L’arrivo di un figlio: mantenere gli equilibri
L’arrivo di un figlio è uno degli eventi più trasformativi nella vita di una persona, di una coppia e della famiglia in generale. Ogni nascita porta con sé un cambiamento profondo negli equilibri, nelle dinamiche relazionali e nei ruoli. Il nuovo assetto familiare infatti deve necessariamente adattarsi alle esigenze primarie del neonato e anche queste si modificano nel giro di pochi mesi e nei primi anni di vita. La coppia deve imparare a conoscere il bambino, i suoi bisogni e il modo in cui li esprime. Allo stesso tempo ciascuno dei due genitori deve ri-conoscere se stesso nel suo nuovo ruolo di caregiver ed educativo, il più delle volte senza avere già le competenze nel suo bagaglio di esperienze.
I genitori di oggi infatti arrivano all’evento della nascita molto spesso preparati su ogni dettaglio del parto, dell’allattamento e dello svezzamento. Seguono corsi preparto e leggono libri su come riconoscere il pianto del neonato. Si informano sulle tipologie di culla e di seggiolini e acquistano accessori per la preparazione di pappe naturali e per rendere il bagnetto un’esperienza rilassante per il bambino.
Tuttavia ben presto si scontreranno con una realtà ben più complessa di quella che avevano immaginato. La giornata sarà scandita dai ritmi di sonno-veglia del bambino, la mancanza di sonno e la stanchezza spesso comportano sbalzi di umore e l’imprevisto sarà all’ordine del giorno nell’organizzazione delle attività che una volta erano gestite con estrema facilità. Questi e altri cambiamenti concreti nella vita familiare impattano molto non solo sull’organizzazione di questa ma anche a un livello più profondo. A livello psicologico entrano in gioco aspetti emotivi e affettivi ma anche una riorganizzazione dei significati che genitori e coppie attribuiscono alla loro vita, al concetto di famiglia e ai ruoli genitoriali.
La nascita come riorganizzazione di significati
Secondo la prospettiva costruttivista, ogni genitore sviluppa una propria “griglia” di significati con cui interpreta il mondo. Quando nasce un figlio, queste griglie vengono messe alla prova. Per esempio, un padre o una madre possono trovarsi a rivedere ciò che pensavano su cosa significhi essere un genitore o su come dovrebbero comportarsi nel loro nuovo ruolo. In questo entrano in gioco anche le aspettative culturali e sociali e molte delle credenze con cui il genitore arriva al suo nuovo ruolo possono cozzare con la realtà con cui si scontra. È importante affrontare questi cambiamenti con apertura e flessibilità, evitando di irrigidirsi su schemi di pensiero che potrebbero non essere più funzionali.
Il mantenimento dell’equilibrio passa attraverso il dialogo aperto, la flessibilità e l’adattamento. Entrambi i partner devono essere pronti a ridefinire le proprie aspettative e a negoziare nuove modalità di interazione che riflettano la presenza del figlio. Questo processo non è solo individuale, ma anche collettivo: la coppia costruisce insieme nuovi significati e nuove narrazioni della loro vita condivisa e ciascuno deve imparare anche a conoscere il partner nel nuovo ruolo di genitore.
Il ruolo della famiglia allargata
Un altro punto importante da tenere in considerazione è che l’arrivo di un figlio non impatta solo sui genitori, ma sull’intero sistema familiare. D’improvviso le famiglie d’origine della coppia
genitoriale rivestono un ruolo diverso per loro e nella crescita dei figli. A volte si acuiscono delle dinamiche conflittuali che erano latenti, altre volte l’arrivo del bambino fa sì che si appianino le divergenze. La nascita di un bambino crea nuove dinamiche tra i membri della famiglia, e queste dinamiche devono essere osservate e comprese per mantenere l’equilibrio.
