Menu
X

Tags Archives: comunicazione

image

Critiche costruttive e distruttive: come imparare a criticare

Tutti quanti abbiamo avuto almeno un’esperienza in cui abbiamo ricevuto qualche critica e, quando questa è stata troppo diretta, offensiva o svalutante, sarà stata sicuramente poco gradita. Talvolta alcune critiche possono essere così sprezzanti da rimanere impresse nella nostra memoria a lungo o rappresentare quasi delle sentenze che ci hanno segnato l’esistenza.

Perché la critica è difficile da digerire?

Perché se non è ben posta può essere percepita più come un giudizio che come una critica. Ma dove sta la differenza? Il giudizio esprime quello che si reputa di una persona o addirittura può richiamare una morale a cui attenersi. La critica invece implica sì una valutazione ma riguarda più il comportamento, le azioni o i fatti piuttosto che l’identità della persona.

Ecco che già questa impercettibile denotazione può essere un valido aiuto nel formulare una critica.

Infatti, saremo stati sicuramente anche noi qualche volta “giudici” di qualche comportamento, situazione o peggio, di qualche persona! E così come non ci piace ricevere critiche distruttive, dobbiamo a nostra volta metterci in discussione per capire se sappiamo formulare una critica in modo da non ferire o sminuire l’altro. Vediamo come!

Le critiche distruttive

La critica distruttiva è una critica che mira a svalutare la persona, tende a sottolineare gli errori e i difetti piuttosto che il margine di miglioramento, e a volte può essere offensiva se si usano toni sarcastici e denigratori. Questo tipo di critiche lascia un senso di frustrazione nella persona che può sentirsi umiliata, svalutata e demoralizzata. Alcuni modi di esprimersi possono addirittura ledere l’autostima dell’altro.

Uno dei modi per capire subito se una critica è stata posta nel modo sbagliato è fare caso al verbo usato: molto spesso una critica distruttiva comincia con “sei…”, andando quindi a giudicare la persona e la sua identità, piuttosto che il suo modo di comportarsi. “Sei un incapace!”, “Sei un disastro!”, “Sei proprio un insensibile”.

Un altro modo di porre le critiche malamente è quello di usare un linguaggio perentorio e disfattista, usando le negazioni e gli assolutismi: “Non farai mai nulla di buono nella vita!”, “Sei il solito scansafatiche!”, “Guarda cosa hai fatto! Combini sempre pasticci!”

Questo modo di esprimersi non lascia infatti alcuna possibilità di cambiamento e miglioramento e, specie se ripetuto, può incrinare la sicurezza e il potere di agire efficacemente per il proprio futuro. Attenzione quindi a usare certe espressioni con persone sensibili, come i bambini e le persone che vivono un momento di fragilità.

Le critiche costruttive

La critica costruttiva è al contrario una critica che esprime un parere con l’obiettivo di aiutare la persona a crescere e a migliorare. Si tratta quindi di un giudizio non di valore, mosso con riguardo e rispetto verso la persona, aspettandosi quindi che possa fare meglio considerando le sue attitudini e le sue risorse. Il termine costruttiva infatti lascia intendere che ci sia dietro un atteggiamento positivo, volto a incoraggiare e motivare la persona a fare di più. Questo implica che prima di aprire bocca abbiamo in mente di costruire nuove possibilità facendo la nostra critica, che sì, abbiamo notato un limite o una difficoltà nell’altro, ma non per questo lo azzeriamo. Quando una critica è ben posta infatti, può lasciare nella persona che la riceve un senso di fiducia e speranza che le cose possano cambiare.

Come imparare a fare una critica

Un modo per imparare a porre critiche costruttive è quello di individuare un punto di forza nella persona a cui abbiamo da dire qualcosa: sottolineare un errore ad esempio tenendo conto delle risorse che la persona ha, può aiutarci a costruire frasi come: “Ho notato che hai fatto fatica in questa situazione, ma credo che grazie alla tua tenacia saprai trovare una soluzione per andare avanti”.

Tutti infatti hanno delle capacità che spesso sono sottovalutate anche dall’individuo stesso, venire riconosciuti anche per queste capacità gioca un punto a favore dell’autostima e della motivazione al cambiamento.

Inoltre, come abbiamo accennato, la critica costruttiva si concentra sui comportamenti e sulle azioni: esse sono finalizzate a offrire suggerimenti concreti per migliorare. Ad esempio “Penso che potresti migliorare se facessi così”, oppure “Voglio aiutarti a raggiungere il tuo obiettivo: cosa ne pensi di questo suggerimento?”. Occhio però a non dare troppi consigli non richiesti: questo può far sentire la persona incapace di trovare da sola una strategia.

Per ovviare a questo, possiamo far uso di domande nelle quali chiediamo il parere o il punto di vista di chi abbiamo di fronte.

Un altro punto da tenere in conto quando formuliamo una critica è il contesto: prima di muovere una critica è necessario considerare le circostanze e il vissuto della persona, valutare l’ambiente in cui siamo, se in pubblico o in una situazione privata, immaginare che la persona possa vivere delle difficoltà transitorie e ammettere che, anche se conosciamo bene quella persona, non possiamo sapere tutto quello che gli passa per la testa né le motivazioni che l’hanno spinta ad agire in quel modo.

Come reagire alle critiche

E quando siamo noi l’oggetto della critica, come possiamo reagire al meglio?

Innanzitutto ricordiamoci che la nostra autostima e il nostro valore non dipendono dal giudizio degli altri. Se una critica ci sembra troppo tagliente e distruttiva, chiediamoci se c’è qualcosa di vero in quello che ci viene detto. Se la risposta è negativa, consideriamo che quella critica così mal posta ci dice qualcosa piuttosto su chi ce la muove, che su di noi.

