lasciati andare alla fantasia:
Soffermati volontariamente sul piacere che deriva dal cibo, accarezzandolo prima con la mente e poi con il corpo. L’immaginazione è un mezzo potentissimo da cui spesso dimentichiamo di attingere.
Per cinque lunghi minuti ogni mattina, immergiti nella tua fantasia culinaria e immagina cosa vorresti mangiare in quella giornata.
- Impara a controllarti, lasciandoti andare:
«Niente è piu’ irresistibile di un divieto da trasgredire» O. Wilde
Spesso ci imponiamo divieti assoluti verso alcuni cibi. Più ce li vietiamo però, più in realtà li desideriamo. Finiamo per cedere alla tentazione, eccedendo.
Concediti ciò che vuoi mangiare, senza pretendere alcuna forma di controllo sul cibo. Impara a concedertelo, MA solo e soltanto all’interno dei tre pasti principali.
Se pensi di aver bisogno di un supporto in più, puoi rivolgerti a un professionista.
La Terapia a Seduta Singola può aiutarti anche in un solo incontro con lo psicologo perché ti permette di eliminare i comportamenti che mantengono in vita il problema e ottenere concreti benefici.
Sei interessato alla Terapia a Seduta Singola? Puoi al servizio di consulenza gratuita online con i nostri psicologi e psicoterapeuti, disponibili ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00.
Per prendere appuntamento, scrivi a info@onesession.it o alle nostre pagine Facebook e Instagram.
Riferimenti bibliografici:
Nardone, G (2007). La Dieta Paradossale: sciogliere i blocchi psicologici che impediscono di dimagrire e mantenersi in forma, Ponte delle Grazie
Sono una psicologa che si occupa di consulenze brevi e di TSS: il mio obiettivo è ridurre i tempi della terapia e massimizzare l’efficacia della seduta, offrendo un sostegno focalizzato e concreto per affrontare sia le piccole che le grandi difficoltà della vita
La fame nervosa: un rifugio dal quale uscire
Può capitare che vi troviate a sbirciare dentro al frigorifero, o ad aprire ogni singolo sportello di dispensa che contiene cibo, sentendo il desiderio di dover smangiucchiare senza in realtà non avere neanche troppa fame, magari avendo consumato il normale pasto neanche troppo tempo prima.
Perché succede questo?
Una breve definizione
In psicologia la fame nervosa è definita come il desiderio incontrollabile, tale per cui presi da un raptus, si sente di dover mangiare anche senza fame, quindi senza un bisogno fisiologico vero e proprio.
Può questa, piuttosto, subentrare a causa di uno stato emotivo (solitamente negativo) caratterizzato da noia, ansia, tristezza, ecc.
La fame nervosa ci porta a sostituire il bisogno di fare qualcosa, di gestire l’ansia e di colmare la tristezza attraverso il cibo.
Quando la fame parte da questo presupposto il cibo scelto, solitamente, è un alimento che ha il potere psicologico di creare uno stato di benessere momentaneo in chi lo mangia.
Quindi è possibile, già da queste poche righe, notare come la voglia di cibo sia un’esperienza multidimensionale che comprende aspetti cognitivi (il pensiero verso di esso), emotivi (il desiderio), comportamentali (la ricerca) e fisiologici.
Il cibo come rifugio: da protettivo a problematico
Una forma di comunicazione
Il cibo è una forma di comunicazione con noi stessi e con gli altri, un modo per sentirsi in relazione e per vivere gli incontri.
Ma quando la relazione perde il suo equilibrio, si può rischiare di utilizzare il cibo come rifugio, cadendo in comportamenti poco sani per la salute.
Di fatti, il cibo potrebbe diventare un pensiero persistente e costante, in cui la parte gradevole e piacevole associata alla sua assunzione viene soppiantata da connotazioni negative.
L’improvviso attacco di fame, dettato dal cervello e non dallo stomaco, serve a riempire un vuoto, a sfogare dispiaceri, a colmare dolori ed a gestire le situazioni di preoccupazione e stress.
Una disperata fame d’amore che vede nel cibo un mezzo, un segnale per comunicare uno stato di disagio, una carenza d’affetto devastante.
Le esperienze di fame nervosa sono comuni, e non riflettono un comportamento alimentare anomalo di per sé.
Quando può diventare un problema?
Quando il comportamento alimentare è spinto ripetutamente da fame nervosa, raggiungendo un’intensità ed una frequenza tale da causare disagio o compromissione significativa della qualità di vita.
Inoltre, quando provoca una vera perdita di controllo nel rapporto con il cibo (per esempio vi è la sensazione di non essere in grado di riuscire a smettere di mangiare o a controllare quanto si stia mangiando), con conseguenze sulla salute.
