Terapia a Seduta Singola per affrontare la timidezza
La timidezza può essere un ostacolo.
Ti è mai capitato di sentirti a disagio in situazioni sociali? O nell’incontrare altre persone?
Di avere paura del giudizio negativo degli altri?
Ti senti inadeguat* nelle situazioni sociali e questo ti genera sofferenza?
Hai mai avuto difficltà ad avviare una conversazione?
O a creare amicizie, ad innamorarti?
Se è così sappi che sei semplicemente una persona timida, come il 60% degli Italiani, del resto.
La timidezza è definita come l’incapacità di rispondere in modo adeguato alle situazioni sociali. Come ben saprai, se sei una perosna timida, la timidezza è caratterizzata da componenti affettive, cognitive e comportamentali.
Ma…Allarme spoiler! La timidezza non è né un disturbo, né un tratto di personalità, è semplicemente “un’incompetenza” nell’affrontare situazioni sociali.
C’è quindi un’ottima notizia per te!
Se infatti la timidezza è solamente una questione di mancanza di esperienza o di strategie efficaci allora basterà semplicemente apprendere nuove strategie e diventare un’esperto/a di situazioni sociali per cambiare le cose!
Ovviamente stiamo parlando del caso in cui la tua timidezza tenda a renderti la vita difficile: a crearti barriere personali, sociali, professionali e quindi a portarti un disagio significativo tanto da spingerti a voler affrontare la questione.
È sempre molto importante ascoltare i propri bisogni e migliorarsi per stare meglio. Quindi, in questo caso, può essere importante per te cercare nuove e diverse strategie per vivere in modo più sereno le situazioni sociali.
Infatti, in misura lieve, la timidezza è molto diffusa, dipende solo da te e da quanto essa impatta nella tua vita e da quanto vuoi concederti di stare meglio. In altre parole: come già detto, essa non è una patologia o una problematica di per sè, ma puo’ diventare un’ostacolo a livello soggettivo per la singola persona e le nostre necessità non vanno mai messe in secondo piano.
Cosa fai e sarebbe meglio non fare?
Se stai leggendo questo articolo, molto probabilmente, sei una persona timida. Può darsi che tu tenda spesso a focalizzare l’attenzione sul tuo mondo interiore: sui tuoi pensieri, emozioni e comportamenti. Questa è una delle Tentate Soluzioni che molto spesso infatti i/le timidi/e mettono in atto.
Mi spiego meglio. Se ti trovi ad una festa, da brava persona timida, ti concentrerai molto sui tuoi comportamenti e cercherai di pensare come essi possano essere considerati dagli altri, temendo fortemente il loro giudizio. Spenderai molte energie nel concentrarti sul disagio che provi, nel pensare a come potresti provarne meno. Ti farai domande come: “Sono nel posto giusto?”, “Sono giust* per questo posto?”, “Sono all’altezza?”, “Ho fatto bene a venire?”, “Penseranno che sto malissimo vestit* così?”. Queste ed altre domande simili sono focalizzate sul disagio emotivo che stai provando, sul tuo imbarazzo, sulla paura del giudizio degli altri e sulla tua sensazione di inadeguatezza. Tutte queste domande generano un circolo vizioso alimentando la tua ansia e la tua sensazione di disagio. Infatti più tenterai di sforzarti a risolvere tali interrogativi più te ne verranno inevitabilmente di nuovi : “Sono all’altezza? Beh se mi hanno invitata forse lo sono, ma allora perché mi sento a disagio? Non sono capace a gestire queste situazioni, ma cosa sbeglio?Sicuramente potrei vivermi la festa con più leggerezza, ma perché non ci rieco?…”.
Le Tentate Soluzioni Disfunzionali sono infatti quelle che attuiamo provando a risolvere le nostre difficoltà, ma quello che facciamo risulta inefficace o addirittura peggiora il problema.
In questo caso il cercare di controllare la situazione e il giudizio altrui ponendo molta attenzione ai prorpi comportamenti e ragionando sulle prorpie insicurezze porta solamente ad aumentare la timidezza e a non vivere con serenità la situazione sociale della festa.
Seduta singola: diverse strategie
Sicuramente non basterà importi di non pensare al tuo imbarazzo, alla paura del giudizio ed alla tua timidezza. Infatti più cercherai di sforzarti a non pensarci più ci penserai (paradosso del controllo che fa perdere il controllo).
