Superare la fine di una relazione
La fine di una relazione è un’esperienza pressoché universale: siamo degli animali sociali e siamo fatti per costruire relazioni, per entrare in relazione con l’altro. Pensiamo al legame di attaccamento e a come il bambino appena nato si trovi ad affrontare un compito cruciale per il suo sviluppo, ovvero formare un legame unico e speciale con il caregiver, ovvero la principale figura di accudimento nei primi mesi di vita, che possa fornire quel supporto, quella protezione e quelle esperienze emotive di cui il bambino ha bisogno e che garantiscono la sua sopravvivenza.
Citando John Bowlby, padre dell’appena citata Teoria dell’Attaccamento, l’essere umano viene al mondo con una “predisposizione biologica” ad entrare in relazione con l’altro, che nelle prime fasi della vita di ciascun individuo svolge la funzione biologica di fornire protezione e accudimento e la funzione psicologica di fornire sicurezza.
Nonostante siamo predisposti a costruire relazioni con gli altri, a condividere esperienze, questo, il più delle volte, non ci rende altrettanto bravi nella gestione della fine di una relazione.
Si tratta di processi psicologici che fanno parte del nostro percorso evolutivo: soprattutto se una relazione è stata particolarmente significativa ed importante per noi, la sua fine può avere delle ripercussioni importanti in più ambiti della nostra vita, ed è del tutto normale sentirsi sopraffatti da tante emozioni anche contrastanti, soprattutto nelle prime fasi della perdita.
La fine di una relazione è come un lutto
Molto spesso si parla di una vera e propria elaborazione di un lutto quando si fa riferimento alla fine di una relazione: uno dei modelli più diffusi e conosciuti nel panorama della psicologia è sicuramente quello sviluppato dalla psichiatra Elisabeth Kübler Ross (1969) che ha teorizzato 5 fasi del lutto che si attraversano e che portano ad elaborare una perdita e che possono essere utilizzate per ripercorrere ciò che può accadere alla fine di una relazione d’amore:
1. Fase della negazione/del rifiuto della perdita
La fine di una relazione può creare una rottura molto forte ed anche uno sconvolgimento importante della vita e della quotidianità fino a quel momento vissuta e condivisa con l’altra persona: il tutto può essere vissuto come intollerabile, e la negazione della realtà e quindi della perdita, diventa l’unica strada percorribile in questa fase iniziale.
2. Fase della rabbia
In questa fase il dolore e la sofferenza sono molto intensi: la perdita della relazione può essere vissuta come una profonda ingiustizia subita dalla persona. Questa fase è comunque una fase importante in quanto c’è un primo contatto con la realtà e si inizia a riconoscere la perdita.
3. Fase del patteggiamento/della negoziazione
Questa fase è molto importante in quanto si cerca di riprendere il controllo della propria vita e di trovare delle strategie utili di fronteggiamento della situazione.
4. Fase della depressione
Il tempo che passa porta sempre di più consapevolezza della perdita, di ciò che non si tornerà più a vivere e di ciò che non si potrà più condividere, creando le condizioni per vissuti di profonda malinconia e tristezza.
5. Fase dell’accettazione
Arrivati a questa fase, la persona ha elaborato la perdita e ne è consapevole. La vita va avanti ed è arrivato il momento di riorganizzarla.
La relazione finisce ma la tua vita continua
Come già accennato, quando finisce una relazione, soprattutto quando è stata molto importante e intensa, la prima reazione è quella di un vero e proprio shock: la persona potrebbe trovarsi a sperimentare un vero e proprio “frullatore emotivo” tra la paura di non farcela, di non poter andare avanti senza quella persona, di sentirsi talmente persa come se mancasse la terra sotto i piedi.
Se, come è stato già sottolineato, la prima reazione è quella di negare la realtà per mettersi al riparo da una situazione percepita come troppo dolorosa e insostenibile, è altrettanto importante, rispettando quelli che sono i propri tempi, ricominciare a prendere consapevolezza della realtà.
Cerca di essere onesto con te stess*
Guardare in faccia la realtà è senza dubbio un processo molto doloroso, ma inevitabile e salutare se si vuole superare la perdita in modo funzionale. Generalmente quando finisce una storia d’amore, la nostra mente tende a riportare alla nostra attenzione e a focalizzare solo gli aspetti positivi e i bei ricordi che abbiamo perso: tutto quello che invece non funzionava o ti faceva già soffrire dell’altra persona, tende a passare in secondo piano.
Potresti avere reazioni e provare emozioni anche contrastanti tra loro
Quando finisce una storia d’amore non solo soffriamo per la perdita subita ma soffriamo anche perché le nostre aspettative si sono infrante. Questa sofferenza potrebbe avere ripercussioni in più ambiti della tua vita e portarti a sviluppare delle difficoltà anche sul lavoro e nelle amicizie.
Potresti avere difficoltà nel controllare le tue emozioni, sviluppare difficoltà nel dormire, avere pensieri intrusivi e ricorrenti e magari l’impulso a contattare il tuo ex partner, trovando le più varie giustificazioni per farlo. Potrebbero essere molteplici le reazioni che potresti avere e le emozioni che potresti provare. È fondamentale, quindi, dare dignità alle tue emozioni e permettere a te stesso di sentire quello che senti.
Non evitare il dolore ma passaci dentro per superarlo
Quando cerchi di evitare alcuni pensieri e alcune emozioni, in realtà stai producendo il risultato opposto, ovvero quelle emozioni e quei pensieri diventano ancora più intrusivi. Le emozioni non vanno evitate, vanno accolte perché costituiscono una componente fondamentale delle nostre esperienze di vita. Ripeterti che “non devi stare così” avrà solo l’effetto di acuire e prolungare la tua sofferenza. E’ fondamentale, invece, trovare e dare spazio a questa sofferenza e capire come possa contribuire alla tua evoluzione personale.
Se solo avessi…
Generalmente la fine di una relazione attiva tutta una serie di pensieri che possono arrivare a tormentare la persona e ad imbrigliarla in una serie di quesiti senza risposta “perché lo ha fatto…” “se solo avessi detto questo…” “se non avessi fatto…”. Tutto questo lavoro mentale, in realtà, lungi dall’essere di supporto, contribuirà solamente ad acuire il dolore e la sofferenza. Porterà la persona ad attribuirsi delle colpe che non corrispondono alla realtà. Non possiamo, infatti, modificare il passato e chiederci cosa sarebbe cambiato se solo avessimo detto o fatto qualcosa di diverso, semplicemente non ha senso.
Riconoscere la trappola di questi pensieri è il primo passo per ridurre la sofferenza e quindi la loro intensità. Concediti piuttosto, un tempo predeterminato (ad esempio 10-20 minuti), in cui ti immergerai nei tuoi più dolorosi pensieri e domande. Una volta concluso questo tempo, però, dovrai tornare a fare ciò che stavi facendo. Non combattendoli ma concedendogli uno spazio controllato, con il tempo, diventerai sempre più consapevole dei tuoi pensieri quando si presenteranno alla porta delle tua mente.
Se senti il bisogno di un aiuto concreto per superare la fine della tua relazione, rivolgiti al nostro servizio gratuito di consulenza psicologica a Seduta Singola!
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Riferimenti bibliografici
Baroni, D. (2020), L’arte di riparare un cuore. Edizioni Erickson
Kübler-Ross, E. (1969), On Death and Dying. Macmillan, New York NY.
Psicologa- specializzanda in psicoterapie brevi sistemico-strategiche. Grazie alle terapie brevi e alla mia formazione nell’ambito dell’orientamento professionale e dello sviluppo delle soft skills, riesco ad aiutare le persone che si rivolgono a me a superare momenti di difficoltà e disagio, sia in ambito personale che lavorativo, riattivando le risorse e abilità personali e aiutandole a realizzare i propri obiettivi e riconquistare una percezione generale di benessere nel più breve tempo possibile
Come imparare a dire di no
Vuoi imparare a dire di no?
