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Tags Archives: dipendenza affettiva

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5 suggerimenti per superare la paura dell’abbandono

La paura dell’abbandono, come tutti i sentimenti, si presenta in modo diverso da persona a persona.

Per alcune persone il timore di essere abbandonate si manifesta come una costante in tutte le relazioni intime o nella maggior parte di esse.

Chi ne soffre sa che si “innesca” dopo determinate situazioni: una telefonata promessa dal partner ma che tarda ad arrivare o quando viene in mente un pensiero particolarmente negativo, per esempio: “Cosa farei se questa storia finisse?”.

La paura dell’abbandono è di solito associata alla sensazione che le persone importanti siano instabili o non affidabili.

Per questo motivo non continueranno nel tempo a offrire sostegno, supporto, presenza e affetto, abbandonando la persona o addirittura “sostituendola” con qualcun altro “migliore” di lei.

Tale vissuto è associato all’incapacità di poter prendere in considerazione la possibilità che le relazioni possano finire, che l’altro possa allontanarsi, o addirittura lasciarci.

Così, ogni comportamento della persona sarà orientato al mantenimento della relazione, magari nella convinzione che questo significhi “amare”.

Oggi, in questo articolo voglio darvi 5 suggerimenti da mettere in atto fin da subito per imparare a gestire e superare la paura dell’abbandono.

SUGGERIMENTO 1: Riconosci e accetta le tue paure

Le paure non sono sempre qualcosa di negativo, ci aiutano a stare all’erta nei problemi di difficoltà. Studiare, comprendere e accettare le nostre paure è il primo passo per elaborarle e superarle.

Ricordati che in natura il coraggio non esiste. Ma esiste la paura.

La paura che, se guarda in faccia e affrontata, diventa coraggio. Hai mai sentito un eroe che, senza combattere alcuna battaglia è stato definito coraggio?

SUGGERIMENTO 2 – Agire nel presente affinché certe modalità relazionali non si riattivino costantemente

Quindi, fare qualcosa per cambiare e modificare concretamente il tuo agire, soprattutto nelle relazioni. Questo implica il rendersi conto, nella quotidianità, delle dinamiche che si attivano. Serve fare un passo indietro per farne uno in avanti. Qualcosa di alternativo a ciò che, automaticamente, hai la tendenza a mettere in atto.

Chiediti: quali sono le cose che sto mettendo in atto e che anziché risolvere la mia paura dell’abbandono, la stanno mantenendo in vita o addirittura peggiorando?

Ad esempio, in una situazione nella quale il partner sta tardando ad un appuntamento senza avvisare, potrebbe essere utile allenarsi a riconoscere i propri pensieri e le proprie emozioni che ne derivano.

Si può poi scegliere di adottare comportamenti che siano più funzionali per sé (e forse per la relazione stessa). Chiediti sempre: cosa potrei fare di diverso e più funzionale?

SUGGERIMENTO 3 – Esporti, gradualmente, alle situazioni e alle sensazioni che temi di più

Talvolta il timore dell’allontanamento dell’altro è legato anche al timore di non potercela cavare da soli. Può quindi essere utile fare esperienze da sola che ti permettano di sentirti più competente e autonoma. Che incrementino il tuo senso di efficacia personale.

SUGGERIMENTO 4 – Conoscerti davvero

Se nella tua storia relazionale hai avuto spesso la tendenza ad annullarti per allinearti a quelli che erano i desideri degli altri, è importante imparare a conoscerti davvero. Serve riscoprirsi: chi sono io oggi? cosa mi piace davvero? di cosa ho bisogno? cosa non mi piace? Parti dalle piccole cose.

SUGGERIMENTO 5 – Prenditi cura di te

Riconosciti come una persona meravigliosa e meritevole di essere amata. Non inseguire chi non è disponibile o scappa. Le vere relazioni si creano a partire da persone che vogliono partecipare alla relazione perché vogliono conoscerti. Molto spesso chi fugge ha problemi a vivere le relazioni o non è interessato e pertanto meglio lasciarlo andare via senza rimpianti o paranoie.