Questo tipo di comportamento può sfociare in un disturbo da alimentazione incontrollata (Binge Eating Disorder), caratterizzato da pasti consumati in modo più rapido e in maggiori quantità rispetto al normale, fino a sentirsi spiacevolmente pieni, e invasi, subito dopo l’episodio, da sentimenti di colpa verso se stessi.
Le emozioni collegate alla fame nervosa non dipendono necessariamente da una condizione psicopatologica o da situazioni particolarmente ingravescenti, ma possono scaturire da numerose circostanze della vita quotidiana che generano uno squilibrio emotivo.
Così, anche quando non raggiunge livelli patologici, la fame nervosa può procurare un certo tipo di disagio, poiché dopo l’iniziale ed illusoria sensazione di benessere ottenuta mangiando, si ricade in quelle emozioni negative da cui si cercava di fuggire.
Questa re-invasione di emozioni negative, aggiunte al senso di colpa, innescano nuovamente lo stimolo nel desiderio di cibo “consolatorio”, inducendo alla possibile creazione di un circolo vizioso, caratterizzato da comportamenti automatici inerenti al mangiare, all’interno dei quali non si riesce a scorgere via di fuga.
Cosa fare per placare la fame nervosa
“Magari potessi placare la fame, stropicciandomi il ventre.” (Diogene di Sinope)
Esiste un modo per placare la fame nervosa?
Ecco alcuni suggerimenti utili che possono aiutare nel placare il desiderio e la ricerca di cibo “consolatorio” ed uscire da quel rifugio creato:
1. Evitare di comprare cibi consolatori
Il primo suggerimento, per quanto scontato possa sembrare, è quello di evitare di comprare cibi “consolatori” (o ridurne la quantità) che possono stimolare maggiormente il desiderio di spuntini extra. Qualcuno direbbe: “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”…o in questo caso lontano dalla bocca!
2. Impegna il tempo in attività che ti facciano star bene
Chiacchierare con persone a te care, uscire, fare passeggiate, attività fisica, scrivere, e tutto quello che ti viene in mente. Non esistono attività ideali da fare, ma impiega il tuo tempo in quelle che ti più ti piacciono e ti consentono di rifugiarti in luoghi più salutari rispetto ad un frigorifero!
3. Dividi i pasti durante la giornata
Idealmente bisogna fare 5 pasti (3 principali e 2 spuntini) durante tutto il giorno. Organizzali scadenzandone tempo e preferenze di alimenti. Concediti, però, qualche tentazione sulle scelte, purché rimangano all’interno dei pasti consentiti! Qualcuno suggerirebbe che: “l’unico modo di liberarsi di una tentazione è cedervi”.
Se vedi che questi piccoli suggerimenti non ti aiutano a ridurre la fame nervosa e pensi di aver bisogno di un supporto in più, rivolgiti ad un professionista.
La Terapia a Seduta Singola può aiutarti anche in un solo incontro eliminando i comportamenti che mantengono in vita il problema e ottenendo concreti benefici.
Sei interessato alla Terapia a Seduta Singola?
Puoi rivolgerti ai nostri psicologi e psicoterapeuti, disponibili ogni martedì, per un periodo limitato, dalle 18.00 alle 20.00, per una consulenza gratuita online.
Scrivi sulla pagina Facebook One Session.it
Bibliografia
Nardone G. (2015). La dieta paradossale. Firenze: Ponte alle grazie
Nardone G. (2013). Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo. Bur psicologia
Biondi M (2014). DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Raffaello Cortina Editore
Il disturbo Ossessivo Compulsivo: muovere i primi passi verso la soluzione!
Ti capita di lavarti le mani molto frequentemente?
Di controllare e ricontrollare più volte durante la giornata se hai chiuso la porta di casa, spento i fornelli e chiuso il gas?
Oppure hai pensieri ricorrenti, rimugini continui, costanti, invasivi?
Ecco, è probabile che tu abbia un DOC, un Disturbo ossessivo compulsivo!
Che cos’è Il DOC?
Il disturbo ossessivo compulsivo è un disturbo caratterizzato “dall’irrefrenabile bisogno di mettere in atto comportamenti o pensieri in modo ripetitivo e ritualizzato, sovrastando ogni altra attività” (Nardone, 2013)
Si caratterizza per le:
- Ossessioni: pensieri costanti, ripetuti o immagini che invadono la mente e che percepisci come intrusive, fastidiose ma cui non sei in grado di resistere. Ci pensi sempre, occupando la maggior parte del tuo con un rimugino continuo (paura dello sporco, fare del male agli altri, l’ordine)
- Compulsioni: sono i comportamenti che metti in atto. Le azioni che fai, ripetute e ritualizzate che, una volta eseguite, ti fanno provare piacere e soddisfazione e a cui non sai dire di no (pulirsi le mani; controllare e ricontrollare; accumulare oggetti)
E’ l’ossessione a scatenare la compulsione.