Prima però ti racconto delle mie vacanze…
Questa estate sono andata a fare un bellissimo viaggio alle Baleari insieme al mio compagno. Una sera, camminando per le vie del centro di Minorca, sono rimasta catturata da un paio di sandali in una vetrina: di istinto, senza neanche guardare l’orologio, sono entrata all’interno del negozio. Con mia grande sorpresa sono stata messa alla porta dalla commessa, che con tono educato ma deciso ha esclamato:“Disculpe, está cerrado!” (trad. “perdonami, siamo chiusi!”). Ricordo come se fosse ieri di essere rimasta basìta, mi sono voltata verso il mio compagno e ho commentato: “ma ci rendiamo conto? Ma solo io se un cliente mi si presenta ad orario di chiusura ufficio lo accolgo lo stesso?” e lui, seraficamente, mi ha risposto: “eh mi sa di sì! Forse potresti imparare a fare come la signora!”.
Ho scelto di iniziare l’articolo di oggi con questo aneddoto di vita vissuta per affrontare un argomento sempre più attuale: la difficoltà che alcune persone hanno a dire di no di fronte alle continue richieste degli altri.
Che cosa significa non saper dire di no?
Immaginiamo di trovarci al lavoro. Siamo alla fine di una lunga giornata, pronti ad uscire finalmente dall’ufficio, quando il capo si palesa sulla porta, con un’espressione allarmata sul viso: “sai, dobbiamo assolutamente fare questa cosa entro domani mattina ma io devo proprio scappare…potresti trattenerti tu oltre l’orario previsto oggi?”
Oppure potremmo ricevere, proprio prima di spegnere il pc, un’email da parte di un nostro cliente. L’oggetto “URGENTE” già la dice lunga sul contenuto: “so di essermi ridotto tardi ma ho assolutamente bisogno di questo preventivo, grazie di inviarmelo entro un’ora!”
Per non parlare di quando nostro figlio, di fronte all’ennesimo elenco di compiti da fare per la scuola, irrompe piagnucolando nel salone e ci chiede: “ti prego mi aiuti? Non mi va proprio di farli!” magari giusto nel momento clou di quel film che stavamo vedendo.
In ognuna di queste situazioni, ci sentiremo come di fronte ad un bivio: dire di sì oppure dire di no alla richiesta che ci è stata avanzata da persone per noi importanti, in un modo o nell’altro.
Scegliere di dire sì spesso è la soluzione d’elezione, per tanti motivi: il primo è sicuramente l’educazione e la sincera volontà di aiutare l’altro, in evidente stato di difficoltà. Fare del bene agli altri, può regalare un piacere che scalda il cuore e fa sentire in pace perché si è fatta “una buona azione”.
Senza contare la speranza di ottenere in cambio la benevolenza dell’altro o una ricompensa per la nostra disponibilità.
Nel caso di un datore di lavoro ad esempio, potremmo ambire ad una promozione: “se dirò di sì e mi fermerò fuori orario, il capo si renderà conto di quanto io sia indispensabile e mi premierà di conseguenza”.
Il nostro cliente magari, di fronte alla nostra tempestiva risposta, probabilmente acquisterà il nostro prodotto e ci sceglierà di nuovo nel futuro.
Nostro figlio infine, apprezzerà di avere un genitore sempre prodigo nel sostenerlo e grazie al nostro aiuto prenderà degli ottimi voti a scuola.
Aspettarsi qualcosa in cambio dei nostri sì, tuttavia, potrebbe aprire la porta a qualcosa di molto diverso dall’altruismo sincero e disinteressato: pur di ottenere l’approvazione degli altri e la loro riconoscenza, potremmo iniziare a dire sempre di sì, non solo quando effettivamente lo vogliamo, ma anche quando preferiremmo fare qualcosa di diverso.
Questo comportamento inizialmente positivo per noi, se ripetuto nel tempo, può quindi diventare un’abitudine problematica.
Gli altri infatti, a forza di chiedere aiuto da noi e riceverlo, potrebbero iniziare a pretenderlo sempre di più. Del resto dal loro punto di vista, se abbiamo detto di sì una volta, potremmo benissimo farlo di nuovo. E ancora, ancora e ancora.
Di conseguenza, noi ci sentiremo obbligati a dire nuovamente di sì, incastrandoci in un loop senza fine. Impossibile a questo punto iniziare a dire dei “no” anche quando vorremmo farlo: il rischio di passare improvvisamente per “i cattivi” della situazione, sarebbe troppo alto e intollerabile.
Quali sono le conseguenze del non riuscire a dire di no?
Potrebbe capitarci di renderci conto che la nostra grande disponibilità è diventata a tutti gli effetti una strada a senso unico. Siamo sempre pronti a dare agli altri, più di quanto diamo a noi stessi e riceviamo.
Anteponiamo i loro bisogni ai nostri e invece di sentirci pieni di gioia per questo, ci iniziamo a sentire svuotati.
Eppure nonostante ciò, non riusciamo proprio a pronunciare quella parola che potrebbe fermare tutto: un semplice “no”.
Il solo pensiero di rifiutarci di dare l’aiuto che ci viene richiesto ed è ormai diventato atteso, ci fa sentire in colpa.
In questi casi, di fronte ad una nuova richiesta, potremmo iniziare a sentire uno strano peso sull’addome, come se avessimo digerito male qualcosa.
Oppure potremmo iniziare ad avere dei pensieri minacciosi che suonano più o meno così: “cosa penserà di me se non lo faccio? Potrebbe giudicarmi una cattiva persona! Rischierò di perdere il posto di lavoro e l’affetto dei miei cari!”.
Con il tempo, dire sempre di sì, diventerà per noi una lama dal doppio taglio.
Lo spazio per noi stessi e i nostri interessi si azzera, il tempo sembra non bastarci mai, il nostro umore peggiora e il nervosismo rischia di farci discutere proprio con le persone che pensavamo di voler aiutare.
E’ necessario imparare a dire di no.
Ma come imparare a dire di no?
Se ci troviamo di nuovo di fronte al bivio e vogliamo provare a fare qualcosa di diverso, possiamo iniziare a riflettere su questa semplice ma potente affermazione: “ogni volta che dico no agli altri, dico sì a me stesso”.
In questa nuova ottica, proviamo ad attribuire anche alla parola no un nuovo significato: non un rifiuto, ma una “nobile obiezione” (Mike Clayton, 2013).
Nobile sia per i modi educati con cui viene pronunciata, sia perché quando si decide di rispondere così, lo si fa con la piena consapevolezza delle proprie motivazioni e delle conseguenze su noi stessi e gli altri.
Infine, proviamo ad introdurre delle piccole violazioni alla nostra tendenza a dire sempre di sì.
Proviamo quindi, di fronte all’ennesima richiesta da parte del nostro capo, a rispondere diversamente: “mi rendo conto della tua necessità, ma oggi ho preso un altro impegno e proprio non ho la possibilità di trattenermi”.
Nel nostro programma di posta elettronica, impostiamo una risposta automatica per ricordare all’utenza gli orari di apertura dell’ufficio.
E al nostro bambino così angosciato dai suoi compiti, proviamo a dire che in questo momento siamo impegnati, ma che potrà iniziare intanto da solo.
Solitamente, di fronte alla nostra porta improvvisamente chiusa, gli altri modificheranno gradualmente il loro atteggiamento nei nostri confronti e diminuiranno le richieste.
Se vuoi scoprire altre strategie concrete e funzionali per imparare a dire di no, puoi sempre rivolgerti agli psicologi di www.onesession.it: prendi appuntamento compilando il form (clicca qui) e consulta le nostre pagine social di Facebook e di Instagram.
Riferimenti bibliografici
Clayton, M. (2013). Si può dire NO: Sbattersi di meno per ottenere di più. Italia: De Agostini.
Marson, J. (2013). Come imparare a dire di no senza sensi di colpa. Italia: Newton Compton Editori.
Sono una Psicologa iscritta all’Albo A degli Psicologi del Lazio e all’Istituto ICNOS: Scuola di Psicoterapie Brevi Sistemico-Strategiche.
Nel mio lavoro integro le mie competenze multidisciplinari per offrire ai miei clienti soluzioni personalizzate ed aiutarli a raggiungere i propri obiettivi in tempi brevi. Utilizzo la TSS per ottenere il massimo da ogni singolo incontro.
Il ghosting e i suoi effetti: conoscerlo per affrontarlo
Il Ghosting è la volontà di sparire improvvisamente dalla vita di una persona senza alcun tipo di spiegazione, rompendo ogni comunicazione, divenendo appunto un fantasma. Ghost, in inglese.