Tutti questi suggerimenti, consentendoci di vedere meglio noi stessi (e l’altro) per quel che davvero si è, diventano importanti per poter sperimentare una relazione che sia veramente appagante e soddisfacente.

Non è facile sperimentarsi in modalità così diverse da quelle cui siamo abituati. E non è facile tollerare le emozioni che questo comporta. Ma è possibile farlo a piccoli passi.

La terapia a seduta singola può essere un utile mezzo per incrementare la consapevolezza di certe dinamiche, per dare loro un significato ed anche in un singolo incontro si possono trovare strategie efficaci per mettere a tacere la tua paura dell’abbandono. Aiuta a contenere le esperienze emotive dolorose che le accompagnano e sperimentarsi in nuove modalità, nonostante la comprensibile paura, in tempi brevi.

Ti ricordo che ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00 gli Psicologi del One Session Center sono al tuo servizio online e gratuitamente.

Contattaci alla mail info@onesession.it oppure tramite le nostre pagine Facebook e Instagram

Riferimenti bibliografici

Cabras E., Saladino V. (2019). La dipendenza affettiva. Testimonianze e casi di manipolazione e violenza. Roma: Carocci Editore.

Secci E.M. (2015). I narcisisti perversi e le unioni impossibili. Youcanprint Self-Publishing

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Come capisco se sono vittima di Gaslighting?

Cosa è il Gaslighting?

Dare un nome a qualcosa significa dare vita ad una realtà.

Il termine gaslighting, letteralmente illuminazione a gas, richiama alla memoria l’immagine del lavoratore che nell’800 girovagava per le strade con un’asta lunga con all’estremità una fiammella che dava luce alle strade e un’asta con un cono capovolto con cui spegneva le fiammelle dei lampioni alle prime luci dell’alba.

Una luce intensa e di lunga durata quella prodotta dal processo di combustione.

Una luce, la cui accensione e il cui spegnimento dipendevano da un uomo che gestiva il giorno e la notte.

Altrettanto intense e durature sono le caratteristiche del fenomeno psicologico che viene identificato con tale termine e che fa riferimento ad una classe di problemi al centro tra il mondo giuridico e quello della clinica psicologica.

Un fenomeno dipendente da un soggetto, il gaslighter, capace di avere il controllo sul complesso meccanismo psicologico di un altro individuo.

Cos’è di preciso il gaslighting?

Potremmo definirlo come una forma di abuso psicologico.

Una tecnica manipolatoria capace di soggiogare al proprio volere la volontà di qualcun altro, sia esso partner, familiare o persona legata da una relazione amicale, affettiva o lavorativa.

Una forma di violenza psicologica, subdola, lenta e sottile.

Un sopruso, spesso complesso da individuare, riconoscere e dimostrare.

Come si manifesta il gaslighting?

Attraverso la manipolazione mentale, con una modalità costante e infida.

La vittima, preda di raggiri e bugie, è portata a dubitare di tutto, di tutti e persino di se stessa spesso senza accorgersene e pertanto senza denunciare.

Un gioco di inganni capace di creare nella vittima una paralisi emotiva che la spinge a vedere una realtà distorta e a vivere un profondo senso di inadeguatezza e smarrimento.

La violenza psicologica ha come caratteristica principale quella di disorientare, portando la persona a credere a false informazioni e a dubitare così della propria memoria e della propria percezione.

Chi è il gaslighter?

La letteratura clinica ha provato a definire e spiegare il fenomeno, analizzandone caratteristiche e aspetti fondamentali.

Fenomeno, quello del gaslighting, che ha ispirato anche la letteratura cinematografica che ha raccontato nel tempo diverse storie di sopraffazione psicologica.

Tormento e potere nel film Gaslight (in italiano Angoscia) del 1946, ispirato all’omonima opera teatrale del 1938.