Se riceviamo invece una critica costruttiva, ascoltiamo attentamente cosa ci dice quella persona e ringraziamo per il feedback ricevuto. Rifletti poi su quel suggerimento chiedendoti in che modo può esserti utile: se può aiutarti a imparare e a crescere, prendi spunto dal feedback per migliorarti. Una certa dose di umiltà e flessibilità è infatti sinonimo di intelligenza e saggezza.

In conclusione, saper fare delle critiche con rispetto è una abilità che fa parte della comunicazione assertiva, quel tipo di comunicazione che ha un atteggiamento partecipe e non in contrapposizione con l’altro. La critica sortisce il suo effetto se fatta con amicizia e riguardo. Per questo è importante anche ascoltare attentamente l’altro dopo che gli abbiamo fatto una critica, capire le sue ragioni e metterci sempre in discussione con un atteggiamento propositivo.

Riferimenti bibliografici

De Panfilis, A. & Romeo, P. (2020) La cultura del feedback: Dare e ricevere feedback con efficacia ed eleganza per stimolare lo sviluppo professionale ed organizzativo. Fym.it

Nardone, G., & Salvini, A. (2010). Il dialogo strategico. Ponte alle Grazie.

Thomas, G. (1994). Genitori efficaci. Ed. La Meridiana.

Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana. URL consultato il 14 marzo 2024.

image

Elementi per una buona comunicazione di coppia

Quando si parla di buona comunicazione di coppia? Ci sono dei trucchi, dei suggerimenti, che possono migliorare la comunicazione tra i partner? Lo scopriamo in questo articolo.

La coppia in terapia

Le terapie di coppia hanno avuto un grande incremento negli ultimi anni.

Possiamo annoverare diversi fattori di varia natura che hanno contribuito alla crisi delle coppie e di varia natura: sicuramente economica e sociale in primis, ma possiamo affermare altresì che la coppia ha subito diversi cambiamenti dovuti anche all’evolversi dei modi di stare insieme.

La terapia rappresenta un modo, un tentativo incisivo e carico di aspettativa che la coppia sceglie per ritrovare una chiave di lettura a problemi e conflitti e utile per ridare nuovi significati e per rafforzare la identità, in alcuni casi con la aspettativa di farla rinascere e darle dei nuovi basamenti.

Uno degli aspetti più significativi che vengono affrontati in sede di terapia è l’aspetto legato alla comunicazione.

Dopo che una coppia si è stabilizzata nella relazione, uno dei fattori che ne determineranno la sua durevolezza sarà indubbiamente la comunicazione che sarà adottata dalla stessa.

Una comunicazione sbagliata fa diventare la coppia un terreno di scontro e di affronto in cui le distanze divengono incolmabili e non si riescono più a esprimere i propri bisogni e le proprie emozioni.

Tutto sembra perduto, perché non ci si comprende, quasi a far diventare la quotidianità un ring in cui a colpi di parole infuocate o di silenzi assoluti si perde intimità e il clima si fa irrespirabile.

La comunicazione e i suoi assiomi

Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin e Don D.Jackson, sono i principali ricercatori del Mental Research Institute di Palo Alto in California e scrivono “Pragmatica della comunicazione umana”, in questo meraviglioso volume del 1967, che segna profondamente un’epoca e supera tutte le teorie precedenti, gli autori si occupano di comunicazione partendo dall’assunto che ”la comunicazione è la conditio sine qua non della vita umana e dell’ordinamento sociale”.

Alla base di tutto il presupposto fondante della comunicazione che non è più intesa come una comunicazione lineare, ma circolare perché chi comunica e fornisce una informazione a chi riceve, provoca una modifica che viene rimandata a chi aveva iniziato la comunicazione.

Gli autori giungono a identificare cinque assiomi, cioè delle proprietà assolute che la comunicazione possiede e che sono fondanti per lo studio delle interazioni interpersonali.

Gli assiomi che elencherò sono riscontrabili chiaramente nella comunicazione di tutti gli esseri umani e quindi anche di quella che intercorre nella coppia.

Gli assiomi sono così enucleati:

il primo assioma ci dice che è impossibile non comunicare, il secondo che ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione, il terzo che la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione, il quarto che gli esseri umani comunicano con il modulo numerico e con quello analogico, il quinto che gli scambi della comunicazione sono di due tipi o simmetrico o complementare.

Nel non si può non comunicare si esprime il fatto che qualsiasi sia la scelta che facciamo noi comunichiamo sempre qualcosa, anche quando non parliamo e scegliamo il silenzio, il distogliere lo sguardo anche quello comunica un’intenzione.

Il secondo ci dice che comunicando non diamo una semplice informazione all’interno di un messaggio: esiste certamente un aspetto di notizia cioè le informazioni ed i contenuti che vengono trasmessi, ma esiste un aspetto di relazione cioè quello relativo alla modalità con cui si esprime la comunicazione.

Il terzo fa riferimento al fatto che la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze tra gli interlocutori, la decodificazione segue una punteggiatura personale che organizza le interpretazioni.

Il quarto riguarda il fatto che la comunicazione contiene un aspetto di tipo analogico, cioè legato al piano del non verbale e un aspetto digitale del verbale, i gesti, le espressioni, le inflessioni della voce, il movimento nello spazio sono comunicazione e tutte le componenti di un messaggio dorrebbero andare sulla stessa linea e i piani del verbale e non verbale coincidere per una comunicazione chiara.

Infine, nel quinto si esprime il concetto per cui nella comunicazione si verificano due situazioni quella di simmetria o di complementarità, la simmetria avviene quando gli interlocutori si trovano in una condizione che li vede alla pari, e la complementarità quando uno dei due interlocutori si trova in un piano inferiore o superiore e la comunicazione dal piano superiore mette l’altro in una posizione subordinata.

Gli assiomi della comunicazione nella coppia

Se ora pensiamo alla coppia, non risulta complesso rintracciare tutti gli elementi sopra descritti, ci appare chiaro inoltre che la comunicazione non si esprime solo con le parole, ma gli aspetti del non verbale hanno un peso e una grande influenza, tanto è che il nostro linguaggio si esprime con la mimica, la postura e il tono della voce.