Una delle idee centrali dell’approccio sistemico è che ogni cambiamento in un membro del sistema influenzi l’intero sistema. Per esempio, le interferenze degli altri nell’educazione dei bambini possono influire sulla vita di coppia. E’ importante che i genitori mantengano i confini e i ruoli ben definiti. E’ fondamentale che i genitori affermino il proprio ruolo e la propria autorità genitoriale in modo chiaro e rispettoso. Dovranno stabilire limiti sani con le figure esterne, come i nonni, per proteggere l’equilibrio familiare. Sebbene il supporto dei nonni possa essere prezioso, è essenziale che i genitori restino i principali decisori riguardo l’educazione e la gestione del bambino. Questa protezione dei confini non riguarda tanto l’esclusione, quanto la creazione di uno spazio sicuro in cui i genitori possano sviluppare il proprio stile educativo senza interferenze o pressioni.
Strategie efficaci per gestire il cambiamento
La terapia strategica suggerisce che la chiave per mantenere l’equilibrio non sia evitare il cambiamento, ma gestirlo con soluzioni concrete e funzionali. Uno degli strumenti della terapia strategica è la capacità di individuare i “tentativi di soluzione disfunzionali”. Sono strategie che, pur essendo messe in atto per risolvere un problema, finiscono per mantenerlo o peggiorarlo. Ad esempio, uno dei problemi più comuni dopo la nascita di un figlio è lo sbilanciamento dei ruoli all’interno della coppia, dove uno dei due partner si sente sovraccaricato mentre l’altro potrebbe sentirsi escluso.
In questi casi, è bene incoraggiare l’individuazione di soluzioni alternative che interrompano il ciclo disfunzionale. Una soluzione può essere il delegare le responsabilità, creare momenti di condivisione della genitorialità. Ancora, ridefinire i ruoli all’interno della coppia in modo più equilibrato. L’importante è che la coppia non si fermi su schemi che non funzionano, ma sperimenti nuove modalità di interazione.
Come mantenere l’equilibrio
Mantenere gli equilibri con l’arrivo di un figlio richiede una combinazione di flessibilità, comunicazione aperta e collaborazione. I genitori devono essere pronti a rinegoziare continuamente i loro ruoli, a comunicare i propri bisogni in modo chiaro e a collaborare per trovare soluzioni che funzionino per tutti.
In definitiva, il segreto per mantenere gli equilibri di fronte a un evento così trasformativo sta nella capacità di adattarsi al cambiamento, senza temerlo. Sta nella volontà di costruire insieme una nuova realtà familiare, fatta di collaborazione, dialogo e comprensione reciproca.
Se anche tu stai affrontando la nascita di un figlio e pensi di non riuscire a gestire da solo questo cambiamento i professionisti di One Session sono pronti ad affiancarti in questa fase (clicca qui)
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Nardone, G. (2012). Aiutare i genitori ad aiutare i figli. Ponte alle Grazie.
Nardone, G., Giannotti, E., & Rocchi, R. (2012). Modelli di famiglia. Ponte alle Grazie.
Roth Ledley, D. (2012). Il mio primo anno da mamma. Italia: Erickson.
Thomas, G. (1994). Genitori efficaci. Ed. La Meridiana.
Psicologa clinica, mi occupo in particolare di età evolutiva e sostegno alla genitorialità.
Come cambia la coppia dopo l’arrivo di un figlio?
Cambiamento
La transizione, come sempre, porta con sé una crisi. Tale crisi non è necessariamente sinonimo di problema o di patologia. Ma è sinonimo di cambiamento. E il cambiamento, quasi sempre, implica possibilità e rischi.
La nascita di un figlio crea una nuova condizione psicologica. Questa, inevitabilmente, coinvolge il singolo ma anche la coppia.
Mamma e papà vivono in modo individuale l’evento e si preparano già durante la gravidanza a diventare genitori.
In questo periodo di progressivo adattamento la coppia comincia a modificarsi ma è nel momento della nascita che tutto cambia in modo “ufficiale”.
Ciò che era pensato ora diventa concreto.
L’arrivo di un figlio in ogni caso è un momento stressante, non in senso negativo ma come descrizione di un periodo di transizione che inevitabilmente crea fatiche e potenziali rischi.