È un fenomeno relazionale presente da sempre, ma in forme meno frequenti ed evidenti rispetto ad oggi. Quando il Cellulare non esisteva, la persona con cui si usciva non si faceva più viva, non chiamava e non rispondeva al telefono, non apriva la porta di casa. Senza alcuna spiegazione.
Accadeva anche tra amici. Il ghosting infatti può riguardare ogni tipo di relazione: lavorativa, amicale e sentimentale, anche se solitamente è più frequente in quest’ultima. E contrariamente a quanto si pensi, non ha genere sessuale, seppur gli uomini siano i maggiori fruitori di Ghosting.
Oggi iperconnessione e speed date, soprattutto virtuali, hanno generato una maggiore incapacità di sostenere la vicinanza emotiva in molte persone, cosicché il Ghosting è diventato di tendenza. Si evitano sentimenti forti sia in senso positivo che negativo. Si scappa da paura e rabbia o da “troppa felicità”. Non si vogliono affrontare problemi o impegni di sorta.
Quanto è diffuso il ghosting?
Un’intervista del Plenty of Fish su 800 Millenials tra i 18 e 33 anni, svolta nel 2016, ha evidenziato che il Ghosting miete molte vittime in questa fascia di età. L’80% degli intervistati ha risposto di essere stato Ghostato e il 73% vuole una storia seria senza perder tempo. Potremmo dire che alcuni Ghoster sono solo persone che in modo rapido, senza impegno e spiegazioni, perché “si dovrebbe capire”, passano a un altro appuntamento.
Altri sondaggi con soggetti più giovani hanno ottenuto simili risultati. Ghostizzarsi è più facile, con amici e partner, abituati a eliminare con un click un contatto. Il ghost incallito è desensibilizzato verso gli altri.
Eppure basterebbe avere una comunicazione assertiva, onesta e rispettare l’altro come persona.
Perché si finisce per fare ghosting?
Diversi sono i motivi per cui si sceglie di sparire senza motivarsi, in ogni caso alla base c’è un profondo desiderio di evitamento e distanziamento, per:
- – l’incapacità di gestire le emozioni proprie e dell’altro, nell’affrontare una rottura o una discussione
- – non essere in grado di comunicare assertivamente una spiegazione di perdita di interesse
- – alimentare il puro egoismo e assenza di empatia, in cui l’altro è solo qualcosa che mi serve oppure no
- – evitare lo stress e l’impegno di dare e trovare una spiegazione
- – deresponsabilizzazione e insicurezza
- – derealizzazione, perché si ritiene non reale la relazione vissuta, se nata sul web
- – non vivere più una storia violenta. Questo è l’unico caso in cui chi scappa, può permettersi di farlo senza dover dare spiegazioni.
Alcuni Ghost ritornano, improvvisamente. Sono amanti delle sorprese, potremmo dire che da Ghost diventano Zombie. Lo Zombieng è un ghosting rivisitato, prevede il rientro anch’esso improvviso, dopo un periodo di abbandono totale per poi risparire. Il risultato in chi subisce questa altalena di apparizioni e sparizioni inaspettate, sono una reiterazione di traumi destabilizzanti. Non si sa mai cosa accadrà domani.
Quali conseguenze lascia tutto ciò?
Il Ghosting, così come lo Zombieng, è una tipologia di subdola violenza che lascia la vittima in balìa di sé stessa, rifiutata e abbandonata. Emergono
- esperienze emotive passate,
- colpevolizzazioni,
- ricerca spesso ossessiva, ma fallimentare, di verità e chiarimenti di un ipotetico errore e problema per la maggior parte delle volte sconosciuti, con la speranza di riprendersi.
Ma non trova soluzioni né risposte. E allora la persona si comincia a sentire
- sbagliata e profondamente sola,
- ingannata e rifiutata,
- non meritevole di stima, fiducia e rispetto,
- impotente,
- incapace di capire gli altri,
- impossibilitata a potersi fidare di nuovo… di altre persone,
- invisibile, che non esiste e non ha valore.
La persona infatti viene “spettrata”. Se non è umano è più facile non provare sentimenti e non parlarne nemmeno con un sms, come accade spesso tra chi è uscito massimo un paio di volte. Un po’ come quando ci si lasciava per lettera.
Non è piacevole e non possiamo dire sia il modo migliore, ma di certo può esserlo rispetto al dileguarsi. C’è anche da dire che meno tempo si è stati assieme (che siano un paio di uscite o un brevissimo tempo online), minore è la sofferenza di un sms di chiusura o di ghosting.
In ogni caso la rottura di un rapporto, soprattutto se lo si subisce, porta con sé disagio, e più è duraturo più provoca sofferenza e stress. Spesso la fine è anche traumatica, con liti e rivendicazioni. E si vive una perdita importante, a cui dover dare un significato personale e relazionale.
Ma con il ghosting, la perdita equivale a un vero e proprio lutto improvviso, senza possibilità di saluto finale. L’iniziale smarrimento incredulo e la frustrazione di non senso, di impotenza, le emozioni di tristezza, rabbia, senso di colpa innescate e i relativi effetti già citati, è possibile che nella persona ghostata si trasformino in vere e proprie sintomatologie da Trauma e Post- Trauma di tipo psico-fisiologico. Per citarne alcune:
- Malessere generale
- Emicranie ed insonnia
- Inappetenza e irrequietezza
- Minor produzione di endorfine e conseguente maggior dolore
- Ansia
- Depressione
Cosa fare per uscire dal corto circuito del Ghosting?
“Il tempo farà” dicevano i nostri nonni. Ma sappiamo che se il tempo non è usato al meglio non si avrà il risultato sperato. Continuare ad arrovellarsi con autocritica per cercare un senso, ma “un senso non ce l’ha”, diceva Vasco, fa rimanere nell’incertezza, alimentare gli effetti psicoemotivi e fisici, e dà potere al fantasma sulla propria persona.
Cosa puoi fare allora?
- Fai attività che aumentino pensieri piacevoli, che ti ricordino il tuo valore come persona. Chi sei, le qualità che hai, le passioni… Utilizza il tuo tempo alla riscoperta di te.
- Svolgi attività fisica per svuotare la mente, gestire i pensieri, distrarti e scaricare lo stress.
- Ricerca attività di rilassamento fisico e mentale, che ti permettano di essere a contatto con la natura e con te.
- Decidi di prenderti cura di te, senza pensare a ciò che hai perso ma a quanto hai guadagnato.
- Quando scegli di iniziare una relazione affettiva online, frequenta l’altro in presenza per permetterti di conoscerlo realmente.
- Incontra amici e persone reali che ti conoscano bene, per sperimentare ancora che una realtà vera esiste, che c’è chi ti ama e si arricchisce della tua presenza. La reciprocità e il rispetto sono alla base di ogni relazione.
A volte la complessità con cui epiloga un ghosting, richiede un supporto professionale. Se sei vittima di ghosting, zombieng, orbiting o deep fake non temere di chiedere aiuto.
Ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 minuti.
Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare le nostre pagine Facebook e Instagram
Riferimenti Bibliografici
Freedman, G., et al. (2018). Ghosting and destiny: Implicit theories of relationships predict beliefs about ghosting. Journal Of Social And Personal Relationships, 36(3), 905-924.
Manning, J., et al. (2021). Justifications for “Ghosting Out” of Developing or Ongoing Romantic Relationships: Anxieties Regarding Digitally-Mediated Romantic Interaction. In A. Hetsroni & M. Tuncez, It Happened on Tinder: Reflections and Studies on Internet-Infused Dating. Institute of Network Cultures. Retrieved 18 January 2021, from.
Moore, P. (2014, October 28). Poll Results: Ghosting. Retrieved from https://today.yougov.com/topics/lifestyle/articles-reports/2014/10/28/poll-results-ghosting
Morris, C. E., et al. (2011). Frequency, intensity and expression of post-relationship grief. EvoS Journal: The Journal of the Evolutionary Studies Consortium, 3, 1–11.
Sprecher, S., et al. (2010). Choosing Compassionate Strategies to End a Relationship. Social Psychology, 41(2), 66-75.
Sai riconoscere i campanelli d’allarme di una relazione abusante?
Quando sentiamo il termine “relazione abusante”, pensiamo subito a quella relazione in cui ci sono abusi o violenza fisica all’interno di una coppia. Ma anche quella psicologica può essere altrettanto pericolosa e può portare a danni seri a livello personale e relazionale.