Tutto questo ci fa affermare comunicare è complesso e avere un a buona comunicazione efficace è indispensabile e possedere un dialogo costruttivo può rimettere ordine e pace se ci troviamo in una situazione di conflitto e se siamo in mezzo a situazioni di contrasto e litigio.

Comunicare bene significa avere un rapporto più funzionale.

La buona notizia è che la comunicazione con una guida nella terapia può essere esercitata e migliorata, acquisendo ad esempio nuove strategie e nuovi strumenti, basta avere gli ingredienti giusti.

La relazione di coppia e il benessere nella relazione

Pensiamo a quando cuciniamo, cosa facciamo per rendere piacevole e gustoso un piatto, per farlo essere prelibato e appetitoso per i nostri commensali dobbiamo porre attenzione nel dosare con cura tutti gli ingredienti.

Allo stesso modo in una relazione con il nostro partner, abbiamo bisogno di accorgimenti.

La comunicazione è alla base della nostra ricetta, e se in cucina dobbiamo controllare grammature e dosi, nella comunicazione di coppia dobbiamo parlare ed esprimerci nel modo migliore, al fine di trasformare i disaccordi e i conflitti in accordi ed alleanze.

Comunicare bene in coppia significa essere in sintonia con il partner, saper chiedere quello di cui si ha bisogno, esprimere le proprie emozioni.

Difficoltà nella comunicazione

La difficoltà che si incontra nel comunicare deriva dal fatto che ognuno di noi ha interiorizzato un proprio stile comunicativo a partire proprio da quelle interazioni importantissime che si sono sviluppate con le figure di riferimento nell’infanzia e nel corso dello sviluppo evolutivo e si porta dietro appunto uno stile comunicativo sbagliato che spesso è improntato quasi a una sfida in cui si pensa che possa esserci un vincitore ed un perdente.

Ma è proprio su questo che si insinua l’errore più grande, perché nelle relazioni affettive o si perde entrambi o si vince entrambi.

Nella coppia i conflitti più esacerbati, nella maggior parte dei casi, partono da una cattiva comunicazione.

Una comunicazione alcune volte addirittura fallimentare dove fratture, incomprensioni si generano e si rigenerano.

Non è facile cambiare. Le coppie subiscono nel tempo, oltre al retaggio familiare, anche l’influenza di una vita sempre più stressante. Una vita piena di pressioni a livello lavorativo e familiare che possono minare con facilità la solidità del rapporto.

Una comunicazione efficace ci permette però di rafforzare la relazione e ci dà più possibilità di resistere nel tempo.

Comunicare in coppia: gli errori che si commettono e che rendono fallimentare il dialogo

In questo viaggio nella comunicazione efficace che una coppia dovrebbe acquisire, mi riallaccerò a quello che ha scritto lo psicologo psicoterapeuta Giorgio Nardone allievo di Watzlawick e fondatore del Centro di Terapia Strategica di Arezzo, nel suo libro “Correggimi se sbaglio. Strategie di comunicazione per appianare i conflitti nelle relazioni di coppia”.

Nardone ci fa vedere nel suo volume come alcune modalità che utilizziamo nel comunicare in coppia non fanno altro che trascinare la coppia in un crescendo fallimentare.

Nardone individua i seguenti elementi fallimentari:

  • il puntualizzare al livello razionale una cosa che funziona anche e soprattutto sulle sensazioni, le emozioni e i sentimenti- sfere non riconducibili a una fredda logica-, impoverisce i legami che tengono unite le persone”;
  • il recriminare che “trasforma il suo oggetto, ovvero le colpe dell’altro, in diritti legittimi”. Il recriminare sottopone praticamente il partner quasi ad un processo;
  • il rinfacciare che porta a un totale insuccesso e scatena un crescente senso di rabbia;
  • il fare prediche che fa scattare un senso di ribellione;
  • utilizzare frasi standard che provocano sempre rabbia in chi le riceve, riescono ad evocare immediatamente nell’altro le sensazioni di provocazione, irritazione o squalifica. Esempi die frasi sono “Lascia….faccio io “, “Lo faccio solo per te”, “Te l’avevo detto” dichiarazioni che fanno scatenare rabbia.

Comunicare in coppia: le strategie che rendono la comunicazione efficace

Si contrappone a una comunicazione fallimentare sempre secondo Giorgio Nardone un dialogo strategico che è funzionale alla coppia, qui sotto gli elementi ravvisati da Nardone per una comunicazione costruttiva ed efficace:

– domandare piuttosto che affermare, parafrasare le risposte ricevute con un linguaggio evocativo, agire piuttosto che pensare.

Questi sono i tre capisaldi che permettono alla coppia di uscire dalla catena delle incomprensioni.

Domandare piuttosto che affermare significa porre delle domande. Esse vengono costruite in modo strategico, utilizzano la forma di domande con alternativa di risposta e ci servono per guidare il partner nelle sue risposte, senza sentenze o condanne.

Si crea un clima di collaborazione e si va nella direzione del comprendere a tutto tondo il problema.

Questo modo di condurre la conversazione fa leva su uno scambio comunicativo più ampio, si costruiscono le risposte in due e la conversazione diventa equilibrata e costruttiva.

Parafrasare crea immediatamente un accordo, cambia la prospettiva del problema “correggimi se sbaglio, da quanto mi hai detto, sembrerebbe che…” rafforzo con queste formule l’intesa, chiedo una verifica e non sentenzio, questo ci sposta su un asse di intento comune.

Se inoltre si utilizza nel domandare e nel parafrasare un linguaggio evocativo si apre il nostro modo di comunicare a tutto quello che è il linguaggio emotivo, fatto di sensazioni.

E’ un linguaggio di suggestione che lavora anche sul piano sensoriale.

Agire piuttosto che pensare, ci porta in finale ad una idea di progettualità, verso azioni concrete che possiamo realizzare con il partner.