Puoi però provare ad utilizzare la Tecnica della Distrazione. Quando ti accorgi, in una situazione sociale, di concentrarti troppo sul tuo mondo interiore prova a dedicati ad altro, ad attività che portino la tua mente altrove. Queste distrazioni possono essere diverse per ciascuno a seconda delle risorse che la persona ha in se stessa.
Se ti rendi conto di aver bisogno di un aiuto in più, puoi rivolgerti ad uno/a psicologo/a per una consulenza psicologiga sulla timidezza. Ciò ti permetterà di risparmiare tempo prezioso e cominciare ad attuare da subito un cambiamento funzionale e durevole nel tempo.
La metodologia a Seduta Singola può essere una delle metodologie efficaci per la tua timidezza. Infatti insieme allo/alla psicologo/a potrai evidenziare le tue risorse e lavorare fin dalla prima consulenza sulla tua timidezza e su delle strategie efficaci che potrai utilizzare nelle situazioni sociali, subito dopo la seduta, non permettendo più alla timidezza di averla vinta.
Infatti, la metodologia a Seduta Singola è caratterizzata da un agire concreto e focalizzato (a volte una singola seduta è sufficiente) ed ha dimostrato una notevole efficacia di intervento, sia nel breve che nel lungo periodo. Puoi anche pensare di ricercare una consulenza psicologica online che ha la stessa efficacia di quella dal vivo.
Pront* per la prossima festa?!
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Riferimenti bibliografici
Cannistrà, F., & Piccirilli, F. (2018). Terapia a seduta singola. Principi e pratiche. Giunti
Coles, M. E., & Horng, B. (2006). Social anxiety disorder. Comprehensive handbook of personality and psychopathology, 138.
Henderson, L., Zimbardo, P., & Carducci, B. (2010). Shyness. The Corsini encyclopedia of psychology, 1-3.
Nardone, G. (1993). Paura, Panico, Fobie. La terapia in tempi brevi. Milano: Ponte alle Grazie.
Watzlawick, P., Weakland, J., Fisch, R. (1974). Change. La formazione e la soluzione dei problemi. Roma: Astrolabio, 1975.
Come imparare a porsi obiettivi raggiungibili
Fatichi a raggiungere i tuoi obiettivi, e questo è causa di grande frustrazione? Sei sicuro di porti degli obiettivi raggiungibili? In questo articolo andremo a capire meglio come impostare i propri obiettivi in maniera efficace.
Definire l’obiettivo
Gli antichi latini insegnavano che “la nave non va da nessuna parte se non conosce la rotta”.
Per conoscere la rotta, definirla ed immaginarla è necessario avere una forte motivazione che fornisce l’energia all’individuo per poter arrivare alla meta.
In una prima fase di ragionamento, circa ciò che si vuole raggiungere, bisogna essere attenti a non confondersi con il desiderio.
Il desiderio può essere inteso come un sentimento di ricerca appassionata o di attesa del possesso, è tutto quello che piacerebbe fare o avere ma non è presente un impegno volontario per il raggiungimento dello stesso.
Manca nel desiderio il concetto di sacrificio e messa in discussione della realtà che circonda l’individuo.
Un obiettivo invece è ciò che siamo in grado di identificare, misurare e quantificare.
E’ ciò che si vuole ardentemente raggiungere, presenta consapevolezza delle azioni molto impegnative per il raggiungimento del proprio scopo.
Nell’obiettivo c’è un investimento personale che accoglie tutte le risorse ed esse vengono investite per volontà conscia.
Il desiderio potrebbe non trasformarsi mai in obiettivo se non viene contestualizzato e se non vengono fatte concretamente le azioni necessarie per trasformarlo in obiettivo.
Un desiderio diventa un obiettivo nel momento in cui viene stabilito un piano d’azione per realizzarlo.
La differenza principale sta nella contestualizzazione, ovvero nella concretezza delle operazioni che svolgiamo per raggiungere ciò che vogliamo.
Obiettivi SMART
Avere un pensiero chiaro è la prima azione utile da mettere in atto.
Ci sono modi di pensare funzionali e altri meno, alcuni costruttivi e altri distruttivi.
Il modo di pensare determina il modo di vivere ed essere perché dal mindset dipendono le reazioni alle situazioni.