Talvolta questo tipo di violenza è meno evidente, poco riconosciuta, negata e perfino nascosta.
Sono infatti moltissime le situazioni di relazioni abusanti vissute come fossero la normalità, in cui ci si trova in modo quasi del tutto inconsapevole ad essere all’interno di dinamiche di coppia disfunzionali o pericolose. Per questo è fondamentale riconoscerle e chiedere aiuto per poterne uscire.
Come puoi capire se stai subendo una violenza psicologica da parte del partner?
Ecco dei campanelli d’allarme:
1. Isolamento
Ti è mai capitato di rinunciare a fare qualcosa per paura della sua reazione?
O di limitarti nel vedere amici, parenti o frequentare alcuni posti?
E ti è capitato che fosse il partner a chiederti di rinunciare? Di limitarti, di evitare di fare qualcosa?
Essere impegnati con una persona non dovrebbe mai essere un limite per la nostra libertà personale.
Se scegli di non partecipare a una festa, di non uscire con gli amici, di non coltivare più una tua passione perché temi che questo potrebbe togliere del tempo alla relaziono o il partner potrebbe arrabbiarsi, questo è un campanello d’allarme da non sottovalutare.
Ogni cosa che fai (o non fai) per non farlo arrabbiare, è violenza.
Attenzione anche all’aspetto economico: il partner potrebbe isolarti anche impedendoti di lavorare e quindi incentivando in te il bisogno di dipendere da lui.
2. Gelosia e possesso
Non può esistere amore senza fiducia. In una relazione abusante, può succedere spesso che il partner metta in dubbio le parole dell’altro e, nei casi peggiori, metta in atto dei comportamenti di controllo: controllare il telefono, spiare i social, chiamare amici per chiedere conferma dei racconti del partner, pedinare l’altro, reagire con rabbia se non risponde al telefono.
La gelosia estrema e soprattutto immotivata o il bisogno di possedere l’altro possono essere scambiati erroneamente per dimostrazioni di quanto interesse ha l’altro nei propri confronti. In realtà, questi comportamenti sono disfunzionali e non dovrebbero mai essere presenti in un rapporto di coppia sano.
3. Svalutazione
Un elemento sempre presente in una relazione abusante è la svalutazione.
Il tuo valore viene messo costantemente in dubbio e questo ti porta a sperimentare sentimenti di inadeguatezza, di mancanza, e dubiti costantemente delle tue risorse e capacità.
Inoltre, senti di non avere il giusto supporto quando soffri o quando raggiungi un traguardo importante, questo viene sminuito o minimizzato.
Un’ambizione, un progetto lavorativo, un sogno, un nuovo hobby vengono considerate cose di poco conto e per questo svalutate.
In alcuni casi, l’abitudine di sminuire o ridicolizzare potrebbe essere messa in atto anche davanti ad amici, parenti o in altre situazioni sociali.
4. Manipolazione
Ci sono persone che riescono a cambiare volontariamente il comportamento di chi hanno intorno, in modo da trarne beneficio.
All’interno di una relazione abusante partner potrebbe cercare di ottenere quello che vuole attraverso l’estorsione e il senso di colpa, oltre che la paura.
Spesso non riesce a gestire le sue reazioni e ti incolpa per questo: ad esempio potrebbe distruggere un oggetto in uno scatto di rabbia e dare la colpa a te: “Guarda per colpa tua cosa ho fatto!”.
Può anche intimorirti con affermazioni come “non provarci nemmeno”, “non ce la farai mai”.
Tutto questo va a minare la tua autostima, il tuo senso di efficacia e ti impedisce di liberarti di questa relazione.
In conclusione…
Riconoscere i campanelli d’allarme di una relazione abusante spesso non è semplice perché questi comportamenti sono subdoli ed inducono nell’altro inizialmente senso di appagamento e felicità e, successivamente, smarrimento e dipendenza.
Se, all’interno della tua relazione ti senti spesso in confusione, hai paura, senti che la tua libertà viene meno, vieni sempre accusata o messa in discussione, è possibile che sei intrappolata in una relazione abusante.
Per uscire da una situazione simile è necessario innanzitutto prendere consapevolezza della situazione in cui ci si trova ed il primo passo da fare è quello di riuscire a chiedere aiuto.
Ti ricordo che puoi sempre chiedere un incontro agli psicologi di “One session” e prenotare una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola per capire come poter affrontare i primi passi ed uscire da questa situazione nel più breve tempo possibile. I nostri terapeuti sono disponibili gratuitamente per ritagliarti uno spazio di 30 minuti tutti Martedì dalle 18:00 alle 20:00. Per prendere appuntamento, scrivi a info@onesession.it o alle nostre pagine Facebook e Instagram.
Riferimenti bibliografici
Cabras E., Saladino V. (2019). La dipendenza affettiva. Testimonianze e casi di manipolazione e violenza. Roma: Carocci Editore. Secci E.M. (2015). I narcisisti perversi e le unioni impossibili. Youcanprint Self-Publishing
Sono una Psicologa, specializzata in Dipendenze da sostanze, comportamentali (gioco d’azzardo, shopping, ecc) e relazionali (dipendenza affettiva). Sono formata all’utilizzo della Terapia a Seduta Singola (TSS) e della Terapia Centrata sulla Soluzione, per aiutare le persone a risolvere i loro problemi e tornare al benessere nel più breve tempo possibile, imparando a scoprire e sfruttare al meglio tutte le loro risorse.
“Restiamo insieme”. Imparare la fiducia dopo un tradimento
Quando il tradimento entra in una relazione, mettendo alla prova la fiducia, l’incredulità e lo smarrimento iniziali fanno spazio a emozioni e sentimenti come:
- Umiliazione e tristezza
- Rabbia
- Disgusto
- Senso di fallimento e di colpa
- Vergogna
- Dolore e paura di essere nuovamente traditi.
Se la relazione è di coppia, questi sentimenti sono molto intensi e accompagnati da sintomi psicofisici e relazionali. Il tradimento diventa un vero e proprio trauma, detto “Post Infidelity Stress Disorder”.
Che sia stata scoperta o rivelata, chi subisce l’infedeltà vive sempre una grande perdita, quella della fiducia. Non è detto che si perda la persona amata, ma di certo si frantuma il senso di sicurezza e la fiducia. È questa la vera ferita insopportabile, che colpisce il cuore della persona e della coppia.
Tutto crolla, mentre montano i pensieri alla ricerca di un perché.
“Come è possibile? Ho dato fiducia a chi mi ingannava e non l’ho capito.”. Pensi a tutto quello che hai dato, mentre l’altro stava con un’altra persona. Magari il dialogo e/o il sesso non erano granché, eppure pensavi che le cose sarebbero migliorate. Avevi fiducia in voi.
Ti accusi di aver causato il tradimento perché pensi che non sei stata/o accondiscendente, amabile, sexy, presente, i figli o il lavoro sono stati onnipresenti.
Incubi e notti insonni scorrono, pensando a ciò che è andato storto, a cosa faceva, a come riuscire a perdonare o vendicarti, perché ha tradito quel patto sott’inteso di fedeltà ed aspettative, di esclusività reciproca. Motivo per cui a volte la vendetta offre la stessa moneta: la reciprocità almeno è “salva”…forse.
Col tradimento e la fiducia ferita, la crisi travolge la coppia, forse già traballante, e diventa fonte di cambiamento. Che tipo di cambiamento è tutto da decidere. Ma senza fretta.
Ci sono due scelte possibili: dividersi oppure restare insieme. Entrambe accomunate dalla fiducia ferita del tradimento e dal rischio della sopravvivenza estenuante.
Quali strade?
- Dividersi
Quando la riconciliazione è inapplicabile, la rottura diventa la scelta obbligata.
Ma per non affossare le future relazioni con pregiudizi e gelosie, la persona dovrà leggere la sua storia e farne una risorsa. Affrontare la paura di essere tradita e ritrovare la sua autostima.
- Restare insieme
Questa scelta può trasformare la crisi in un’opportunità di cambiamento verso una condizione migliore della precedente.
Ma per sortire l’effetto desiderato e non vivere in uno stato di sopravvivenza permanente e deludente, è necessario un tempo di guarigione per fidarsi di nuovo. Dare una chance al Noi, rinegoziandone la costituzione e l’equilibrio.