Racconta la storia di Paula, una donna che verrà portata alla pazzia dal marito capace di controllarla fino anche a manipolare i più piccoli dettagli della loro vita.

Sarà questa pellicola ad ispirare quelle successive, tra cui ricordiamo anche La ragazza del treno del 2016 che ha come protagonista Rachel, una donna a cui il marito ha minato le sicurezze spingendola a non fidarsi neanche di sé stessa.

Cosa ricava il manipolatore dal suo comportamento?

Scopo del gaslighter è quello di ottenere una serie di vantaggi di natura relazionale, materiale, economica che mirano al controllo totale sull’altro. Un desiderio di potere e ti affermazione della propria superiorità.

Si tratta di un disturbo psicologico che definisce una personalità patologica che va ad inserirsi in un quadro relazionale altrettanto patologico, difficile per la vittima da riconoscere e quindi da denunciare.

Il gaslighter riesce a demolire tutti i punti di vista e di riferimento della sua vittima. In che modo?

  •  svalutandone sentimenti, sensazioni e agiti;
  •  insinuando dubbi sul suo sistema valoriale, affettivo, emotivo;
  •  mettendo in dubbio i ricordi che la persona ha e sostituendoli con nuove credenze;
  •  isolando in maniera totale la persona dalle sue passioni, i sui interessi, le sue relazioni.

Questo metterà la vittima in condizione di non potersi confrontare con l’esterno e pertanto di non riconoscere come sbagliate o dannose determinate dinamiche relazionali.

Come in una caccia, la vittima diventa preda di chi se ne impadronisce seguendone tracce e movimenti. Si crea un incastro relazionale soffocante che porta la vittima a sperimentare uno stato di totale sudditanza psichica.

Per comprendere come si crea un rapporto così distruttivo, manipolatorio e invasivo dal punto di vista emotivo, psicologico ed esistenziale bisogna tenere conto della natura inquietante del gaslighting che è dato da una forte pulsione al possesso e al controllo da parte di chi lo esercita.

Come capire se si è vittima di gaslighting?

Il gaslighting è un processo lento.

Una goccia d’acqua che cade incessante da un lavandino malfunzionante.

Un processo perverso che si consuma giorno dopo giorno.

Una vera e propria tecnica di manipolazione mentale che distrugge l’autostima e consiste in:

  •  raccontare bugie in maniera convincente per destabilizzare la vittima e insinuare un dubbio costante;
  •  negare la realtà e affermarne una propria per portare la persona a dubitare dei fatti e delle proprie convinzioni;
  •  fare leva su ciò che si conosce dell’altro per entrare più facilmente nella sfera emotiva e sentimentale;
  •  mirare alla confusione per distruggere gli equilibri dell’altro;
  •  mettere le altre persone contro la vittima per fare in modo che questa non sappia più a chi rivolgersi o a chi credere;
  •  convincere gli altri che la vittima non è affidabile e quindi gli altri avranno dubbi circa le sue eventuali richieste di aiuto;
  •  convincere che tutti mentono e portare la persona a fidarsi solo del manipolatore.

Giunta al suo apice, la manipolazione diventerà cronica e porterà la vittima a vedere il suo abusatore come colui che potrà salvarla dalle bugie e dalla cattiveria del mondo esterno.

Quali sono le conseguenze del gaslighting per la vittima?

Le conseguenze sono diverse e possono portare la vittima a sentirsi in un costante stato confusionale, di stanchezza e di vergogna.

L’isolamento rappresenterà pertanto una via di fuga dalla realtà e una risposta al senso di inadeguatezza fisica ed emotiva.

Nei casi più gravi la via di fuga può essere anche rappresentata dalla messa in atto di azioni suicidiarie.

Paura e dipendenza rendono difficile la denuncia di tali condotte, spesso mascherate da atteggiamenti di attenzione e protezione.