In due possiamo arrivare al cambiamento, ci accordiamo per andare nella stessa direzione, ci focalizziamo su un fine comune, cambiamo il modo di agire.

Vorresti lavorare sulla coppia?

Hai riscontrato un problema di comunicazione?

Non riesci a comunicare in modo efficace con il tuo partner?

Ti trovi in un momento in cui senti il bisogno di essere aiutato?

Vuoi ottenere un cambiamento?

Chiedi aiuto a ONE SESSION.

ONE SESSION è il nostro servizio, in cui siamo a tua disposizione quotidianamente con un colloquio di terapia a seduta singola completo.

Ti aiuteremo fornendoti strumenti e tecniche che ti permetteranno di rimetterti in gioco e sbloccare comportamenti non funzionali al tuo benessere.

ONE SESSION è un servizio di ascolto psicologico che lavora con una sola seduta.

Ogni settimana saremo a tua disposizione. Scrivi a info@onesession.it e consulta le nostre pagine social di Facebook e di Instagram.

Riferimenti bibliografici

Bartoletti, M. Pagliai, M. (2021). Ritratti di coppia con terapeuta. La terapia breve strategica con le coppie.

Cannistrà, F. ,Piccirilli, F. (2021) . Terapia breve centrata sulla soluzione. Principi e Pratiche

Haley, J. (1985). Cambiare le coppie. Conversazioni con Milton H. Erickson

Nardone, G., Watzlawick, P., (2007). L’arte del cambiamento

Nardone, G. (2005). Correggimi se sbaglio. Strategie di comunicazione per appianare i conflitti nelle relazioni di coppia.

Secci, E. M. (2016). Le Tattiche del Cambiamento

Watzlawick, P. e Nardone G., (1997). Terapia breve strategica

Watzlawick, P., Beavin, J.H. Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della Comunicazione Umana

image

La Terapia a Seduta Singola per la paura di arrossire

“Arrossire è il colore della virtù” (Diogene)

Che cos’è la paura di arrossire?

L’“ereutofobia o eritrofobia” deriva dal greco éruthros cioè “rossore”. Consiste nel provare ansia e paura anticipatoria rispetto alla possibilità di diventare rossi in situazioni di socialità (ad esempio quando ci si trova a dover parlare in pubblico, a chiedere informazioni, ad affrontare un appuntamento importante…).

La paura di arrossire rientra tra le fobie specifiche sociali, che nel DSM V indicano una paura marcata o ansia provata da una persona rispetto ad una o più situazioni sociali in cui si è esposti al giudizio degli altri, con timore di essere valutati negativamente per questo.

Il problema causa disagio significativo dal punto di vista clinico nel funzionamento sociale e lavorativo della persona e persiste per almeno 6 mesi.

Come si manifesta l’ereutofobia?

Arrossire è una reazione naturale guidata dal nostro sistema nervoso simpatico.

Esso aumenta il flusso di sangue e la temperatura della pelle del viso, del collo e della parte superiore del corpo causando un cambiamento evidente del nostro colorito, che appare più rosso del solito.

Può manifestarsi quando ci sentiamo al centro dell’attenzione e proviamo emozioni positive oppure quando sperimentiamo emozioni negative come la vergogna, il senso di colpa o l’imbarazzo.

Sarà capitato a tutti di fare una “figuraccia” e di sentirsi avvampare improvvisamente.

Arrossire può farci sentire molto esposti al giudizio degli altri, che possono accorgersi di come ci sentiamo semplicemente guardandoci in viso.

A quel punto, ci sentiamo letteralmente “allo scoperto”, soprattutto se qualcuno ce lo fa notare, magari prendendoci in giro.

La paura di essere “sorpresi” ad arrossire in altre situazioni sociali può quindi diventare una costante preoccupazione e una vera e propria paura.

Oltre alle fastidiose sensazioni fisiche dovute all’ansia, infatti, si possono provare anche pensieri negativi di auto-svalutazione. Questi pensieri possono essere: “arrossirò e quindi penseranno tutti che sono stupido/a, che non valgo niente, che sono debole e incapace, nessuna persona mi vorrà come partner…”.

Abbiamo già parlato in altri articoli precedenti della definizione di “paura” (clicca qui se vuoi approfondire) e di come questa nostra emozione primaria possa essere protettiva da un lato, quando ci difende da un imminente e reale pericolo, oppure possa risultare limitante per noi e dannosa se invece finisce per bloccarci ed impedirci lo svolgimento delle nostre attività quotidiane.

Come viene gestita la paura di arrossire?

Molte persone prima di rivolgersi ad uno psicologo provano a fare qualcosa per gestire da soli il problema.

Una delle azioni che inizialmente può sembrare efficace per provare a gestire l’ereutofobia è quella di evitare tutte le occasioni sociali in cui si potrebbe rischiare di arrossire.

Questa scelta, che inizialmente può farci sentire al sicuro e protetti, alla lunga rischia di isolarci e di rendere difficile se non impossibile lo svolgimento delle nostre attività quotidiane.

Si evita quindi di andare a scuola o al lavoro, di uscire con gli amici, di esporsi nel parlare di fronte agli altri. Un’altra soluzione di solito adottata è quella di provare a nascondere il viso con sciarpe, occhiali grandi o alterarne il colore con trucco pesante e lampade solari.

Purtroppo, spesso questi tentativi di gestire il problema paradossalmente finiscono per peggiorarlo!

L’evitamento sociale ci chiude in una solitudine opprimente che ci impedisce di vivere normalmente e ci fa sentire ancora peggio.

Rinunciare inoltre a mostrare liberamente il nostro volto può farci sentire limitati, inadeguati e insicuri (oltre a rischiare di rovinare la pelle!).

Come liberarsi della paura di arrossire con la Terapia a Seduta Singola?