Come ricostruire una fiducia lacerata nella coppia?
Non c’è una formula, perché ognuno reagisce in modo diverso e il tradimento ha diverse forme e concezioni. Di certo è un percorso importante, di passi interiori e relazionali da compiere, in cui è fondamentale capire che la fiducia coesiste con la credibilità, sempre. Essere credibili e crederci permette di (re)imparare a (ri)fidarsi. E guarire giorno per giorno.
1. Appuratevi che l’altro non sia un/a adultero/a seriale.
2. Domandatevi: “Perché vogliamo rimanere insieme?”.
L’amore è fondamentale, per se stessi e per la coppia, e va ricontattato senza negarselo. Ma basta?
3. Se le bugie e il silenzio hanno contrassegnato il tempo dell’infedeltà e spesso anche quello precedente, ora è il tempo di una comunicazione autentica.
È necessario affrontare i motivi del tradimento, le ferite e le emozioni, senza far finta che non ci siano. Piuttosto bisogna esprimerli e capirli.
4. Accettare il dolore e tirarlo fuori, senza negarlo. Chi ha tradito spieghi il disagio che ha portato all’infedeltà, prendendosi la responsabilità delle sue scelte. Smetta di sminuire quanto ha fatto e pretendendo che scusandosi abbia già risolto tutto. Capisca cosa ha realmente ferito il partner ed entri nei suoi panni, senza stare sulla difensiva. Concedetevi tregue di ascolto senza “il tanto non ti credo” e “sei tu che mi hai portato a farlo”. La persona ferita scelga di non definirsi vittima ma protagonista, e di non chiedere i dettagli del tradimento. Appagano l’ansia ma distruggono l’equilibrio personale.
5. Leggete il tradimento come un sintomo della relazione, di cui prendersi cura per giungere al cambiamento. Create nuovi spazi neutrali. Ricercate ricordi significativi e di intimità. Non va distrutto tutto il passato.
6. Impegnatevi in atti concreti da promettere e compiere, ma non per dovere o sulla scia delle emozioni, ma perché ci credete e siete disposti a farli.
7. Servono costanza, pazienza e volontà quotidiani, da parte di entrambi i partner. Affetto, attenzione e grazie.
8. La riconciliazione e la fiducia richiedono un’altra scelta importante: perdonare. Il perdono aiuta prima di tutto la persona sofferente a non incolparsi e a guarire. Ritrovando il suo equilibrio potrà perdonare davvero il partner. È un percorso difficile ma non impossibile, se si vuole. Il primo step è accettare quanto avvenuto e decidere se andare avanti.
9. Se si sceglie di ricominciare, è importante non cadere nell’errore di recriminare e rivangare l’accaduto continuamente, di controllare il cellulare del partner o pedinarlo, di vendicarsi con dispetti, perché non impedirà che tradisca di nuovo, mentre toglierà forze e sorriso a entrambi. Ma se non ne potete farne a meno e…
10. …il fantasma dell’infedeltà permane, con tutte le sue emozioni dolorose per la fiducia ingannata, si fa assordante e invadente. Si genera una sofferenza costante nella coppia, ci si sente impotenti e senza uscita. Non vergognatevi e cercate un supporto professionale, individuale e/o di coppia.
Ti senti sopraffatto? Chiedi aiuto a One Session!
Ci trovi tutti i martedì dalle 18.00 alle 20.00. I nostri terapeuti ti aiutano ad ottenere un cambiamento immediato e duraturo, fornendoti strumenti pratici, concreti ed utilizzabili fin da subito per uscire dalla situazione problematica grazie alle tue stesse risorse!
Per prendere appuntamento, scrivi a info@onesession.it o alle nostre pagine Facebook e Instagram.
Riferimenti bibliografici
Giommi, R. (2010). Tradire. Segnali di confusione amorosa. Edizioni Sperling & Kupfer collana Open Space Paperback.
Glass, S., Coppock Staeheli, J. (2008). Not ‘Just Friends’: Rebuilding Trust and Recovering Your Sanity After Infidelity. Atria Books Editor
Gottman, J., Schwartz Gottman J. (2017). Dieci principi per una terapia di coppia efficace. Raffaello Cortina Editor
Meyers, S. (2012). Chatting or Cheating: How to Detect Infidelity, Rebuild Love and Affair-Proof Your Relationship. Heart Media Publishing
https://www.perspectivesoftroy.com/2020/10/07/post-infidelity-stress-disorder-causes-symptoms-and-treatments/ (consultato in data 8/2/2022)
https://www.mayoclinic.org/healthy-lifestyle/adult-health/in-depth/infidelity/art-20048424 (consultato in data 8/2/2022)
Come superare la fine di una relazione in età adulta
Come superare la fine di una relazione in età adulta, quando tutti i tuoi sogni e i tuoi progetti sono ridotti in frantumi e quando viene percepita come un fallimento personale?
È davvero possibile trasformare una fine in un percorso di rinascita e crescita personale?
La fine di una relazione
In un’interessante studio del professor Edward Smith della Columbia University (Kross et al., 2011) viene evidenziato come il dolore per la fine di una relazione stimoli le stesse aree cerebrali deputate alla percezione del dolore fisico.
Viene quindi da sé che tale evento può generare un’intensa sofferenza psico-fisica.
Non si sa la ragione di una tale associazione, ma si è ipotizzato che sia da ricondursi al naturale e istintivo bisogno di socializzazione dell’essere umano.
Il risultato è che la fine di una relazione, sia voluta che subita, porta spesso con sé un vissuto di dolore e rabbia, capace di intrappolarci in labirinti senza uscita.
Di fronte ad un dolore così grande è difficile riuscire e vedere cosa poter fare per trasformare una fine in opportunità.
Anzi, il nostro stesso futuro diventa un’idea vaga e lontana, e il solo pensare di riuscire a superare questo momento sembra un’offesa al dolore profondo che si sta provando.
Pensare di ricostruirsi una vita diventa, quindi, semplicemente impensabile.
Cosa cambia con l’età adulta
Con l’età adulta la reazione a queste esperienze si complica ulteriormente.
Da un lato perché la rabbia e il dolore sfociano spesso in un vissuto molto intenso di fallimento personale. Dall’altro perché la paura per il futuro e per la possibilità di costruirsi una famiglia sono più forti ed emotivamente più coinvolgenti.
Vivere la rottura come un fallimento personale ci da la sensazione di aver sprecato il proprio tempo, di aver sbagliato a valutare qualcosa e ci porta alla convinzione definitiva che ricostruirsi una vita sia impossibile.
Queste recriminazioni possono diventare delle vere e proprie accuse verso noi stessi e possono minare in maniera profonda la nostra autostima.
Da qui il forte senso di solitudine che ci fa vivere la mancanza del partner con un senso di profondo abbandono.
Anche le paure per il futuro giocano un ruolo fondamentale.
Con l’età adulta, infatti, il cosiddetto “orologio biologico” e le aspettative riguardo la nostra vita relazionale influenzano in maniera diretta la percezione delle nostre esperienze.
Una rottura può farci sprofondare nell’idea di dover ricominciare da capo e di non aver più tempo per ricostruirsi una vita!
Com’è possibile allora non rimanere travolti dalla fine della nostra relazione?
Come ricostruirsi una vita, anche in età adulta
Ricostruirsi una vita dopo una rottura, specie se in età adulta, sembra davvero difficile.
I sentimenti che proviamo e che generano confusione sono forti e connaturati ad un esperienza dal forte impatto emotivo
E allora cosa possiamo fare?
Il primo passo da compiere e ristrutturare la percezione di ciò che stiamo vivendo.
Invece di chiuderci nel labirinto del fallimento personale, dobbiamo muoverci sul piano della crescita personale.
Non siamo persone che hanno perso tempo e che devono ricominciare da zero.
Sei una persona che ha una storia ed un vissuto e devi “ri-scoprire” la tua vita oggi e rimodellarla sulla base di ciò che sei ora.
Cosa ti dice questa esperienza di te? Che cosa hai imparato dopo questo ostacolo? Di Quale insegnamento positivo o negativo puoi fare tesoro?
Tre azioni pratiche da poter implementare nella tua nuova vita da single.
- Dai sfogo alle emozioni
Reprimere le emozioni non è mai una buona strategia. È molto più efficace trovare il tuo modo per far uscire ciò che hai dentro.