Talvolta si arriva alla richiesta di aiuto per altri motivi (ansia, depressione, etc.) e quindi di fondamentale importanza sarà l’attenzione degli amici, familiari o del clinico per indirizzare la persona verso il reale problema.

Ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 Minuti.

Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare la nostra pagina FB OneSession.it

 

Riferimenti bibliografici

Filippini S. (2005). Relazioni perverse. La violenza psicologica nella coppia. Milano: Franco Angeli

Angeli F., Radice E.. (2009). Rose al veleno, stalking. Storie d’amore e d’odio. Milano: Bompiani

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Gelosia: ecco 3 suggerimenti per imparare a gestirla

La gelosia è il disagio che si prova all’idea di perdere l’affetto o l’attenzione di una persona che conta ed è un fenomeno normale in tutti i rapporti umani.

È presente sia nell’amicizia, sia nella coppia, ed è legata all’idea di poter essere messi al secondo posto da un amico o dal partner, vedendosi quindi preferire qualcun altro.

Se moderata e, soprattutto, se limitata ad una situazione specifica e ad un tempo specifico, le gelosia è normale e sana.

Diverso è quando è presente spesso o sempre e quando non è legata ad una situazione specifica, ma a generalizzata a qualsiasi tipo di situazione.

Qualcuno diceva “Se una scintilla è in grado di illuminare una stanza, una fiammata rischia di bruciarne il suolo” ed è questo che fa la gelosia estrema: rade al suolo la tua relazione.

Perciò, è necessario che tu impari a gestirla.

Perché dico gestirla e non eliminarla?

Perché la gelosia è un’emozione come tutte le altre, è certamente più complessa di quelle di base (come la paura, rabbia, felicità e tristezza) ma è sempre una emozione.

Si tratta quindi non di una “cosa fissa” ma di un processo! Per cui se pensavi di eliminare la gelosia mi dispiace dirti che non è possibile così come non è possibile eliminare la tristezza.

Ecco però 3 suggerimenti per gestirla.

1. La profezia che si autoavvera

I continui sospetti, le accuse, i litigi e le ostilità, non fanno altro che aumentare la distanza tra te ed il tuo partner. Immagino che al solo pensiero di perderlo hai paura, ansia ed inizi a controllarlo per sapere tutto sulla sua vita, a spiarlo, a chiedere continue rassicurazioni: devi per forza sciogliere ogni dubbio.

Questo è il paradosso della gelosia: quello di ottenere proprio ciò che più si teme. Stremato dai continui litigi e dalle continue giustificazioni che è costretto a trovare per appianare le discussioni, il partner tenderà a tenerti all’oscuro da certe informazioni, nel tentativo disperato di evitare scenate e non rovinare questo clima di apparente tranquillità. Ma, paradossalmente, il partner geloso diverrà ancora più sospettoso, trovando conferma ai dubbi che lo attanagliano.

Quindi, ciò di cui devi avere veramente paura è di continuare a sottoporre il partner alle tue pressioni, perché è proprio questo che potrebbe indurlo a fare ciò che vuoi evitare che accada.

2. Stop ai confronti!

Questo atteggiamento è indice di bassa autostima e non porterà mai delle risposte utili al vostro rapporto; al contrario, finirà per esaltare i tuoi lati negativi realizzando le tue paure e allontanando l’altro da te.

Focalizzati piuttosto su di te: se non siete sicuri del vostro valore personale, qualsiasi cosa venga fatta per dimostrare amore non sarà mai abbastanza.

Ha scelto voi, esprimete i vostri dubbi quando sono sensati e lasciatevi andare.

Più crederete in voi stesse e più vivrete meglio la relazione.

3. Agisci!

Se davvero vuoi imparare a gestire la tua gelosia, allora devi agire!

È inutile che rimani rinchiuso in casa a rimuginare, ad arrabbiarti da solo, a immaginare gli scenari peggiori del tuo partner con chissà chi.

Smettila di evitare le situazioni dove potresti sentirti “geloso” ed inizia ad affrontarle.