Citato per la prima volta in una pubblicazione nel 1981 da George T. Doran e ampliato successivamente dal professor Robert S. Ruben, SMART è un acronimo che significa: Specific (specifico), Measurable (misurabile), Achievable (Raggiungibile), Realistic (Realistico), Time bound (definito nel tempo).
Il criterio SMART afferma che gli obiettivi per essere attuabili devono avere queste caratteristiche.
Specifico: essere chiari e precisi a proposito degli obiettivi e aspettative è il primo passo per arrivare alla meta.
Se la definizione è troppo ampia, gli obiettivi diventano difficili è c’è maggior rischio di incorrere in errori e fraintendimenti.
Misurabile: occorre capire a che punto ci si trova del percorso per pensare ai passi successivi. Quantificare i comportamenti, le azioni sarà utile per valutare le proprie prestazioni e rimanere sulla rotta.
Raggiungibile: è importante considerare gli obiettivi realistici senza essere troppo ambiziosi.
La motivazione dovrà essere alta e bisogna tener conto dei limiti interni ed esterni , il percorso deve essere sostenibile.
Realistico: oltre che realizzabili, gli obiettivi devono essere pertinenti. Avere obiettivi troppo facili non favoriscono il miglioramento se sono troppo complessi il rischio è una bassa motivazione e una perdita di coinvolgimento. Bisogna costantemente verificare in itinere il giusto equilibrio del percorso che si sta effettuando.
Definire il tempo: nella fase di pianificazione delle azioni utili al raggiungimento degli obiettivi occorre pensare alla tempistica.
Un obiettivo definito nel tempo può prevedere un punto di inizio e un punto di fine oppure tappe intermedie.
Utile sarà comprendere il monitoraggio giornaliero, settimanale o mensile.
Azioni strategiche per raggiungere obiettivi
- Definire le priorità dei comportamenti da attuare prima di compiere il primo passo.
- Analizzare bene le aree da cui partire e se una parte richiede più sforzo, suddividere il compito in piccoli obiettivi più specifici.
- Compiere piccoli passi e rispettare il proprio tempo.
- Essere flessibili con gli imprevisti.
- Prevedere anticipatamente dei percorsi alternativi nel caso in cui ci fosse un’inconveniente.
- Prevedere una fase di rivalutazione degli obiettivi iniziale alla luce di ciò che si sta compiendo. Migliorare è sempre possibile!
- Ricordare di osservare i progressi e di riconoscere a se stessi il valore del proprio lavoro.
- Celebrare il successo quando sono evidenti i traguardi raggiunti.
- Essere costanti e creare nuove abitudini consente di consolidare i progressi e dirige verso impegno e disciplina.
- Ricordare di essere precisi ma poco severi con se stessi.
Impostare un pensiero strategico consente di pensare l’obiettivo finale ma anche di poter risalire al punto in cui ci si trova e ritracciare la propria rotta.
Le ipotesi aiutano a riflettere, il confronto aiuta a scegliere.
Ricordare di porsi sempre obiettivi.
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Riferimenti bibliografici
https://www.metodo-ongaro.com/blog/come-porsi-degli-obiettivi-e-raggiungerli (consultato in data 04/02/2022)
https://www.corriere.it/native-adv/chebanca-longform03-come-imparare-a-darsi-obiettivi.shtml (consultato in data 09/02/2022)
https://www.wikihow.it/Definire-degli-Obiettivi-e-Raggiungerli (consultato in data 09/02/2022)
https://www.mirkocuneo.it/importanza-degli-obiettivi/(consultato in data 09/02/2022)
Psicologa & Psicoterapeuta in formazione. Specializzata in Potenziamento Cognitivo e Psicologia Scolastica. Ordine degli Psicologi della Lombardia n.03/13262
5 strategie di comunicazione che danneggiano la tua relazione di coppia
La Comunicazione di coppia è uno degli ingredienti fondamentali per fare in modo che la coppia funzioni.
A volte pensiamo, erroneamente, che debbano accadere sempre grandi eventi – tradimenti, bugie, problemi nell’educare i figli – perché all’interno di una coppia si creino attriti, incomprensioni e litigi.
In realtà dimentichiamo uno degli aspetti fondamentali di una relazione, del vivere l’uno accanto all’altra: mi riferisco al fatto che la coppia, interagendo, prima di qualsiasi altra cosa comunica, dialoga, potremmo dire ‘vive nella comunicazione’.