Puoi scrivere, senza rileggerle, le emozioni che stai provando, per distanziarti dai pensieri e arrivare alla consapevolezza che essi sono, appunto, pensieri.
Oppure piangi, lasciando che il corpo faccia uscire anche fisicamente il dolore che stai provando.
Semplicemente, puoi ritagliarti un’ora al giorno nel quale ripensare al dolore che provi. Alla fine di quell’ora, ti lavi la faccia con acqua fresca, ti asciughi il viso e torni alle tue attività.
Non importa la strategia che utilizzi, ciò che conta è far fluire l’emozione negativa che hai dentro.
- Ridi in compagnia
Ridere genera una droga naturale, l’endorfina, mentre intrattenere rapporti sociali riduce lo stress dato dal carico emotivo della rottura.
Dopo gli “enta” o dopo una lunga storia, la rete sociale si riduce e spesso la pigrizia porta ad avere meno voglia di uscire.
Superare questo senso di isolamento e conoscere nuove persone ti aiuterà a ritrovare una tua dimensione e a sviluppare entusiasmo nella possibilità di sperimentarti in nuove relazioni.
Ricorda che non devi fare “tutto e subito”. Mettiti in gioco con dei piccoli passi.
Prima in situazioni più confortevoli e poi aumentando gradualmente la tua esposizione.
In questo modo riuscirai a gestire meglio lo stress e le emozioni che proverai.
- Prenditi cura di te.
È prevedibile che tutto questo dolore, il tentativo di affrontarlo e le azioni di crescita personale generino in te forte ansia e stress. Per questo non devi dimenticarti di sviluppare un atteggiamento non giudicante nei tuoi confronti e accettare l’idea di chiedere aiuto, se ne senti il bisogno.
Le persone che amiamo possono darti un aiuto fondamentale, in questo senso, così some il sostegno di uno specialista può indirizzarti verso la strada giusta.
L’obiettivo finale sarà quello di ricostruire ciò che sei e riprendere in mano la tua vita.
Conclusioni
Ricostruirsi una vita dopo una rottura non è mai facile. Quando questo avviene in età adulta, il coinvolgimento emotivo, le energie spese ed i progetti futuri mettono un ulteriore pressione e rendono tutto il processo più complesso.
Se ti trovi in questa situazione, chiedi aiuto a One Session!
One Session è il nostro servizio di ascolto psicologico attivo il martedì dalle 18.00 alle 20.00,
Ti aiuteremo fornendoti strumenti e tecniche che ti permetteranno di rimetterti in gioco e sbloccare comportamenti non funzionali al tuo benessere. Scrivi a info@onesession.it e consulta le nostre pagine social di Facebook e di Instagram.
Bibliografia
Dunbar, R.I.M. et al. (2012). Social laughter is correlated with an elevated pain threshold. Proceedings of The Royal Society B: Biological Sciences, 279(1731), 1161-7.
Frattaroli, J. (2006). Experimental Disclosure and Its Moderators: A Meta-Analysis. In Psychological Bulletin, Vol. 132, n° 6, pp. 823–865.
Pennebaker, J.W. (2004). Scrivi cosa dice il cuore. Milano: Erickson
Stathopoulou, G. et al (2006). Exercise Interventions for Mental Health: A Quantitative and Qualitative Review. In Clinical Psychology: Science and Pratice, Volume 13, Issue 2, 179–193.
Sitografia https://www.lostudiodellopsicologo.it/psicologia/uscire-storia-finita-male/ https://www.lostudiodellopsicologo.it/psicologia/superare-fine-storia/ https://www.starbene.it/benessere/psicologia/quando-finisce-amore-come-stare-meglio/ https://www.crescita-personale.it/articoli/relazioni/amore/fallimento-in-amore-superare-la-fine-di-una-relazione.html https://www.ipsico.it/news/fine-di-un-amore-termine-di-una-relazione/
5 suggerimenti per superare la paura dell’abbandono
La paura dell’abbandono, come tutti i sentimenti, si presenta in modo diverso da persona a persona.
Per alcune persone il timore di essere abbandonate si manifesta come una costante in tutte le relazioni intime o nella maggior parte di esse.
Chi ne soffre sa che si “innesca” dopo determinate situazioni: una telefonata promessa dal partner ma che tarda ad arrivare o quando viene in mente un pensiero particolarmente negativo, per esempio: “Cosa farei se questa storia finisse?”.
La paura dell’abbandono è di solito associata alla sensazione che le persone importanti siano instabili o non affidabili.
Per questo motivo non continueranno nel tempo a offrire sostegno, supporto, presenza e affetto, abbandonando la persona o addirittura “sostituendola” con qualcun altro “migliore” di lei.
Tale vissuto è associato all’incapacità di poter prendere in considerazione la possibilità che le relazioni possano finire, che l’altro possa allontanarsi, o addirittura lasciarci.
Così, ogni comportamento della persona sarà orientato al mantenimento della relazione, magari nella convinzione che questo significhi “amare”.
Oggi, in questo articolo voglio darvi 5 suggerimenti da mettere in atto fin da subito per imparare a gestire e superare la paura dell’abbandono.
SUGGERIMENTO 1: Riconosci e accetta le tue paure
Le paure non sono sempre qualcosa di negativo, ci aiutano a stare all’erta nei problemi di difficoltà. Studiare, comprendere e accettare le nostre paure è il primo passo per elaborarle e superarle.
Ricordati che in natura il coraggio non esiste. Ma esiste la paura.
La paura che, se guarda in faccia e affrontata, diventa coraggio. Hai mai sentito un eroe che, senza combattere alcuna battaglia è stato definito coraggio?
SUGGERIMENTO 2 – Agire nel presente affinché certe modalità relazionali non si riattivino costantemente
Quindi, fare qualcosa per cambiare e modificare concretamente il tuo agire, soprattutto nelle relazioni. Questo implica il rendersi conto, nella quotidianità, delle dinamiche che si attivano. Serve fare un passo indietro per farne uno in avanti. Qualcosa di alternativo a ciò che, automaticamente, hai la tendenza a mettere in atto.
Chiediti: quali sono le cose che sto mettendo in atto e che anziché risolvere la mia paura dell’abbandono, la stanno mantenendo in vita o addirittura peggiorando?
Ad esempio, in una situazione nella quale il partner sta tardando ad un appuntamento senza avvisare, potrebbe essere utile allenarsi a riconoscere i propri pensieri e le proprie emozioni che ne derivano.
Si può poi scegliere di adottare comportamenti che siano più funzionali per sé (e forse per la relazione stessa). Chiediti sempre: cosa potrei fare di diverso e più funzionale?
SUGGERIMENTO 3 – Esporti, gradualmente, alle situazioni e alle sensazioni che temi di più
Talvolta il timore dell’allontanamento dell’altro è legato anche al timore di non potercela cavare da soli. Può quindi essere utile fare esperienze da sola che ti permettano di sentirti più competente e autonoma. Che incrementino il tuo senso di efficacia personale.
SUGGERIMENTO 4 – Conoscerti davvero
Se nella tua storia relazionale hai avuto spesso la tendenza ad annullarti per allinearti a quelli che erano i desideri degli altri, è importante imparare a conoscerti davvero. Serve riscoprirsi: chi sono io oggi? cosa mi piace davvero? di cosa ho bisogno? cosa non mi piace? Parti dalle piccole cose.
SUGGERIMENTO 5 – Prenditi cura di te
Riconosciti come una persona meravigliosa e meritevole di essere amata. Non inseguire chi non è disponibile o scappa. Le vere relazioni si creano a partire da persone che vogliono partecipare alla relazione perché vogliono conoscerti. Molto spesso chi fugge ha problemi a vivere le relazioni o non è interessato e pertanto meglio lasciarlo andare via senza rimpianti o paranoie.
Tutti questi suggerimenti, consentendoci di vedere meglio noi stessi (e l’altro) per quel che davvero si è, diventano importanti per poter sperimentare una relazione che sia veramente appagante e soddisfacente.
Non è facile sperimentarsi in modalità così diverse da quelle cui siamo abituati. E non è facile tollerare le emozioni che questo comporta. Ma è possibile farlo a piccoli passi.