La paura di arrossire si può affrontare fin dalla prima seduta con uno dei nostri psicologi innanzitutto definendo insieme fin nei minimi dettagli il tuo modo soggettivo ed unico di vivere questo problema.

Si potrà quindi ragionare insieme su tutto quello che hai provato a fare per fronteggiare la paura di arrossire e sui risultati ottenuti: le cose sono effettivamente migliorate oppure sono peggiorate?

Infine, si potranno sperimentare già in seduta alcune nuove soluzioni da poter metter in pratica quotidianamente.

Una strategia utilizzabile fin da subito è provare a rivelare al proprio interlocutore che durante la conversazione si potrebbe arrossire, magari stemperando con una battuta.

Oppure cercare di spostare l’attenzione al di fuori di noi stessi quando parliamo con qualcuno.

Come? Prova a tornare all’inizio di questo articolo e a rileggere l’aforisma di Diogene che ho citato: hai mai pensato che a volte gli altri potrebbero non accorgersi del tuo rossore o addirittura pensare che sia una virtù e non un segno di debolezza?

E se invece di concentrarti su te stesso provassi a vedere se il tuo interlocutore inizia ad arrossire prima di te mentre parlate?

Ricordati che se invece vuoi provare ad affrontare la tua paura di arrossire con uno specialista, quest’anno il nostro team di “One session” ti offre la possibilità di una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola della durata di 30 minuti, ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00.

Per prendere appuntamento, scrivi a info@onesession.it o alle nostre pagine Facebook e Instagram.

Lasciaci un commento se ti va di farci sapere come stai provando a gestire la tua eritrofobia!

Riferimenti bibliografici

American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.)

Drummond, P. D., Shapiro, G. B., Nikolić, M., & Bögels, S. M. (2020). Treatment Options for Fear of Blushing. Current psychiatry reports, 22(6), [28]. https://doi.org/10.1007/s11920-020- 01152-5

Nardone, G. (2000). Oltre i limiti della paura. Bur, Rizzoli.

Veale, D. (2003). Treatment of social phobia. Advances in Psychiatric Treatment, 9(4), 258-264. doi:10.1192/apt.9.4.258

 

image

Come migliorare la comunicazione con i figli adolescenti

Comunicare con i figli adolescenti sembra essere un’impresa ardua. Nell’articolo di oggi andremo a vedere delle strategie di comunicazione efficaci.

L’adolescenza

L’adolescenza, dal latino “adolescere” che significa “ crescere”, è il momento della vita in cui l’individuo ottiene le competenze e le abilità utili ad assumersi le responsabilità rispetto alla futuro divenir adulto.

Questo periodo di transizione prevede un continuo mutamento e trasformazione.  Talvolta viene interpretato come squilibrio, instabilità e insofferenza.

Il ragazzo sente il bisogno di separarsi dal genitore, individualizzarsi, ma allo stesso tempo desidera la sicurezza di sentirsi amato e accolto.

In adolescenza i ragazzi si trovano quindi in una fase dello sviluppo in cui ricercano continuamente la loro identità, interfacciandosi con i diversi contesti nei quali si trovano ad interagire.

Quotidianamente prendono distanza dalle figure genitoriali, cercando di imporre il loro punto di vista e pretendendo maggiore autonomia ed indipendenza.

Quando il genitore cerca di instaurare un dialogo non è sempre facile avere la predisposizione del proprio figlio a confrontarsi, esprimersi ed aprirsi.

Genitori di adolescenti

I genitori si ritrovano a gestire un forte cambiamento nei comportamenti dei propri figli.

Ciò li porta a riflettere sul concetto di perdita, che si ripercuote sulla relazione e dunque sulla difficoltà di comunicare.

I genitori si ritrovano a gestire la perdita della relazione intima, vissuta con il proprio figlio nel periodo dell’infanzia.

Nella perdita della sicurezza, si ha difficoltà a comprendere il comportamento proprio e le reazioni altrui.

Si fatica ad essere sicuri di quello che dice e di quello che si fa.

Si creano dubbi, perplessità sulle metodologie di interazione, mettendo in discussione anche il tempo dedicato alla comunicazione.

I genitori si ritrovano a pensare alla perdita della soddisfazione di essere indispensabili a qualcuno.

“Perdita della sensazione di essere dei difensori dagli immensi poteri, in grado di tenere i figli al riparo di ogni male”. (A.Faber e E.Mazlish, 2005)

Infine c’è la paura, di dire la cosa giusta, di comprendere, di essere d’aiuto nel momento giusto, di non essere abbastanza presenti, di sbagliare.

Strategie di comunicazione

  • Mostrarsi accoglienti e disponibili nel dialogo.

Essere accoglienti significa ascoltare in modo silente il flusso di parole del proprio interlocutore senza avere pregiudizio, senza valutare e giudicare.

  • Il tono della voce deve essere sereno e privo di prediche.
  • Cercate di porre più domande. Evitate di esprimere giudizi e sentenze.

Le domande possono riguardare un particolare della situazione che vi stanno raccontando, oppure può essere utile chiedere conferma di aver compreso bene quello che vi hanno esposto.

In questo modo si sentiranno capiti, ascoltati e saranno avranno la certezza di essere stati ascoltati e compresi.

  • Evitare confronti generazionali, si verrebbe a creare troppo disequilibrio.

Nel confronto, involontariamente, si possono creare dei malintesi fra ciò il genitore ha fatto di buono e cosa invece c’è di sbagliato nel comportamento del proprio figlio.

  • Non sminuite ciò che loro vi raccontano. Ponete domande sui particolari, cercate di non farvi prendere dall’ansia e dalle preoccupazioni.
  • Ascoltare sarà un buon modo per darsi il tempo giusto per comprendere.
  • Ponete domande sul loro stato emotivo: come si sono sentiti, i loro desideri, obiettivi. Accettate i sentimenti e sappiate cogliere lo stato d’animo che in quel momento provano.
  • Non perdetevi in un eterno monologo, finiranno per non ascoltarvi .
  • Cercate di mettervi nei loro panni, essere empatici aiuta a comprendere meglio il punto di vista dell’altro.