Proprio per questo motivo è importante riconoscere quali errori comunicativi sono presenti nella comunicazione di coppia per modificarli ed eliminarli.
Vediamo in questo articolo quali sono.
1. Puntualizzare
Come scriveva Oscar Wilde, ‘con le migliori intenzioni si ottengono gli effetti peggiori’. Ed è quello che succede nel momento in cui puntualizzi costantemente qualcosa al partner.
Puntualizzare, significa chiarire, specificare e precisare, anche in modo eccessivo e pesante, le situazioni e le condizioni, le sensazioni e le emozioni nel rapporto con l’altro.
“Guarda che si fa così…”, “Mi raccomando…”, “Guarda che in realtà…”
Puntualizzare è un tipo di comunicazione che apparentemente può far pensare ad una strategia per evitare quegli equivoci e quelle incomprensioni che potrebbero trasformarsi in attriti e conflitti. In realtà avviene esattamente il contrario: è proprio il puntualizzare che prepara il terreno per i conflitti. È, infatti, fastidioso sentirsi sempre dire e spiegare come stanno i fatti o come dovrebbero essere per funzionare meglio.
2. Recriminare
È sicuramente un ingrediente altamente velenoso!
Recriminare fa leva sui sensi di colpa dell’altro, ponendo sul banco degli imputati in un processo infinito. E qualsiasi persona, quando si trova sotto processo, reagirà attaccando o fuggendo.
Le accuse sono facilmente riconoscibili: sono sempre alla seconda persona singolare “TU” e contengono parole come “sempre” e “mai”.
3. Rinfacciare
“Mi sono sacrificato per te!”, “Non sai quanto mi è costato venire a quella cena!”
Colui che rinfaccia si pone come vittima dell’altro e, da questa posizione di dolore, usa la propria sofferenza per indurre il partner a correggere quei comportamenti che l’hanno generata. Spesso con scarsi risultati.
4. Predicare
Questa strategia disfunzionale consiste nel proporre ciò che è giusto o sbagliato a livello morale e, sulla base di questo giudizio, esaminare e criticare il comportamento dell’altro. Ma si sa…l’effetto sermone non fa altro che aumentare la voglia di trasgredire alle regole.
5. Biasimare
Biasimare è una forma di comunicazione che non contiene una critica diretta, diversamente dalle altre forme di comunicazione che abbiamo visto sopra.
Chi biasima solitamente utilizza in un primo momento dei complimenti, ma subito dopo essersi complimentato aggiunge una seconda parte in cui afferma che avrebbe potuto fare di più o fare meglio o fare qualcosa di diverso.
Chi riceve questa comunicazione rimane interdetto perché riceve due messaggi contrastanti.
Biasimare è una strategia incredibilmente efficace per creare problemi quando non ce n’è nemmeno l’ombra!
Altri atti comunicativi fallimentari
“Te l’avevo detto!” una sentenza in grado di scatenare le furie anche della persona più mansueta.
“Lascia…faccio io” che appare come una gentilezza ma che in realtà nasconde una forma di sottile squalifica delle capacità dell’altro.
“Lo faccio solo per te” sacrificandosi per l’altro in modo unidirezionale, facendolo sentire in debito e inferiore poiché bisognoso di tale gesto di “generosità”.
In conclusione…
Parafrasando Wittgenstein: “le parole sono come pallottole”, dobbiamo quindi imparare a usarle accuratamente, per non creare danno a noi stessi e agli altri.
E tu quale tipo di comunicazione rintracci all’interno della tua coppia?
Se sentissi il bisogno di parlare con uno specialista, non esitare a chiedere aiuto: ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 minuti.
Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare la nostra pagina FB OneSession.it
Riferimenti bibliografici
Nardone, G. (2005). Correggimi se sbaglio. Milano: Ponte alle Grazie.
Zeig, J., Kulbatski, T. (2012). I dieci comandamenti della coppia. Milano: Ponte alle Grazie.
Sono una Psicologa, specializzata in Dipendenze da sostanze, comportamentali (gioco d’azzardo, shopping, ecc) e relazionali (dipendenza affettiva). Sono formata all’utilizzo della Terapia a Seduta Singola (TSS) e della Terapia Centrata sulla Soluzione, per aiutare le persone a risolvere i loro problemi e tornare al benessere nel più breve tempo possibile, imparando a scoprire e sfruttare al meglio tutte le loro risorse.