Bada bene che non mi riferisco a qualche pensiero intrusivo o azione ripetuta nel corso della giornata che scapita a qualsiasi persona: può accadere infatti di avere dei propri rituali (come la penna più fortunata da portare all’esame) essere ordinati e puliti o avere paura di germi e virus e per questo praticare una sana igienizzazione. Cosi come può accadere di avere “brutti pensieri “ nei confronti di noi stessi o degli altri a cui poi non diamo seguito.
La differenza nel Disturbo Ossessivo compulsivo sta nell’intrusività di queste immagini mentali ricorrenti e continue che occupano letteralmente la tua mente e di comportamenti per mettere in atto i quali perdi, sottrai tempo a tutto il resto.
Inoltre più metti in atto i comportamenti, più ne hai bisogno: l’ansia e l’angoscia che provi vengono alleviate dall’agire che comporta una reiterazione del comportamento che ti dona piacere.
Tenti si risolvere il problema ma non funziona!
- Eviti ciò che ti spaventa: evitare per paura è un toccasana momentaneo, ma se ti chiedessi come stai dopo aver evitato, cosa mi risponderesti? Il problema si è risolto? La tua ansia è sparita?Probabilmente stai pensando che non è cosi e che anzi, dopo aver evitato, hai ancora più paura ad affrontare quella determinata situazione.
- Cerchi rassicurazioni: chiedi aiuto a chi ti sta vicino perché pensi che da solo non ce la fai. Al contempo ti lamenti del problema con i tuoi amici o i tuoi cari, in cerca di consigli utili e rassicurazioni. Eppure anche in questo caso, sono sicura che il chiedere aiuto e rassicurazione non ha funzionato. Sbaglio?
- Rituali, rituali, rituali: per placare la tua ansia hai ritualizzato dei comportamenti che se all’inizio erano sporadici, sono piano piano aumentati fino a occupare del tutto il tuo tempo. Ti senti vittima di queste azioni ma al contempo non ne puoi fare a meno.
Cosa puoi iniziare a fare?
- Stop alle richieste di aiuto!
Ogni volta che chiedi aiuto confermi a te stesso da un lato che sei circondato da persone che ti vogliono bene, dall’altro di non essere in grado di farcela, che non sei capace e il tuo senso di efficacia diminuisce.
Pensa che ogni volta che chiedi aiuto ricevi questo duplice messaggio.
- Parlare, parlare, parlare: Il parlare agisce sulla paura come l’acqua agisce sulle piante: più innaffi, più la pianta cresce, allo stesso modo più ne parli e più la paura cresce.
Smetti immediatamente!
- Evita…di evitare: più eviti e più confermi a te stesso la pericolosità della situazione e di non essere in grado di affrontarla.
So che smettere da un giorno all’altro di evitare certe cose sembra impossibile, ma il consiglio è questo: comincia dalla cosa più piccola, facendo il primo piccolo passo.
- Prova a rimandare: ogni volta che senti il bisogno di mettere in atto il comportamento (che sia controllare o pulire o lavarti le mani e cosi via), rimandalo di 15 minuti più tardi. Al termine dei 15 minuti, puoi fare tutto come al solito. Semplicemente puoi provare a posticipare il bisogno per poi agire come fai sempre. Provaci!
Pensi di non farcela?
Puoi rivolgerti a uno specialista in questi casi.
La terapia a seduta singola è utile per ottenere vantaggi anche in una sola seduta con lo psicologo per aiutare a risolvere problemi come il DOC in tempi brevi, attraverso la definizione di un obiettivo da raggiungere e l’individuazione delle tue risorse.
Beatrice Pavoni
Bibliografia:
Bartoletti, A (2019) Pensieri Brutti e Cattivi. Ossessioni tabù: come superarli. Francoangeli.
Nardone, G. Portelli, C. (2013) Ossessioni, Compulsioni, Mani. Capirle e sconfiggerle in tempi brevi. Ponte delle grazie.
Sono una psicologa che si occupa di consulenze brevi e di TSS: il mio obiettivo è ridurre i tempi della terapia e massimizzare l’efficacia della seduta, offrendo un sostegno focalizzato e concreto per affrontare sia le piccole che le grandi difficoltà della vita