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Il perfezionismo e la trappola del “mai abbastanza”: come liberarsene

Siamo condannati ad essere sempre imperfetti?

Sebbene una certa dose di perfezionismo possa, talvolta, condurre a degli esiti positivi, a risultati tangibili, come ad esempio, un elevato livello di successo, anni e anni di ricerca sul tema, evidenziano, al contrario, come esso si configuri fondamentalmente come un fattore di vulnerabilità per la persona, che ha molto spesso conseguenze negative considerevoli, specialmente quando nella vita si verificano eventi difficili e stressanti (Hewitt & Flett, 2002).

Da questo punto di vista, il perfezionismo rappresenta un approccio alla vita che rende eventuali eventi avversi non solo più sfavorevoli e angoscianti ma anche più probabili: perseguire standard estremi e irrealistici o imporsi traguardi irraggiungibili, rende la vita un vero e proprio tormento, portando la persona a rimanere incastrata nelle sue esigenze di perfezione.

Insomma, si potrebbe riuscire a costruire un “perfetto successo” ma non riuscire mai a goderselo.

Il paradosso della perfezione: più mi sforzo di essere perfett* e più mi sento inadeguat*

Il perfezionismo rappresenta il riflesso di tematiche personali importanti, che hanno a che fare con il senso di sé, l’identità e la propria autostima (Hewitt & Flett, 2002).

In particolare, quando una persona cerca di raggiungere la perfezione per avere autostima, finisce intrappolata in una corsa infinita, dove niente è sufficiente, niente è mai abbastanza per raggiungere quel traguardo (la perfezione), che continua a spostarsi non appena ci sembra di essere quasi sul punto di arrivare.

In altre parole, più la persona cerca di essere perfetta, più si sente inadeguata ed insicura.

Perché questo accade?

Perché la perfezione, a differenza dell’eccellenza, è un obiettivo irraggiungibile, o meglio, in continuo movimento, nel senso che il miglioramento è un processo continuo (Milanese, 2020).

È come inseguire un traguardo che si sposta, non appena tu pensi di essere quasi arrivato a destinazione: non sarai mai abbastanza bravo, mai abbastanza veloce, mai abbastanza in tempo.

Questo è ciò che viene alimentato dal paradosso della perfezione, argomentato ampiamente anche all’interno della cornice strategica, dove il focus viene puntato soprattutto su quello che la persona fa per mantenere attiva la dinamica disfunzionale del perfezionismo, ovvero le tentate soluzioni disfunzionali.

Nella ricerca della perfezione, infatti, la persona mette in atto una serie di comportamenti che sembrano aiutare, ma che in realtà peggiorano la situazione.

Un tipico comportamento è iniziare a controllare ossessivamente ogni cosa, al fine di evitare e scongiurare qualsiasi tipi di errore, con il risultato di arrivare ad un controllo che paralizza o che fa perdere il controllo, generando ancora di più ansia da prestazione e deterioramento della performance (e i temuti errori!).

Nell’intento di alimentare la motivazione e spingere ancora di più, un altro comportamento molto diffuso è l’autocritica feroce. Questa è attivata dal non riuscire ad essere “mai abbastanza”. Il risultato, però, è di arrivare ad irrigidirsi completamente e a rimandare per la paura di commettere errori o sbagliare.

In altre parole:

  • Più ti sforzi di essere perfetto, più rischi di focalizzarti sulle tue imperfezioni, confermandoti di non essere abbastanza;
  • Più temi di sbagliare, più aumenterà la paura di agire, bloccandoti e confermandoti di non essere abbastanza;
  • Più rimandi finché non è tutto perfetto, più ti paralizzi, confermandoti di non essere abbastanza.

Tutte queste soluzioni disfunzionali ti impediscono di alimentare un’autostima sana e sostenibile che si basa su esperienze concrete e reali di efficacia e non sul “sentirti perfetto” .

Come passare da essere “mai abbastanza” ad essere “il meglio possibile” che puoi essere ogni giorno?

Un’autostima realistica e solida nasce da esperienze dirette di efficacia, che si basano su azioni che funzionano e non su azioni che sono perfette.

Per cortocircuitare la dinamica della perfezione, prendiamo in prestito dall’approccio strategico alcune indicazioni utili per alimentare un’autostima sana e libera dal demone della perfezione:

  1. Sperimenta dei piccoli errori volontari: prova a sbagliare di proposito delle piccole cose ogni giorno, per prendere confidenza con questa esperienza, al fine di ridurne l’impatto emotivo;
  2. Focalizzati sull’efficacia delle tue azioni: prova a chiederti “questa cosa funziona?”, piuttosto che “questa cosa è perfetta?”
  3. Sostituisci la perfezione con “il meglio possibile” che puoi fare ogni giorno, con le risorse che hai. Focalizzati sui progressi quotidiani, invece che sulla perfezione delle tue azioni.
  4. Tira fuori le eccezioni: in quali occasioni hai sentito di avere una buona autostima, senza essere perfetto? Cosa hai fatto di diverso?
  5. Alza progressivamente la tua asticella, ma non porti obiettivi irrealistici: per riuscire a saltare “molto in alto” bisogna prima imparare a saltare altezze più piccole.

La perfezione è nemica dell’eccellenza: tutti siamo guidati dal bisogno di fare bene e di sentirci competenti, ma spesso questo bisogno ci irrigidisce nella ricerca di una perfezione irrealistica e che tiene in trappola la nostra autostima (Milanese, 2020).

L’eccellenza passa attraverso l’imperfezione, che a sua volta protegge da imperfezioni più grandi. Chi vuole essere sempre perfetto, al contrario, si espone al rischio di cadere in grandi imperfezioni.

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Riferimenti bibliografici

Hewitt, P. L., & Flett, G. L. (2002). Perfectionism and stress processes in psychopathology. In G. L. Flett & P. L. Hewitt (Eds.), Perfectionism: Theory, research, and treatment (pp. 255–284). American Psychological Association.

Hewitt, P.L., Flett, G.L.& Mikail, S.F. (2020). Perfezionismo. Un approccio relazionale alla comprensione, alla valutazione e al trattamento. Roma: Giovanni Fiorini Editore srl

Milanese, R. (2020). L’ingannevole paura di non essere all’altezza. Milano: Ponte alle Grazie (Adriano Salani Editore)

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