Terapia a Seduta Singola: Terapia al Bisogno
Nuovi bisogni nel nostro tempo
Cercando nel vocabolario il significato della parola bisogno, possiamo notare che viene dal termine germanico bisundhi che significa lavoro, cura.
Non solo necessità di procurarsi qualcosa che manca, ma impegno e capacità di fare e costruire.
L’idea che fare un percorso di psicoterapia comporti un enorme dispendio di tempo e di denaro si discosta molto dalle nostre vite così smart e rapide.
Il nostro tempo, infatti, è caratterizzato dalla velocità, dall’accelerazione della Storia che pone nuove emergenze, nuove condizioni, nuove scelte da compiere.
Il rischio nel non stare a passo con questo rapido andare è di sentirsi smarriti, senza riferimenti sicuri, e di rinunciare a dare il proprio contributo costruttivo.
Questa velocità ci vede desiderosi di raggiungere traguardi, sogni, oggetti in maniera semplice e immediata. In questo desiderio rientra anche l’attenzione alla salute mentale.
La sfida di poter dare risposta ad un disagio in maniera istantanea è di certo allettante.
Questa sfida impone oggi allo psicologo la ricerca di nuovi strumenti per aiutare le persone nel momento in cui ne hanno bisogno, accompagnandole nel raggiungimento dell’obiettivo di cui hanno bisogno, nel tempo in cui ne hanno bisogno.
L’emergenza pandemica ci ha prepotentemente insegnato che qualsiasi certezza può sgretolarsi. Abbiamo accettato un cambiamento epocale in tempi molto brevi.
Il digitale e la socialità on line si sono rivelati strumenti potenti e alla portata di tutti.
Cena, spesa, acquisti, tutto direttamente sul pianerottolo di casa.
Anche lo psicologo è entrato nelle nostre case, attraverso le sedute on-line ed è più vicino alle nostre necessità.
Il tempo ha rallentato la sua corsa ma il vivere si è accelerato.
Il coronavirus ha ridisegnato una nuova normalità.
Nuovi bisogni, anche nella salute mentale.
Una risposta efficace a queste nuove necessità è data dalla Terapia a Seduta Singola.
Una risposta al bisogno nel momento del bisogno.
Cosa è la Terapia al Bisogno
La Terapia a Seduta Singola mette a disposizione delle persone la possibilità di un numero limitato di incontri. Concentrando il lavoro su ciò di cui hanno bisogno in quel momento.
Talvolta il numero degli incontri può anche essere uno soltanto.
Ciascuno di noi ha dei bisogni.
La possibilità di soddisfarli in un tempo breve, può diventare una grande conquista sia temporale che materiale.
La Terapia a Seduta Singola affonda le sue radici teoriche nel costruttivismo, dando alla persona la possibilità di cercare e costruire nuove realtà e di innescare un cambiamento consequenziale.
Un cambiamento nella percezione di se stessi, degli altri e del mondo.
Un terapeuta al bisogno offre un aiuto immediato ed efficace.
Massimizza tempi e risultati di ogni singolo incontro e lo fa non perdendo mai di vista la persona e le sue necessità.
La persona viene coinvolta in un processo fatto su misura per lei.
Penso alla realizzazione di un abito sartoriale. L’abito sarà cucito sulla persona, seguendo le linee del suo corpo.
Sarà pertanto unico nel taglio e nello stile. Quello stesso abito non potrà calzare a pennello su nessun altro.
Questo farà sentire chi indossa quell’abito, a proprio agio. Comodità e senso di appartenenza, oltre alla soddisfazione di aver partecipato alla realizzazione di un capo fatto su misura.
La partecipazione farà sentire la persona parte attiva di un processo al quale si sentirà profondamente legata.
Costruire insieme rappresenta un elemento di distinzione per il terapeuta nella enorme offerta di professionisti presenti nel mercato della salute mentale.
Per la persona invece costituisce una linea guida nella scelta tra i tanti servizi offerti.
Un servizio psicologico al bisogno che si adegua ad una società profondamente cambiata.
Una società in cui i bisogni delle persone e le persone stesse sono in continua evoluzione. Non possiamo, come operatori sanitari, restare fermi a guardare.
Pensare che il nostro metodo sia universale e che siano i fruitori dei nostri servizi a doversi adeguare, altro non farà che allontanare da noi i clienti o i potenziali clienti.