Durante i primi mesi l’equilibrio fra i partner si modifica. La diade madre-bambino si innesta significativamente fra la coppia poiché il neonato richiede un forte impegno (allattamento, ritmo sonno-veglia).
La fatica sperimentata a livello fisico e psicologico può portare ad un umore negativo, tristezza e irritabilità.
Durante questa fase il rischio è che il padre avverta una distanza sempre maggiore dalla coppia e dalla compagna e dal figlio con il rischio di un isolamento familiare.
Il tempo libero che prima veniva condiviso dalla coppia si modifica per dare spazio al figlio oppure al riposo. Dunque in modo drastico vengono ridotti i momenti di piacere e svago.
Da un punto di vista organizzativo tutto cambia, i tempi del neonato non sono i tempi della coppia. Questo genera una sensazione di “perdita di controllo sulla propria vita” e dispercezione dei carichi di lavoro e impegno profuso.
Queste fatiche possono generare potenziale conflittualità all’interno della coppia e una diminuzione di dialogo e complicità.
In alcuni casi avere le famiglie di origine distanti e non poter contare su un aiuto esterno rende tutto molto più complesso e si sperimenta la solitudine.
Infine le coppie sono talvolta vittime di una società che rimanda l’idea che i neogenitori siano prestanti, reperibili al lavoro nell’immediatezza, avere un’abitazione sempre ordinata ed accogliente per ospiti.
Questa idea genera una pressione significativa che fa perdere il focus della coppia su ciò che è importante e prioritario ovvero cominciare a conoscere il “nuovo arrivato” e costruire con lui una relazione.
Fattori protettivi
Per essere più pronti come coppia prima del lieto evento bisogna avere-trovare un buon equilibrio.
È importante che i partner cerchino di adottare una visione realistica della loro futura vita a tre, Cercando di documentarsi.
E’ buona norma abbandonare una visione unicamente romantica di quella che sarà la loro vita futura prendendo in considerazioni più variabili.
E’ utile, ad esempio, riorganizzare la nuova distribuzione dei compiti, in considerazione dei nuovi impegni a cui ciascuno inevitabilmente andrà incontro.
Così, in una coppia ognuno darà il suo contributo in modo particolare sui compiti domestici. Ognuno dovrà fornire la propria collaborazione per cercare di alleviare la fatica iniziale, soprattutto nei primi anni.
E’ importantissimo lasciarsi uno spazio di dialogo affinché il confronto sia continuo anche nei momenti più duri. Il rischio è quello di sentirsi sempre più distanti, con l’inevitabile accumulo di gelosie e possibili rancori.
Strategie
- Impegnarsi a trovare del tempo per la coppia.
La coppia dovrebbe vivere questo spazio come un appuntamento (quotidiano, settimanale ecc.) irrinunciabile da pianificare a tutti i costi.
- Perdonarsi per le proprie paure.
Avere paura di mettere al mondo un figlio e di accudirlo è la cosa più normale del mondo. Non c’è nulla di patologico nell’avere paura, essa ci serve per mettere in campo tutte le nostre risorse per svolgere al meglio i compiti difficili. Serve per muoverci con cautela e prestare la giusta attenzione su ciò che stiamo facendo.
- Chiedere aiuto
Quando il peso dei problemi e delle difficoltà quotidiane diventa insostenibile è bene allentare la tensione e lasciarsi aiutare. Chiedere aiuto non deve rappresentare una sorta di fallimento. In altri casi la coppia può temere di essere di peso se chiede aiuto e così facendo si priva della possibilità di scoprire che a volte genitori, amici e parenti sono ben contenti di rendersi utili.
- Incoraggiarsi a vicenda sostenendosi nelle fatiche del quotidiano, utilizzare un linguaggio positivo e propositivo.
- Allenare la socialità e le relazioni esterne.
Siete una coppia con un figlio in arrivo e avete bisogno di un aiuto in più?