La terapia a seduta singola può essere un utile mezzo per incrementare la consapevolezza di certe dinamiche, per dare loro un significato ed anche in un singolo incontro si possono trovare strategie efficaci per mettere a tacere la tua paura dell’abbandono. Aiuta a contenere le esperienze emotive dolorose che le accompagnano e sperimentarsi in nuove modalità, nonostante la comprensibile paura, in tempi brevi.
Ti ricordo che ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00 gli Psicologi del One Session Center sono al tuo servizio online e gratuitamente.
Contattaci alla mail info@onesession.it oppure tramite le nostre pagine Facebook e Instagram
Riferimenti bibliografici
Cabras E., Saladino V. (2019). La dipendenza affettiva. Testimonianze e casi di manipolazione e violenza. Roma: Carocci Editore.
Secci E.M. (2015). I narcisisti perversi e le unioni impossibili. Youcanprint Self-Publishing
Sono una Psicologa, specializzata in Dipendenze da sostanze, comportamentali (gioco d’azzardo, shopping, ecc) e relazionali (dipendenza affettiva). Sono formata all’utilizzo della Terapia a Seduta Singola (TSS) e della Terapia Centrata sulla Soluzione, per aiutare le persone a risolvere i loro problemi e tornare al benessere nel più breve tempo possibile, imparando a scoprire e sfruttare al meglio tutte le loro risorse.
4 Consigli per far funzionare una relazione a distanza
Le relazioni a distanza funzionano?
Una canzone diceva: “La lontananza sai è come il vento, che fa dimenticare chi non s’ama”.
E’ vero, quando due persone che stanno insieme vivono separate da chilometri di distanza, il detto “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” può trasformarsi in una realtà e la relazione può essere destinata a finire.
Il periodo trascorso di quarantena ha messo a dura prove molte relazioni che sono state obbligate a rimanere a distanza per andare in contro alla normativa in atto.
C’è chi è sopravvissuto alla mancanza e chi invece ha ceduto e ha deciso di mettere la parola fine.
Cosa vuol dire vivere distanti da chi si ama?
A quanti di voi è capitato di trovarsi lontano dal proprio partner?
Non parlo ovviamente di una separazione temporanea, ma chi per un motivo o per un altro, viveva in un posto diverso rispetto al proprio compagna/o.
Questa condizione tanto temuta da alcuni non è in realtà la fine del mondo, nel senso che molte coppie sono riuscite a far funzionare la relazione nonostante la lontananza.
Ogni relazione comporta delle riflessioni su come gestire il rapporto, su quante volte vedersi, sullo stare insieme e sull’organizzare il proprio tempo.
A maggior ragione, se si parla di relazioni a distanza che sono uno scenario alquanto interessante.
Infatti i partner non sono fisicamente disponibili “ al bisogno” e quindi l’organizzazione del tempo diventa più serrata e organizzata di quanto sarebbe nella quotidianità.
Bisogna interfacciarsi con alcune problematiche:
- la modalità di comunicare è relegata a una sola: online. Non c’è modo di “ prendersi un caffè al volo per parlare”. Manca la fisicità dell’altro.
- La sfera sessuale è relegata a momenti ben precisi e può diventare preponderante in alcuni casi (per la mancanza e l’affetto) rispetto ai conflitti e/o bisogni della coppia.
- Si vivono due vite diverse: i partner non condividono lo stesso ambiente sociale e si costruiscono un identità del tutto assestante in questo senso. Spesso sono soli negli eventi o si privano di altri proprio per poter stare insieme. Diventa difficile organizzare la vita sociale e riuscire a venire a patti con le proprie necessità, perché spesso si va incontro a un sacrifico che non sempre è ricambiato e/o compreso.
- I conflitti, i problemi, la rabbia sono l’aspetto più difficoltoso da gestire a distanza: spesso si va incontro a fraintendimenti, lunghi silenzi e problemi tecnici di comunicazione.
Cosa puoi fare se hai una relazione a distanza?
L’importante è riuscire a creare un identità comune di coppia, anche se la distanza ci mette lo zampino.
I presupposti per una relazione funzionante sono gli stessi che per qualsiasi altra relazione, con la differenza che è richiesto un impegno maggiore dai partner poiché i problemi più semplici vengono spesso amplificati.
1. Create una routine
Decidete quando sentirvi o vedervi. Stabilitelo con chiarezza, creando una routine che vi faccia sentire più vicino, più sicuri e non vi faccia cadere in frustrazione.
2. Condividete
Solo perché lontano, il partner non deve essere escluso dalla vostra vita; al contrario, coinvolgetelo il più possibile, rendendolo partecipe di ciò che vi succede, di quello che pensate, sentite e fate. In questo modo non solo avrete sempre di che parlare, ma vi permetterà di costruire un intimità più profonda.
3. Non lasciatevi rodere dai dubbi
E’ facile cadere preda di dubbi e domande poiché il partner non è “sotto il vostro controllo”; la distanza infatti non aumenta o diminuisce la fiducia che riponete in una persona. Se vi rendete conto che siete sospettosi, gelosi o preoccupati, probabilmente è perché non avete costruito delle valide fondamenta di fiducia in principio e/o perché il comportamento del partner è dubbio o poco chiaro.
In questi casi la miglior strategia è la comunicazione.
4. Non perdete di vista la vostra vita
Come in ogni coppia che funzioni, oltre all’identità comune, è sempre importante costruirsi una propria identità con amici, attività, lavoro e quant’altro.
Solo perché lontani, non rinunciate a ciò che vi piace e non perdete di vista i vostri obiettivi. Ne risentirà anche la relazione.
Se ti rendi conto che hai bisogno di un sostegno in più, puoi decidere di intraprende un percorso psicologico: in questi casi la Terapia a Seduta Singola è utile per risolvere il problema anche in una sola seduta, definendo l’obiettivo, individuando le risorse e utilizzando strategie mirate per il problema in questione.
In alternativa puoi usufruire del nostro centro di ascolto psicologico One Session Center che offre una consulenza gratuita di 30 minuti ogni martedì con uno dei nostri professionisti specializzati nella Terapia a Seduta Singola. Contattaci alla pagina Facebook OneSession.it.
Riferimenti bibliografici
Algeri, D., Guarasci, V., Lauri, S., (2019). La coppia strategica. EPC Editore
Nardone, G. (2018). Psicotrappole ovvero le sofferenze che ci costruiamo da soli: imparare a riconoscerle e a combatterle. Ponte alle Grazie
Sono una psicologa che si occupa di consulenze brevi e di TSS: il mio obiettivo è ridurre i tempi della terapia e massimizzare l’efficacia della seduta, offrendo un sostegno focalizzato e concreto per affrontare sia le piccole che le grandi difficoltà della vita
Come migliorare le relazioni sociali
L’importanza delle relazioni sociali
In psicologia il bisogno è la percezione della mancanza totale o parziale di uno o più elementi che costituiscono il benessere della propria persona.
Può la relazione con gli altri essere considerato un bisogno imprescindibile?
Tra il 1943 e il 1954 lo psicologo statunitense Abraham Maslow concepì il concetto di “Hierarchy of Needs” (gerarchia dei bisogni o necessità) e la divulgò nel libro Motivation and Personality del 1954.
Questa scala di bisogni è suddivisa in cinque differenti livelli, dai più elementari (necessari alla sopravvivenza dell’individuo) ai più complessi (di carattere sociale). L’individuo si realizza passando per i vari stadi, i quali devono essere soddisfatti in modo progressivo.
Questa scala è internazionalmente conosciuta come “piramide di Maslow”.
Partendo da questi presupposti riflettiamo sul pensiero di Aristotele.
Il filosofo greco (IV secolo A.C.) sostenne che l’uomo è un animale sociale poiché tende a formare e stare con gruppi di individui.
Dunque se il bisogno è esclusività per l’uomo e quindi anche la sua socialità, possiamo considerare questa come un bisogno primario dell’uomo che per necessità differenti la utilizza per il suo benessere psicologico.
Strategie per migliorare le relazioni sociali
E’ possibile allenare le relazioni sociali?
Ogni comportamento può essere migliorato attraverso la messa in atto di strategie che possono favorire il legame con l’altro.
Siamo immersi in ambienti differenti e ci comportiamo con le persone in modo diverso a seconda del ruolo, gerarchia, legame che instauriamo con gli altri.
Molte variabili intercorrono per promuovere la nostra socialità, dagli aspetti culturali, l’educazione, dalle nostre emozioni e temperamento.