Perché scegliere una Terapia a Seduta Singola?
I motivi possono essere molteplici:
- lo psicologo ha un ruolo diverso rispetto a quello che culturalmente hanno in mente le persone.
Non è colui che risolve i problemi.
Non ha nessun superpotere o pozione magica.
Semplicemente aiuta a risolvere un problema, tenendo conto di diversi obiettivi e proponendo al cliente diverse possibilità.
Tra queste verrà poi individuata, in un processo di co costruzione, quella più calzante sulla persona.
Il tutto all’interno di un servizio capace di sposare le logiche e le nuove tendenze del nostro tempo, per andare incontro alle esigenze di costi e di tempi di ciascuno.
- uno psicologo può sbloccare la persona, avviando un processo di cambiamento.
Tale processo avrà il potere di innescare un meccanismo a catena.
Un piccolo passo, richiamerà a sè altri passi fino a raggiungere la meta finale.
La richiesta è quella che lo psicologo aiuti a premere il tasto di avvio, dia la spinta giusta affinchè la persona continui da sola il percorso e diventi artefice del proprio cambiamento.
- Rivolgendoti ad uno psicologo puoi dare una nuova chiave di lettura del problema.
Questo permetterà un cambio di prospettiva e la possibilità di intravedere nuove soluzioni.
Il parere dell’esperto viene ricercato per comprendere meglio e tranquillizzarsi rispetto ad una determinata situazione.
- lo psicologo offre uno spazio all’interno del quale sentirsi liberi di esprimersi. Senza critica o giudizio.
La ricerca di un momento per liberarsi di pensieri, emozioni, preoccupazioni.
L’idea di una terapia al bisogno può sembrare forte e rivoluzionaria ma in realtà la applichiamo in tanti ambiti della nostra vita.
Lo facciamo senza accorgercene.
Andiamo dall’oculista perché ci dia una nuova prescrizione di lenti, dal momento che notiamo di non vedere bene da lontano.
Oppure dal gommista per sostituire la ruota bucata.
O ancora dal dentista per curare una carie.
Funziona così anche per i bisogni psicologici.
Certo ci saranno situazioni che necessiteranno di tempi maggiori, ma allo stesso tempo ci saranno problemi risolvibili in tempi brevi.
A fare la differenza sono sia la persona con le sue risorse che lo psicoterapeuta con la sua capacità di porre al centro la persona.
E se dovessi aver bisogno “al bisogno” di un professionista formato in Terapia a Seduta Singola, ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 Minuti.
Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare la nostra pagina FB OneSession.it
Riferimenti bibliografici
Cannistrà F., Piccirilli F. (2021). Terapia Breve Centrata sulla Soluzione. Roma: EPC Editore
Psicologa, Mediatrice Familiare, Esperta in Scienze Forensi
Terapia a Seduta Singola e Binge Eating Disorder
Il rapporto tra l’uomo è il cibo è un rapporto complicato.
Sappiamo quanto sia importante fisicamente e psicologicamente avere una corretta alimentazione e al contempo sappiamo quanto sia difficile mantenerla.
Il rapporto con il cibo è spesso controverso: alcuni si concedono gli eccessi, altri se ne privano del tutto; c’è chi non svolge attività fisica e chi al contrario ne abusa.
Mangiare è un piacere e al contempo una maledizione, soprattutto se consideriamo che non mangiamo solo “per fame” ma anche per socializzare; sono tanti i momenti in cui il cibo può trasformarsi in un premio o in una punizione e per alcuni strutturarsi come un problema.
Che cos’è il Binge Eating Disorder (BED)?
Quando parliamo di Disturbo Alimentare, ci riferiamo a un alterazione delle abitudini alimentari che comportano conseguenze sia fisiche che psicologiche, a causa dell’eccessiva preoccupazione rispetto al peso o alla forma del proprio corpo.
Il BED insorge tardi, tra i 25 e i 35 anni.
Il Binge Eating Disorder è stato inserito tardi nei Disturbi della nutrizione e della alimentazione; solo con il sopraggiungere del DSM-5.
Ciò che caratterizza questo disturbo è l’abbuffata: si presenta almeno 1 o 2 volte a settimana, senza che la persona ricorra in seguito a condotte di eliminazione.
L’abbuffata si alterna poi a periodi di digiuno e di restrizione alimentare piuttosto rigida che conducono ad abbuffarsi nuovamente.