Potete chiedere aiuto a One Session! Vi basta inviare una e-mail a info@onesession.it oppure compilare il form (clicca qui)
Riferimenti bibliografici
https://www.guidapsicologi.it/articoli/equilibri-di-coppia-dopo-la-nascita-di-un-figlio (consultato in data 17/11/2023)
https://www.mammasuperhero.com/il-rapporto-di-coppia-dopo-un-figlio-cosa-fare-e-cosa-evitare/ (consultato in data 17/11/2023)
https://www.parentube.it/blog/diventare-genitori/coppia-figlio/ (consultato in data 17/11/2023)
Psicologa & Psicoterapeuta in formazione. Specializzata in Potenziamento Cognitivo e Psicologia Scolastica. Ordine degli Psicologi della Lombardia n.03/13262
Affrontare il discorso separazione con i figli
La separazione è un momento doloroso che coinvolge tutta la famiglia, come affrontare il discorso con i figli?
Separazione ed emozioni
I figli possono sperimentare senso di impotenza di fronte alla separazione dei genitori, che può essere alimentata da sentimenti confusi e contraddizioni con incertezza per il futuro.
Non sarà possibile avere una ricetta valida per tutti i casi perché ogni separazione è differente dall’altra e può presentare caratteristiche e variabili di criticità di grande complessità.
Ogni bambino può reagire in modo differente, anche all’interno della stessa famiglia i fratelli possono avere reazioni diverse.
Nei pensieri dei genitori la decisione di separarsi si accompagna quasi sempre con la domanda di come i figli reagiranno e di quali ripercussioni questa decisione avrà su di loro.
Può avvenire che nella fase iniziale della separazione i pensieri rispetto al futuro dei figli rimangano in secondo piano, poichè diventano prioritari gli aspetti concreti: le questioni legali e a volte anche di una ridefinizione a livello professionale.
Accade spesso che i sentimenti siano, in questa fase, distribuiti in modo disuguale tra i partner, evidenziando una differenza emotiva: per qualcuno prevarrà la rabbia, il lutto, il senso di perdita e di fragilità; per qualcun altro il senso di liberazione e la voglia di iniziare una nuova vita, con una nuova relazione.
Occorre una positiva rielaborazione dei sensi di colpa che può essere attuata attraverso l’assunzione consapevole della decisione. Ha poco significato rimuginare sul cosa si sarebbe potuto fare per evitarlo e lo sguardo deve essere posto sul futuro, cercando di estrapolare il meglio da questa situazione.
Non è utile addossarsi tutta la responsabilità ma assumersi quella riguardante la decisione specifica e per le sue conseguenze, considerare quello che è meglio per tutti.
Accettare le proprie debolezze e i propri errori è utile durante l’arco di tutta la vita, è un processo di apprendimento continuo, meglio apprendere dai propri errori e cercare di fare meglio nel futuro.
Come lo dico?
All’inizio di ogni separazione i genitori dovrebbero prevedere un momento in cui parlare con i propri figli per comunicare la decisione che hanno preso. Si dovrebbe trattare di un dialogo che trasmetta amore e sicurezza.
E’ fondamentale comunicare con i propri figli la separazione, condividendo ciò che sta accadendo realmente. E’ molto importante quello che verrà comunicato insieme, quindi successivamente devono rimanere a disposizione per rispondere a domande.
La regola è che i coniugi non devono svalutarsi a vicenda, è possibile prevedere un accordo su cosa dire nei dettagli oppure provare il discorso davanti ad una persona di fiducia.
Bambini 0-3 anni: quando il bambino non sa ancora parlare dovete comunicare in modo rilassato ciò che sta avvenendo, ad esempio quando il bambino è tranquillo e state giocando con lui usando un tono di voce calmo e affettuoso.
Bambini 3-6 anni: i bambini in questa età sono nel pensiero magico, è l’età in cui stanno ancora imparando a distinguere ciò che è reale da ciò che è fantasia e questo accade indipendentemente dalla loro volontà, frutto delle loro rappresentazioni.
Spesso immaginazione e realtà si confondono.
Quanto più la cosa è forte emozionalmente più la loro tendenza è quella di aggiustare con le fantasie. A questa età molti bambini tendono a rielaborare la separazione , cercandone le ragioni mescolando in maniera irrazionale realtà e immaginazione.