Prima di metterti alla prova può esserti utile tenere un diario di bordo della gelosia: Metti per iscritto gli episodi in cui hai agito spinta dalla gelosia e chiediti: cosa ho fatto, quali sono state le conseguenze nell’immediato e dopo qualche tempo. Sono state conseguenze positive per il rapporto di coppia?

Cerca delle alternative e sperimentale nella quotidianità partendo da quella che percepisci come più semplice e procedendo un piccolo passo alla volta.

Se pensi di aver bisogno di un supporto in più, puoi rivolgerti a un professionista.

La Terapia a Seduta Singola può aiutarti anche in un solo incontro con lo psicologo perché ti permette di eliminare i comportamenti che mantengono in vita il problema e ottenere concreti benefici.

Sei interessato alla Terapia a Seduta Singola? Puoi rivolgerti ai nostri psicologi e psicoterapeuti, disponibili ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00, per una consulenza gratuita online. Scrivi sulla pagina Facebook One Session.it

Riferimenti bibliografici

Nardone, G. (2005). Correggimi se sbaglio. Milano: Ponte alle Grazie.

Zeig, J., Kulbatski, T. (2012). I dieci comandamenti della coppia. Milano: Ponte alle Grazie.

 

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5 strategie di comunicazione che danneggiano la tua relazione di coppia

La Comunicazione di coppia è uno degli ingredienti fondamentali per fare in modo che la coppia funzioni.

A volte pensiamo, erroneamente, che debbano accadere sempre grandi eventi – tradimenti, bugie, problemi nell’educare i figli – perché all’interno di una coppia si creino attriti, incomprensioni e litigi.

In realtà dimentichiamo uno degli aspetti fondamentali di una relazione, del vivere l’uno accanto all’altra: mi riferisco al fatto che la coppia, interagendo, prima di qualsiasi altra cosa comunica, dialoga, potremmo dire ‘vive nella comunicazione’.

Proprio per questo motivo è importante riconoscere quali errori comunicativi sono presenti nella comunicazione di coppia per modificarli ed eliminarli.

Vediamo in questo articolo quali sono.

1. Puntualizzare

Come scriveva Oscar Wilde, ‘con le migliori intenzioni si ottengono gli effetti peggiori’. Ed è quello che succede nel momento in cui puntualizzi costantemente qualcosa al partner.

Puntualizzare, significa chiarire, specificare e precisare, anche in modo eccessivo e pesante, le situazioni e le condizioni, le sensazioni e le emozioni nel rapporto con l’altro.

“Guarda che si fa così…”, “Mi raccomando…”, “Guarda che in realtà…”

Puntualizzare è un tipo di comunicazione che apparentemente può far pensare ad una strategia per evitare quegli equivoci e quelle incomprensioni che potrebbero trasformarsi in attriti e conflitti. In realtà avviene esattamente il contrario: è proprio il puntualizzare che prepara il terreno per i conflitti. È, infatti, fastidioso sentirsi sempre dire e spiegare come stanno i fatti o come dovrebbero essere per funzionare meglio.

2. Recriminare

È sicuramente un ingrediente altamente velenoso!

Recriminare fa leva sui sensi di colpa dell’altro, ponendo sul banco degli imputati in un processo infinito. E qualsiasi persona, quando si trova sotto processo, reagirà attaccando o fuggendo.

Le accuse sono facilmente riconoscibili: sono sempre alla seconda persona singolare “TU” e contengono parole come “sempre” e “mai”.

3. Rinfacciare

“Mi sono sacrificato per te!”, “Non sai quanto mi è costato venire a quella cena!”

Colui che rinfaccia si pone come vittima dell’altro e, da questa posizione di dolore, usa la propria sofferenza per indurre il partner a correggere quei comportamenti che l’hanno generata. Spesso con scarsi risultati.