Il comportamento cardine è la difficoltà nel controllare l’impulso a mangiar, motivo che spesso porta le persone che soffrono di BED all’obesità.
Ma cosa significa abbuffarsi?
L’abbuffata deve soddisfare alcuni parametri per essere ritenuta valida: non sto descrivendo infatti un momento di “sgarro” o cui la concessione di un alimento in più del necessario; al contrario l’abbuffata è riconoscibile per:
- Una quantità di cibo ingerita in un tempo limitato che è decisamente superiore al quantitativo normale che si ingerirebbe in quello stesso arco di tempo
- Una sensazione di totale perdita di controllo nei confronti del cibo.
L’abbuffata compulsiva presenterà almeno tre di questi tratti:
- Mangiare molto più rapidamente del normale;
- Mangiare fino ad avere una sensazione dolorosa;
- Mangiare grandi quantità di cibo pur non sentendo fame;
- Mangiare in solitudine a causa dell’imbarazzo per le quantità di cibo ingerite;
- Provare disgusto di sé, intensa colpa o disagio dopo aver mangiato troppo.
Ricapitolando, chi soffre di BED avrà difficoltà a controllare l’impulso a mangiare e 1 o 2 volte a settimana sarà vittima di un abbuffata compulsiva, alternata a periodi di rigido controllo alimentare.
Il controllo che fa perdere il controllo.
Il problema fondamentale è l’impossibilità di trovare un equilibrio tra il controllo e la perdita dello stesso; questo circolo vizioso infatti mantiene in vita il problema stesso.
«Niente è piu’ irresistibile di un divieto da trasgredire» O. Wilde
Pensaci! Più tenti di controllarti e più hai difficoltà nel farlo. Se hai deciso di vietare rigorosamente la cioccolata, incontrerai forti difficoltà a resisterle –quando avrai la possibilità di mangiarla- a causa di un crescente desiderio scatenato dall’auto imposizione.
Finirai per mangiarne più del necessario.
Come diceva Oscar Wilde: “ il miglior modo per resistere a una tentazione, è cedervi”
Cosa puoi fare?
Il primo passo è riprendere il controllo sul cibo e modificare le convinzioni errate che sono alla base dei tuoi divieti e delle tue paure rispetto a particolari cibi.
In secondo luogo, ridurre le abbuffate, costruendo un equilibrio alimentare.
- Controlla il cibo concedendotelo:
Ho appena spiegato come i divieti accrescono il desiderio. Anziché avere un controllo eccessivo e restrittivo del cibo, è importante che impari a concedertelo ed evitare di assumere un atteggiamento di totale e rigido rifiuto.
- Restringere senza restrizioni:
Prova a mangiare quanto vuoi e quello che vuoi ma all’interno dei tre pasti principali. Circoscrivi l’atto del mangiare in un tempo ben definito, concedendoti però tutto quello che vuoi.
- Fai una lista:Ogni mattina ti alzi e puoi scrivere una rapida lista pensando: “se oggi volessi peggiorare le mie abitudini alimentari, cosa dovrei fare?”
Fai una lista con tutti i comportamenti che ti vengono in mente come “mangiare schifezze”, “mangiare più del solito” e cosi via.
A fine giornata riprendi la lista e sbarri i comportamenti che hai messo in atto.
Come può esserti d’aiuto la Terapia a Seduta Singola?
In primo luogo se pensi di aver bisogno di un supporto in più, puoi rivolgerti a uno specialista in questi casi, uno psicologo e un nutrizionista.
La Terapia a Seduta Singola è utile perché consente individuare le tue tentate soluzioni, ovvero i comportamenti che mantengono in vita il problema, e di bloccarli.
Si lavora partendo dalle risorse della persona, per capire quale sarebbe il primo passo per modificare in meglio il rapporto con il cibo e decidere che obiettivo si intende raggiungere.
Dopodichè si concorda una strategia insieme e come procedere.
Smettere di abbuffarsi è possibile e anche in un solo incontro con lo psicologo è possibile ottenere concreti benefici.
Sei interessato alla Terapia a Seduta Singola? Puoi rivolgerti ai nostri psicologi e psicoterapeuti, disponibili ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00, per una consulenza gratuita online.