Bambini dai 6 ai 12 anni: si può chiedere loro cosa sanno del divorzio e confrontarsi su idee e credenze.
L’importante è trasmettere sicurezza per il futuro ed essere sinceri.
Dai 12 anni in poi: in questa fase è maggiore la maturità a livello cognitivo e la voglia di ragionare, la comprensione dei ragionamenti è migliore. Questo non significa trascurare la componente emotiva. I ragazzi non sono obbligati a dire qualcosa, hanno il diritto di stare in silenzio se vogliono. I ragazzi hanno il diritto di essere arrabbiati , ed è preferibile questa reazione piuttosto che la rassegnazione.
Il senso di perdita o aggressività repressa possono manifestarsi successivamente in modo più o meno nascosto o aperto.
Fattori protettivi
E’ ormai assodato che la separazione e il divorzio non portano inevitabilmente a danni permanenti nei figli. Tuttavia la loro serenità e benessere, anche futuri sono connessi ad alcune condizioni, che richiedono da parte dei genitori maggiori sforzi e consapevolezza di quelli che sono necessari nelle famiglie “intatte”. Se i genitori ci mettono quest’impegno, non hanno niente da rimproverarsi per il fatto che la famiglia creata si è dissolta. I “fattori protettivi” agiscono in modo che i vostri figli diventino adulti felici e soddisfatti.
Sarà molto importante:
essere affidabili, evitare le svalutazioni reciproche, evitare di “viziare” i figli mantenendo un ruolo di educatori coerenti e responsabili.
Dopo la separazione non trattare i figli come “partner”. E’ molto importante tracciare un confine molto chiaro tra i loro interessi, da una parte, e quelli dei figli dall’altra.
Rivolgete uno sguardo al futuro con ottimismo.
Ricorrete ad un supporto professionale nel caso in cui emergano sintomi depressivi. Trasmettete ai figli una buona autostima attraverso una comunicazione positiva e rimanete una coppia genitoriale forte.
Nonostante la separazione si rimane una coppia di genitori per tutta la vita.
Se senti il bisogno di un aiuto professionale, gli psicologi di OneSession.it ti offrono la possibilità di prenotare un primo colloquio gratuito. Per prenotare il tuo incontro, puoi inviare una e-mail a info@onesession.it oppure compilare il form (clicca qui)
Riferimenti bibliografici
Koch C. e Strecker C. (2014). Mamma e papà si separano. Trento, Erickson
Fabio R.A (2004), Genitori positivi, figli forti, Trento, Erickson
Lavigueur S., Coutu S.e Dubeau D. (2011), Sostenere la genitorialità, Trento, Erickson
Psicologa & Psicoterapeuta in formazione. Specializzata in Potenziamento Cognitivo e Psicologia Scolastica. Ordine degli Psicologi della Lombardia n.03/13262
Come migliorare la comunicazione con i figli adolescenti
Comunicare con i figli adolescenti sembra essere un’impresa ardua. Nell’articolo di oggi andremo a vedere delle strategie di comunicazione efficaci.
L’adolescenza
L’adolescenza, dal latino “adolescere” che significa “ crescere”, è il momento della vita in cui l’individuo ottiene le competenze e le abilità utili ad assumersi le responsabilità rispetto alla futuro divenir adulto.
Questo periodo di transizione prevede un continuo mutamento e trasformazione. Talvolta viene interpretato come squilibrio, instabilità e insofferenza.
Il ragazzo sente il bisogno di separarsi dal genitore, individualizzarsi, ma allo stesso tempo desidera la sicurezza di sentirsi amato e accolto.
In adolescenza i ragazzi si trovano quindi in una fase dello sviluppo in cui ricercano continuamente la loro identità, interfacciandosi con i diversi contesti nei quali si trovano ad interagire.
Quotidianamente prendono distanza dalle figure genitoriali, cercando di imporre il loro punto di vista e pretendendo maggiore autonomia ed indipendenza.