E’ necessario avere tanta pazienza, comprensione e dare per primi l’esempio con le parole.

Se senti il bisogno di un aiuto in più, prenota il tuo appuntamento gratuito con One Session! Ci trovi tutti i martedì dalle 18.00 alle 20.00. I nostri terapeuti ti aiutano ad ottenere un cambiamento immediato e duraturo, fornendoti strumenti pratici, concreti ed utilizzabili fin da subito per uscire dalla situazione problematica grazie alle tue stesse risorse!
Per prendere appuntamento, scrivi a info@onesession.it o alle nostre pagine Facebook e Instagram.

Riferimenti bibliografici:

https://www.adolescienza.it (consultato in data 12/01/2022)

https://viverepiusani.it (consultato in data 12/01/2022)

https://www.psicoterapiarca.it (consultato in data 12/01/2022)

https://www.vivavoceinstitute.com (consultato in data 12/01/2022)

https://www.federicabenassi.com (consultato in data 12/01/2022)

A.Faber,E.Mazlish (2005). Come parlare perché i ragazzi ti ascoltino, e come ascoltare perché ti parlino. Milano: Mondadori.

image

Conflitti a lavoro? Collaborazione come strategia vincente.

Pensando al conflitto, l’immagine che ho avuto è stata il fungo atomico ad Hiroshima e Nagasaki.

Il mondo del lavoro può essere un campo di battaglia, con un effetto distruttivo, causato da un bombardamento, in questo caso emotivo, di rabbia e frustrazione.

Emozioni che montano sempre più nelle persone, che tra l’altro non si sono scelte e debbono convivere sotto lo stesso tetto lavorativo.

Una condivisione psicofisica che richiede energie non indifferenti, in uno spazio in cui regna spesso la competizione più che la collaborazione.

Affrontare discussioni

Affrontare una discussione genera molta tensione, ansia e paura di trovarsi di fronte a divergenze di opinioni.

Inoltre la conflittualità è valutata in modo negativo (non solo in ambito lavorativo), tanto da danneggiare spesso chi la attiva.

Per questi motivi difficilmente ci si espone nel manifestare conflitti e intavolare discussioni.

“La nostra mente evita di confrontarsi con ciò che ci minaccia. Il problema è che, facendo gli struzzi e non affrontando i problemi, si rischia di ingigantirli a dismisura dentro la nostra testa” (Rampin M. 2018).

In sostanza, tranne in pochi casi di pura ingiustizia o particolari patologie mentali, un conflitto nasce principalmente quando sorgono differenze e si ha difficoltà ad accordarsi. La mancanza di flessibilità e collaborazione diventa una delle cause dei conflitti relazionali e interiori.

A scapito della professionalità, si procrastina un confronto maturo, che offre possibili risoluzioni dei problemi e la prevenzione delle conseguenze del disaccordo.

Eppure i conflitti sono parte della vita, ed imparare ad affrontarli è necessario.

I conflitti sul lavoro

Quando il luogo di lavoro diventa costellato di conflittualità, si trasforma in un ambiente scomodo e disagiato. Uno spazio sociale in cui i conflitti interpersonali possono essere vissuti attaccando in modo evidente, o subdolamente, oppure in silenzio, sopportando e covando.

Entrambi i casi sono accompagnati da diffidenza, sguardi inaspriti od evitanti, pensieri frustranti, rimuginii, ansia e insoddisfazione, che spesso rimangono ancoràti nelle maglie emotive delle persone, tanto da essere portati anche a casa e permanere a lungo come effetti indesiderati.

Le conseguenze più comuni sono la riduzione della produttività, della qualità del lavoro e del benessere personale, con un aumento dello stress e del barn out.

Le manifestazioni psicofisiche e comportamentali che ne derivano, sono diverse e a vari livelli. Ad esempio:

  1. minore attenzione e concentrazione
  2. aumento del sospetto e di emozioni negative
  3. impazienza e inquietudine
  4. somatizzazioni: emicrania, mal di schiena, alterazione del sistema digestivo e del ritmo sonno-veglia
  5. isolamento, rottura dei rapporti ostili, abuso di ansiolitici e sostanze (cibo, alcol …)

Superare i conflitti

È possibile prevenire e trasformare un conflitto, in una condizione funzionale e utile?

Si, attivando la collaborazione e strategie per favorirla.

La Oxford Languages descrive il conflitto così: “contesa rimessa alla sorte delle armi, guerra; urto, contrasto, opposizione”.

Se il concetto di guerra lo abbiamo visto, è importante soffermarci un momento sulla parola opposizione, la quale non implica necessariamente incompatibilità.

Basti pensare alla capacità dei poli + e – di attrarsi e condividere spazi in equilibrio.

Ebbene, anche da differenti personalità, possono nascere condivisione e sinergia, dando vita a confronti ed opportunità, anche piccoli ma significativi.

Il “con-fronto” per definizione implica che ci si ponga uno difronte all’altro, in posizione opposta. Si può scegliere se attaccarsi o se cercare la risorsa per poter lavorare assieme, in un ambiente più favorevole per tutti.

Come si può agire la Collaborazione?

Alcuni suggerimenti.

  •  Focalizzate l’attenzione sulla persona e non sul problema relazionale.

Anche l’altro vive il conflitto e probabilmente è stanco quanto voi di questa situazione, ma forse non sa da dove partire per migliorarla. Ascoltatelo, potrebbe dire cose interessanti.

Nel confronto rimanete ancorati all’obiettivo di lavoro/argomento di cui vi state occupando, senza andare sul personale.

L’attacco alla persona genera solo muri di difesa, tensioni e rigidità sulle proprie convinzioni. E se l’altro lo fa con voi, allora in modo assertivo, fatelo presente.

  •  Abbiate perciò chiaro l’obiettivo.