4. Predicare

Questa strategia disfunzionale consiste nel proporre ciò che è giusto o sbagliato a livello morale e, sulla base di questo giudizio, esaminare e criticare il comportamento dell’altro. Ma si sa…l’effetto sermone non fa altro che aumentare la voglia di trasgredire alle regole.

5. Biasimare

Biasimare è una forma di comunicazione che non contiene una critica diretta, diversamente dalle altre forme di comunicazione che abbiamo visto sopra.

Chi biasima solitamente utilizza in un primo momento dei complimenti, ma subito dopo essersi complimentato aggiunge una seconda parte in cui afferma che avrebbe potuto fare di più o fare meglio o fare qualcosa di diverso.

Chi riceve questa comunicazione rimane interdetto perché riceve due messaggi contrastanti.

Biasimare è una strategia incredibilmente efficace per creare problemi quando non ce n’è nemmeno l’ombra!

Altri atti comunicativi fallimentari

“Te l’avevo detto!” una sentenza in grado di scatenare le furie anche della persona più mansueta.

“Lascia…faccio io” che appare come una gentilezza ma che in realtà nasconde una forma di sottile squalifica delle capacità dell’altro.

“Lo faccio solo per te” sacrificandosi per l’altro in modo unidirezionale, facendolo sentire in debito e inferiore poiché bisognoso di tale gesto di “generosità”.

In conclusione…

Parafrasando Wittgenstein: “le parole sono come pallottole”, dobbiamo quindi imparare a usarle accuratamente, per non creare danno a noi stessi e agli altri.

E tu quale tipo di comunicazione rintracci all’interno della tua coppia?

Se sentissi il bisogno di parlare con uno specialista, non esitare a chiedere aiuto: ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 minuti.

Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare la nostra pagina FB OneSession.it

Riferimenti bibliografici

Nardone, G. (2005). Correggimi se sbaglio. Milano: Ponte alle Grazie.

Zeig, J., Kulbatski, T. (2012). I dieci comandamenti della coppia. Milano: Ponte alle Grazie.

 

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5 anni ago Dipendenze

Dipendenza affettiva: come uscirne?

Ti senti spesso triste ed in ansia quando sei con il tuo partner?
I tuoi bisogni passano sempre in secondo piano rispetto ai suoi?
Per evitare di litigare, accetti sempre le sue volontà?

 

Se non ti senti sicura, se ti senti spesso in ansia, se non senti di avere la libertà di esprimere le tue idee o semplicemente di essere come sei, ma allo stesso tempo non riesci a staccarti da questo partner, penso che tu non stia vivendo una relazione sana.

Quando usiamo il termine “dipendenza” pensiamo immediatamente alla dipendenza da sostanze o dal gioco d’azzardo. Esistono invece quelle dipendenze dette “senza sostanza”, che portano appunto la persona ad esser dipendente da un comportamento o da una relazione.

Sì, hai capito bene. Si può essere dipendenti anche dalle relazioni.

 

Che significa?

La mia vita senza te non ha senso”: questa è la frase pronunciata più frequentemente da chi soffre di dipendenza affettiva. È quel tipo di rapporto fusionale, simbiotico dove vi è un eccessivo investimento di emozioni e di tempo da parte di chi è dipendente per esaudire i bisogni ed i desideri dell’altro, annullando molto spesso i propri.

Nella prima fase del rapporto vi è una grande euforia data dalla relazione con il partner, che diventa motivo di benessere e di felicità.

Successivamente, proprio come accade nella dipendenza da sostanze, il partner dipendente necessiterà di “dosi” sempre maggiori dell’altro per ottenere lo stesso effetto di benessere: così, si richiede che l’altro sia presente per un tempo sempre maggiore, identificandolo come l’unica forma di piacere e gratificazione.

Infine, si arriva all’astinenza, dove è impossibile fare a meno dell’altro. In questa fase spesso si è davanti ad un bivio: scegliere fra il desiderio irrefrenabile di stare con l’altro e il bisogno della propria autonomia.

Inutile dirvi verso quale scelta si dirigerà il dipendente affettivo.