Quando il genitore cerca di instaurare un dialogo non è sempre facile avere la predisposizione del proprio figlio a confrontarsi, esprimersi ed aprirsi.
Genitori di adolescenti
I genitori si ritrovano a gestire un forte cambiamento nei comportamenti dei propri figli.
Ciò li porta a riflettere sul concetto di perdita, che si ripercuote sulla relazione e dunque sulla difficoltà di comunicare.
I genitori si ritrovano a gestire la perdita della relazione intima, vissuta con il proprio figlio nel periodo dell’infanzia.
Nella perdita della sicurezza, si ha difficoltà a comprendere il comportamento proprio e le reazioni altrui.
Si fatica ad essere sicuri di quello che dice e di quello che si fa.
Si creano dubbi, perplessità sulle metodologie di interazione, mettendo in discussione anche il tempo dedicato alla comunicazione.
I genitori si ritrovano a pensare alla perdita della soddisfazione di essere indispensabili a qualcuno.
“Perdita della sensazione di essere dei difensori dagli immensi poteri, in grado di tenere i figli al riparo di ogni male”. (A.Faber e E.Mazlish, 2005)
Infine c’è la paura, di dire la cosa giusta, di comprendere, di essere d’aiuto nel momento giusto, di non essere abbastanza presenti, di sbagliare.
Strategie di comunicazione
- Mostrarsi accoglienti e disponibili nel dialogo.
Essere accoglienti significa ascoltare in modo silente il flusso di parole del proprio interlocutore senza avere pregiudizio, senza valutare e giudicare.
- Il tono della voce deve essere sereno e privo di prediche.
- Cercate di porre più domande. Evitate di esprimere giudizi e sentenze.
Le domande possono riguardare un particolare della situazione che vi stanno raccontando, oppure può essere utile chiedere conferma di aver compreso bene quello che vi hanno esposto.
In questo modo si sentiranno capiti, ascoltati e saranno avranno la certezza di essere stati ascoltati e compresi.
- Evitare confronti generazionali, si verrebbe a creare troppo disequilibrio.
Nel confronto, involontariamente, si possono creare dei malintesi fra ciò il genitore ha fatto di buono e cosa invece c’è di sbagliato nel comportamento del proprio figlio.
- Non sminuite ciò che loro vi raccontano. Ponete domande sui particolari, cercate di non farvi prendere dall’ansia e dalle preoccupazioni.
- Ascoltare sarà un buon modo per darsi il tempo giusto per comprendere.
- Ponete domande sul loro stato emotivo: come si sono sentiti, i loro desideri, obiettivi. Accettate i sentimenti e sappiate cogliere lo stato d’animo che in quel momento provano.
- Non perdetevi in un eterno monologo, finiranno per non ascoltarvi .
- Cercate di mettervi nei loro panni, essere empatici aiuta a comprendere meglio il punto di vista dell’altro.
E’ necessario avere tanta pazienza, comprensione e dare per primi l’esempio con le parole.
Se senti il bisogno di un aiuto in più, prenota il tuo appuntamento gratuito con One Session! Ci trovi tutti i martedì dalle 18.00 alle 20.00. I nostri terapeuti ti aiutano ad ottenere un cambiamento immediato e duraturo, fornendoti strumenti pratici, concreti ed utilizzabili fin da subito per uscire dalla situazione problematica grazie alle tue stesse risorse!
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Riferimenti bibliografici:
https://www.adolescienza.it (consultato in data 12/01/2022)
https://viverepiusani.it (consultato in data 12/01/2022)
https://www.psicoterapiarca.it (consultato in data 12/01/2022)
https://www.vivavoceinstitute.com (consultato in data 12/01/2022)
https://www.federicabenassi.com (consultato in data 12/01/2022)
A.Faber,E.Mazlish (2005). Come parlare perché i ragazzi ti ascoltino, e come ascoltare perché ti parlino. Milano: Mondadori.
Psicologa & Psicoterapeuta in formazione. Specializzata in Potenziamento Cognitivo e Psicologia Scolastica. Ordine degli Psicologi della Lombardia n.03/13262