Voglio “con-frontarmi” o prevalere sull’altro? Per risolvere un problema, è essenziale ascoltare l’altro e il suo punto di vista.

L’ascolto permette di focalizzarsi su ciò che dice, non dice e come lo dice. Se le emozioni sono “hot”, fermatevi. Prendetevi un momento.

  •  Dunque usate una comunicazione efficace ed empatica, e create un clima positivo.

Lasciate andare le provocazioni. Usate parole ben pesate, un tono di voce e un ritmo pacato, perché favoriscono il clima sereno, senza mai alzare l’indice come una spada da sguainare.

Partite con dei commenti positivi e con ciò che vi accomuna, per poi confrontarvi su ciò che vi differenzia. A volte l’autoironia spegne dardi infuocati, ma è bene evitare il cinismo.

Non lamentatevi e non parlate male di altri, rimanete sui fatti.

Abbiate un sincero interesse nella sua opinione, e fiducia che dal confronto potreste raggiungere un accordo comune, tale da favorire la collaborazione ed entrare in sinergia di idee e risorse.

Proponete una soluzione da rivedere assieme, ma non scegliete mai per l’altro.

  •  Valorizzate abilità e talenti di ognuno.
  •  Fate autocritica, per riconoscere cosa ostacola in voi la cooperazione.

In conclusione

Ricordate che essere differenti non significa essere per forza oppositivi e incompatibili, ma che si può scegliere di essere collaborativi.

Essere collaborativi, per creare un ambiente professionale più vivibile, aumentare e mantenere il proprio benessere e raggiungere obiettivi, non significa diventare amici.

È naturale che non ci piacciano tutti.

Ma certamente crescere nella capacità di collaborare, di gestire i conflitti e affrontare una discussione, significa fare un salto di qualità personale che si rifletterà in tutte le relazioni.

 

Se stai vivendo una situazione di conflittualità a lavoro, e vuoi ottenere un aiuto immediato, concreto e duraturo, chiedi aiuto a One Session!
Ti forniremo strumenti pratici e utilizzabili fin da subito per uscire da questa difficile situazione con le tue stesse risorse!

Ci trovi ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00. Prendi appuntamento scrivendo a info@onesession.it o contattandoci sulle nostre pagine Facebook e Instagram

 

Riferimenti bibliografici

Funes C. (2014), Come gestire i conflitti. Risolvere i contrasti al lavoro per migliorare la produttività. Ed. De Vecchi, Milano

Rampin M., Mattiolo G. (2018), Con occhi di tigre, Ed. Sperling & Kupfer, Milano

Hollweck I. (2016), Conflict coaching: Allenarsi ad affrontare i conflitti di tutti i giorni con maggiore fiducia, Ed. Franco Angeli, Milano

image

5 strategie di comunicazione che danneggiano la tua relazione di coppia

La Comunicazione di coppia è uno degli ingredienti fondamentali per fare in modo che la coppia funzioni.

A volte pensiamo, erroneamente, che debbano accadere sempre grandi eventi – tradimenti, bugie, problemi nell’educare i figli – perché all’interno di una coppia si creino attriti, incomprensioni e litigi.

In realtà dimentichiamo uno degli aspetti fondamentali di una relazione, del vivere l’uno accanto all’altra: mi riferisco al fatto che la coppia, interagendo, prima di qualsiasi altra cosa comunica, dialoga, potremmo dire ‘vive nella comunicazione’.

Proprio per questo motivo è importante riconoscere quali errori comunicativi sono presenti nella comunicazione di coppia per modificarli ed eliminarli.

Vediamo in questo articolo quali sono.

1. Puntualizzare

Come scriveva Oscar Wilde, ‘con le migliori intenzioni si ottengono gli effetti peggiori’. Ed è quello che succede nel momento in cui puntualizzi costantemente qualcosa al partner.

Puntualizzare, significa chiarire, specificare e precisare, anche in modo eccessivo e pesante, le situazioni e le condizioni, le sensazioni e le emozioni nel rapporto con l’altro.

“Guarda che si fa così…”, “Mi raccomando…”, “Guarda che in realtà…”

Puntualizzare è un tipo di comunicazione che apparentemente può far pensare ad una strategia per evitare quegli equivoci e quelle incomprensioni che potrebbero trasformarsi in attriti e conflitti. In realtà avviene esattamente il contrario: è proprio il puntualizzare che prepara il terreno per i conflitti. È, infatti, fastidioso sentirsi sempre dire e spiegare come stanno i fatti o come dovrebbero essere per funzionare meglio.

2. Recriminare

È sicuramente un ingrediente altamente velenoso!

Recriminare fa leva sui sensi di colpa dell’altro, ponendo sul banco degli imputati in un processo infinito. E qualsiasi persona, quando si trova sotto processo, reagirà attaccando o fuggendo.

Le accuse sono facilmente riconoscibili: sono sempre alla seconda persona singolare “TU” e contengono parole come “sempre” e “mai”.

3. Rinfacciare

“Mi sono sacrificato per te!”, “Non sai quanto mi è costato venire a quella cena!”

Colui che rinfaccia si pone come vittima dell’altro e, da questa posizione di dolore, usa la propria sofferenza per indurre il partner a correggere quei comportamenti che l’hanno generata. Spesso con scarsi risultati.

4. Predicare

Questa strategia disfunzionale consiste nel proporre ciò che è giusto o sbagliato a livello morale e, sulla base di questo giudizio, esaminare e criticare il comportamento dell’altro. Ma si sa…l’effetto sermone non fa altro che aumentare la voglia di trasgredire alle regole.

5. Biasimare

Biasimare è una forma di comunicazione che non contiene una critica diretta, diversamente dalle altre forme di comunicazione che abbiamo visto sopra.

Chi biasima solitamente utilizza in un primo momento dei complimenti, ma subito dopo essersi complimentato aggiunge una seconda parte in cui afferma che avrebbe potuto fare di più o fare meglio o fare qualcosa di diverso.