Ognuno di noi porta con sé delle risorse, dobbiamo scoprirle ed utilizzarle al meglio.
Il nostro atteggiamento deve essere curioso ed aperto all’altro.
Ascoltiamo in modo attento ed interessiamoci all’altro modulando in modo corretto le interazioni comunicative.
Essere gentili ed accoglienti aiuta a creare un buon clima di fiducia.
Più il linguaggio è diretto e privo di contraddizioni meglio verranno recepiti i messaggi che si vogliono trasmettere.
Essere empatici aiuta a comprendere i bisogni dell’altro ed accettare le critiche costruttive può migliorare la nostra percezione e dunque il porsi in relazione all’altro.
Uscire dal proprio egocentrismo e prevedere più punti di vista aiuta ad essere flessibili e dunque a saperci adattare con persone diverse che hanno pensieri differenti.
“L’altro” può essere una risorsa e un arricchimento per noi stessi e per noi in relazione a lui. Il confronto è strumento principe per entrare in contatto e scambiare idee, opinioni e riflessioni.
Benefici di buone relazioni
Avere una buona rete di relazioni sociali permette di poter esplorare altri stili di vita e questa conoscenza arricchisce i nostri comportamenti.
Creare situazioni nuove di apprendimento sociale aiuta ad ampliare le nostre vedute e ci consente di rimodularci ogni volta con l’altro trovando equilibri diversi.
Esplorare ambienti, ci permette di fare esperienze nuove che ci possono immettere in un nuovo processo di conoscenza di noi stessi.
L’altro e la relazione con lui può aiutarci a conoscere meglio noi stessi, riconoscere le nostre mancanze e colmarle grazie alle scoperte che le relazioni sociali ci offrono.
Essere liberi da ogni forma di pregiudizio o credenza sia su noi stessi che sugli altri aiuta a essere più sereni ad aperti nella relazione e nella ricerca di relazioni.
Essere predisposti al cambiamento è la formula vincente per apprendere dalle relazioni, mettersi in movimento è il primo passo.
Se sentissi il bisogno di parlare con uno specialista, non esitare a chiedere aiuto: ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 minuti.
Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare la nostra pagina FB OneSession.it
Riferimenti bibliografici
http://www.societapartecipativa.it/blog/ (consultato in data 23/06/2021) http://dentrolatanadelconiglio.com/relazioni-interpersonali.html (consultato in data 24/06/2021 https://www.psicologiadellavoro.org/(consultato in data 28/07/2021)
Psicologa & Psicoterapeuta in formazione. Specializzata in Potenziamento Cognitivo e Psicologia Scolastica. Ordine degli Psicologi della Lombardia n.03/13262
5 suggerimenti per avere una relazione di coppia sana
La relazione di coppia è un legame paritario, tra due persone, basato sulla scelta reciproca di amarsi e rispettarsi con fiducia.
Amore, parità, autonomia, reciprocità, rispetto, fiducia e piacere solo sono alcuni degli ingredienti base per vivere un rapporto sano.
La parola Relazione, dal latino Relatum= “portare indietro”, “ricambiare”, “rinnovare”, ci india un movimento, un dinamismo interiore ed esteriore, dei partners.
La dinamicità è elemento essenziale e imprescindibile alla vita, e in una relazione sana e vitale non poteva mancare… In fondo, chi vuole morir di noia?? Un rapporto fermo perde il piacere di esistere.
In una relazione di coppia c’è uno scambio di elementi, così come all’interno della persona stessa.
Ogni partner porta con sé risorse e limiti, esperienze, tradizioni e amicizie del passato, ma anche credenze ed emozioni costruite nel presente, desideri e aspettative per il futuro personale e della coppia.
Questa molteplicità di dimensioni che si intrecciano, va valorizzata e al contempo confinata nel giusto ordine, per costruire un rapporto sano e piacevole.
Ma, non basta l’amore? Si… e no. È necessario che il sentimento sia accompagnato da scelte e comportamenti concreti e reciproci per essere alimentato.
Vediamone alcuni.
1. Fare squadra
La vita di relazione è un po’ come una partita, in cui ogni giocatore fa la sua parte, concordata, al meglio.
L’avversario non è l’altro, ma la noia e l’abitudine. Il dare tutto per scontato.
Quando una squadra pensa già di vincere, di conoscere ogni mossa, smette di comunicare e guardarsi per decidere una comune strategia. Abbassa la guardia. I componenti si muovono come isole. Risultato, il più delle volte perde.
Siate complici, supportandovi reciprocamente. Aiutatevi nella gestione della casa. Ognuno scelga dei servizi secondo le proprie abilità e passioni. E ruotate per i rimanenti. Condividete le vostre difficoltà, prima che diventino insormontabili, e confrontatevi.
2. Ringraziare
Due volte a settimana ringraziatevi per ciò che l’altro si è proposto di fare, per ciò che ha condiviso, per l’attenzione mostrata, soprattutto per le piccole cose.
Fatevi complimenti, ed esprimete le vostre emozioni positive e negative. A turno, l’altro ascolti senza pregiudizio.
Questo alimenterà la soddisfazione e il piacere di aver pensato all’altro e quindi alla coppia. Soprattutto ci si sentirà accettati e rispettati per ciò che si è, per le differenze che uniscono e non allontanano. E anche la sessualità ne beneficerà.
3. Effetto sorpresa
Essenziale è alimentare la piacevolezza in una relazione di coppia. Dedicate del tempo a voi.
La quotidianità può far credere di passare già troppo tempo insieme o di non averne affatto. Il tram tram può abbassare il desiderio sessuale e l’intimità emotiva e fisica. L’abitudine spegne la voglia di aprirsi alla novità. Non mollate! Puntate all’obiettivo della coppia.
A sorpresa l’uno decida un’attività da fare insieme all’altro, organizzi tutto nei dettagli. E l’altro accolga fiduciosamente. Anche in questo caso, benessere ed equilibrio nascono dall’attenzione e scambio reciproci!
4. Piccoli aggiustamenti
Ognuno è diverso e unico, così come ogni coppia, e incastrarsi non è sempre automatico. Ma soprattutto non è necessario esserlo, non su tutto… anzi! Ciò che è importante è trovare il giusto equilibrio all’interno della coppia. Non aspettare che le cose cambino da sole, o che l’altro cambi.
Si possono fare piccoli aggiustamenti reciproci. Accomodamenti per trovare la vostra conformazione. Diversamente, si possiede la persona, si usa un potere che distrugge la parità e la reciprocità. Elementi fondanti una relazione di coppia sana.
Ricordate, l’opposto dell’amore è il possesso, il potere, non l’odio. Un modo per non cadere in questa trappola è riconfermare la propria scelta, ogni giorno.
5. Autonomia e priorità
La priorità è la coppia.
È vero che ogni partner porta con sé un passato che non va rinnegato, ma deve avere il suo giusto posto nella storia della coppia. È opportuno svincolarsi dalla famiglia d’origine, soprattutto quando per mille motivi interferisce con le scelte della coppia e la sua intimità.
A volte il partner interessato non mette dei confini e l’altro subisce l’invasione. Il risultato? Liti e Separazione.
Tra le priorità non dimenticate i progetti comuni e quelli personali, da supportare e non da ostacolare! La coppia necessita di spazi propri per nutrirsi e crescere, staccando dalla quotidianità. Al contempo è composta da individui che devono coltivare interessi personali.
Prendersi cura di sé e dei propri spazi, non significa escludere l’altro, ma contribuisce ad arricchire la coppia stessa. L’autonomia favorisce l’accettazione delle differenze, dunque a riconfermare la propria scelta e ad evolvere. Diversamente la frustrazione di perdere parti di sé, a lungo andare produce allontanamento, rancori, apatia.
Laddove non ci sia stata evoluzione nella relazione, si avrà un rapporto conflittuale, silente oppure simbiotico.
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Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare la nostra pagina FB OneSession.it
Riferimenti Bibliografici
Algeri, D. (2018). La coppia strategica: Guida pratica per un sano rapporto di coppia. Roma- EPC Srl Socio Unico.
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https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2014/09/18/cassazione-nulle-le-nozze-del-marito-mammone_53e6df00-b5ee-4947-b754-421239bdef9c.html (consultato in data 22/7/2021)