 

Come faccio a capire se sono una dipendente affettiva?

Di seguito troverai delle caratteristiche che possono aiutarti a capire se sei una dipendente affettiva. Ovviamente sono solo delle caratteristiche, che non hanno la presunzione di essere una “diagnosi” o un’etichetta, piuttosto possono darti una mano per fare chiarezza rispetto alla tua relazione.

In quali ti ritrovi?

  1. Non puoi fare a meno di stare con il tuo partner
  2. Ti senti inferiore a lui
  3. Non riesci a capire quali cose lo spingano a restare con te
  4. Sei molto gelosa
  5. Non riesci a fare le cose da sola e richiedi spesso il suo aiuto
  6. Hai difficoltà a stare sola
  7. I tuoi bisogni e desideri possono aspettare, perché prima devi soddisfare i suoi
  8. Hai paura di essere lasciata e di rimanere sola
  9. Gli perdoni bugie, tradimenti e comportamenti aggressivi pur di stare con lui
  10. Quando le tue amiche ti fanno notare che qualcosa non va, neghi l’evidenza
  11. Sei disposta a subire maltrattamenti fisici e psicologici pur di non perderlo.

Spesso chi soffre di dipendenza affettiva fa fatica a riconoscere questi segnali come un problema, ma al contrario quando ha un problema, paradossalmente, si rifugia proprio nella relazione, alimentando l’incapacità di staccarsi dal partner.

È difficile che chi vive una situazione del genere arrivi in terapia per questa difficoltà; infatti, spesso si rivolge ad uno specialista per altri tipi di problematiche come ansia, attacchi di panico, sintomi somatici, disturbi dell’umore o del sonno. Questi disturbi potrebbero, appunto, essere la punta dell’iceberg di un problema diverso.

 

 

Come uscire da una dipendenza affettiva?

Non è facile, ma posso garantirti che è possibile.

Sicuramente devi riuscire ad ammettere che la relazione che stai vivendo è una relazione disfunzionale che ti rende insicura ed infelice, prendere consapevolezza di quello che stai vivendo. Poi puoi procedere in questo modo:

  1. Osserva attentamente la situazione e comincia ad analizzarla ed a riflettere su come poterla gestire e risolvere. Crea un tuo “piano d’azione” che ti permetta giorno dopo giorno, passo dopo passo, di prenderti le tue libertà e di ritrovare la tua autonomia, anche a piccoli step. Puoi provare a fare una sorta di calendario delle libertà, dove ogni giorno segni il tuo piccolo gesto “libero” da fare completamente da sola. Scegli qualcosa che ti piace, che ti rende serena e che soprattutto condividi solo con te stessa.
  2. Potrebbe anche essere utile scrivere un diario: dai tuoi appunti, infatti, puoi riconoscere una certa ricorrenza nel modo in cui pensi e agisci, sfruttando l’occasione per diventare più consapevole rispetto a “come funzioni”.
  3. Se ti rendi conto che la relazione che stai vivendo è dannosa e rischiosa per te, puoi decidere di chiuderla, interrompendo il circolo vizioso che si è creato fra te ed il tuo partner. Infatti, spesso si resta incastrati fra le sempre più alte pretese dell’altro ed il completo annullamento di se stessi per soddisfarle. Si ha l’erronea convinzione che per realizzare un rapporto sereno sia necessario il sacrificio. Ed è proprio tale concezione che alimenta il circolo vizioso della dipendenza affettiva.

 

Senti di non farcela?

Immagino che non sia facile e, proprio per questo, puoi rivolgerti ad uno specialista per uscire da questa situazione. Pensa, è stato dimostrato che, già dopo una Singola Seduta puoi ottenere dei concreti benefici.

Cosa aspetti quindi a contattare uno dei terapeuti formati in Terapia a Seduta Singola?

Cerca sul nostro sito www.onesession.it il terapeuta più vicino a te e più adatto alle tue esigenze.

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