Chi riceve questa comunicazione rimane interdetto perché riceve due messaggi contrastanti.

Biasimare è una strategia incredibilmente efficace per creare problemi quando non ce n’è nemmeno l’ombra!

Altri atti comunicativi fallimentari

“Te l’avevo detto!” una sentenza in grado di scatenare le furie anche della persona più mansueta.

“Lascia…faccio io” che appare come una gentilezza ma che in realtà nasconde una forma di sottile squalifica delle capacità dell’altro.

“Lo faccio solo per te” sacrificandosi per l’altro in modo unidirezionale, facendolo sentire in debito e inferiore poiché bisognoso di tale gesto di “generosità”.

In conclusione…

Parafrasando Wittgenstein: “le parole sono come pallottole”, dobbiamo quindi imparare a usarle accuratamente, per non creare danno a noi stessi e agli altri.

E tu quale tipo di comunicazione rintracci all’interno della tua coppia?

Se sentissi il bisogno di parlare con uno specialista, non esitare a chiedere aiuto: ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 minuti.

Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare la nostra pagina FB OneSession.it

Riferimenti bibliografici

Nardone, G. (2005). Correggimi se sbaglio. Milano: Ponte alle Grazie.

Zeig, J., Kulbatski, T. (2012). I dieci comandamenti della coppia. Milano: Ponte alle Grazie.

 

image

5 consigli utili per migliorare la comunicazione genitore-figlio adolescente

L’importanza di una corretta comunicazione genitore-figlio

Capita spesso che i genitori abbiano difficoltà nell’avere un dialogo aperto con i propri figli, specialmente se adolescenti. Questo può capitare poiché durante il periodo adolescenziale i ragazzi affrontano diversi cambiamenti, anche sul versante psicologico, che può renderli diversi dal bambino che i genitori erano abituati a conoscere.

Proprio in virtù dei molti cambiamenti che i ragazzi si trovano a dover affrontare, un dialogo costruttivo ed aperto con i genitori può essere di grande aiuto, specialmente nei momenti in cui ci si sente spaventati o insicuri.

Infatti, il periodo giovanile, per alcuni individui, può essere costellato di insicurezze; poterne parlare in modo sereno in famiglia potrebbe costituire il primo passo per diventare adulti più sicuri di sè. 

Nonostante sia molto importante poter avere un dialogo aperto e sereno, è altrettanto importante che i genitori comprendano che in questo periodo i figli iniziano a sentire il bisogno di avere una propria autonomia; potrebbero quindi iniziare a preferire come interlocutori gli amici, piuttosto che la mamma o il papà.

Secondo una ricerca condotta presso l’Università di Chandigarh (India), l’età e il genere dell’adolescente e del genitore influiscono sugli argomenti di conversazione preferiti dai ragazzi. Emerse che le ragazze avevano, mediamente, un dialogo più aperto, soprattutto con le madri; inoltre le madri venivano considerate dai ragazzi più aperte al dialogo e all’accettare le loro opinioni. 

La comunicazione non verbale

“Comunicare” non fa riferimento soltanto a ciò che viene detto con le parole; i messaggi verbali sono sempre corredati da una serie di indizi che trasmettiamo con il corpo e con le nostre espressioni, che trasmettono la parte “non verbale” del nostro messaggio comunicativo.

Affinché un messaggio arrivi chiaro all’interlocutore, è importante che la parte verbale e quella non verbale siano coerenti, per non generare confusione. Questo è particolarmente importante nella comunicazione con i figli, specialmente quando vengono impartite regole o si fanno delle lodi. 

Gli studi hanno riportato delle differenze, tra padri e madri, rispetto a come essi gestiscono la comunicazione non verbale con i propri figli. In particolare è emerso che, generalmente, le madri prestano maggiore attenzione alle proprie espressioni e a quelle dei figli, e che sono più accurate nell’interpretarle. Inoltre sembrerebbe che l’uso della comunicazione non verbale vari in relazione alla situazione: quando si ha difficoltà ad esprimere a parole un concetto, gli indici non verbali aumentano. 

Come migliorare il dialogo?

Lo psicologo ed educatore americano Gordon, ha individuato alcuni comportamenti che possono essere di ostacolo alla comunicazione e alle relazioni positive. Vediamo alcuni dei comportamenti che questo autore consiglia di non mettere in atto:

  1. ordinare,comandare,esigere, è normale che il figlio debba ascoltare ciò che il genitore gli dice, ma spesso fare attenzione a come ci rivolgiamo ai nostri figli può fare la differenza;
  2. dare soluzioni e suggerimenti non richiesti, a volte potrebbe essere opportuno, invece che fornire una soluzione già pronta, chiedere prima cosa il ragazzo/a ritiene sia utile fare, e aprire da li una riflessione;
  3. giudicare, disapprovare e criticare, quando i ragazzi sbagliano bisogna senz’altro farglielo notare, ma bisogna ricordare che critiche e giudizi negativi frequenti possono andare a minare l’autostima del ragazzo, specialmente in un periodo in cui la personalità si sta ancora formando. 

Questi piccoli, ma molto importanti, consigli potrebbero essere utili nel migliorare la comunicazione in famiglia; tuttavia se la situazione non migliora, prestando attenzione alla comunicazione non verbale e facendo attenzione a non usare le barriere alla comunicazione individuate da Gordon, si può richiedere l’aiuto di professionisti qualificati che sapranno individuare i nodi dei conflitti e portarli alla luce.

 

Sul sito www.onesession.it potrai trovare un elenco di psicologi formati in Terapia a Seduta Singola, che già in un incontro potranno aiutarti a trovare la soluzione.

Privacy Policy

Cookie Policy

© 2022 Italian Center for Single Session Therapy srls - Piazza Comitato Lib. Nazionale, 5 - 00015 Monterotondo (RM) - PIVA: 14156091002 Onesession. UOUAPPS