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Beatrice Pavoni
Bibliografia:
Nardone, G (2007) La Dieta Paradossale: sciogliere i blocchi psicologici che impediscono di dimagrire e mantenersi in forma, Ponte delle Grazie
Nardone, G. Verbitz, T. Milanese, R. (1980). Le prigioni del cibo. Vomiting, anoressia, bulimia. La terapia in tempi brevi.Tea
Sono una psicologa che si occupa di consulenze brevi e di TSS: il mio obiettivo è ridurre i tempi della terapia e massimizzare l’efficacia della seduta, offrendo un sostegno focalizzato e concreto per affrontare sia le piccole che le grandi difficoltà della vita
Quando una sola seduta può essere sufficiente
Quanto dura un percorso psicologico?
Un mese?
Un anno?
Di più?
E se una sola seduta fosse sufficiente?
Il numero più frequente di sedute in psicoterapia è 1
Intorno agli anni ’90 lo psicologo Moshe Talmon fece una scoperta casuale. Gli capitò di analizzare il numero di accessi dei pazienti seguiti al Kaiser Permanente, il centro dove lavorava.
Talmon si rese conto che, confrontando l’attività di una trentina di operatori tra psichiatri, psicologi e operatori sociali, il numero più frequente di sessioni di terapia era uno.
Spinto da questa scoperta condusse una ricerca più strutturata che portò ai seguenti risultati:
- uno è il numero più frequente di sedute in psicoterapia
- tra il 20 e il 50% delle persone sceglie di fare una sola seduta
- fino all’80% delle persone che scelgono di fare una sola seduta ritiene di stare meglio o di aver risolto il suo problema.
Questi risultati sono stati confermati in diverse parti del mondo: una recentissima ricerca ha potuto estendere questi dati anche alla realtà italiana (Cannistrà et al., 2020).
Col lavoro pioneristico di Talmon si è quindi messa in dubbio l’idea comune che i cambiamenti psicologici abbiano bisogno di lunghi periodi per avvenire.
A scardinare ancora di più questa idea ci pensa lo psicologo Michael Hoyt, il quale ritiene che il numero più frequente di sedute in psicoterapia sia addirittura zero!
Che significa?
Prova a pensare: quante volte nella tua vita hai dovuto affrontare dei problemi? E quante volte ti sei rivolto ad uno psicologo per risolverli?
Generalmente le persone risolvono i propri problemi da sole, perché hanno le risorse per poterlo fare!
Trarre il massimo da ogni singolo incontro grazie alle risorse della persona
La terapia a seduta singola è una tecnica che permette di massimizzare l’efficacia di ogni singolo incontro.
Per farlo, sfrutta al meglio le risorse di tipo cognitivo, emotivo, sociale ed esperienziale che l’individuo già possiede ma che in quel momento magari non riesce ad usare al meglio o non riesce a vedere.
In un incontro di Terapia a Seduta Singola ogni seduta è concepita come completa in sé: ci si focalizza su un problema specifico portato dalla persona e si lavora fin da subito per raggiungere un obiettivo concordato.
L’interesse di una Terapia a Seduta Singola non è tanto ricercare le cause del problema quanto focalizzare l’obiettivo e identificare le risorse e capacità che possono facilitare l’individuo nel suo raggiungimento, eventualmente bloccando comportamenti controproducenti che mantengono vivo il problema.
Quindi posso risolvere tutti i miei problemi in un solo incontro?
Sebbene le ricerche dimostrino che una sola seduta può essere sufficiente, non è possibile stabilire a priori se sarà così. Alcune persone beneficiano di un solo incontro, altre hanno la necessità di intraprendere un percorso (anche breve). Va bene in ogni caso, esistono persone e persone, problemi e problemi.
Che basti un incontro o che ne servano altri, con la Terapia a Seduta Singola si lavora come se quel primo incontro fosse potenzialmente l’unico, massimizzandone quindi l’efficacia.
Per quali problemi e situazioni funziona?
La Terapia a Seduta Singola è efficace per ampissimo numero di problemi, quali ansia e attacchi di panico, depressione, disturbo post traumatico da stress, insonnia, disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza.
Può essere utile anche tutte quelle situazioni dove non esiste un problema o un disturbo conclamato, ma si ricorre allo psicologo ed alla Terapia a Seduta Singola per prendere una decisione o per migliorare degli aspetti di se stessi.
Il fatto che ogni incontro sia completo in sé, inoltre, permette di pensare allo psicologo come al medico di famiglia: un professionista a cui rivolgersi al bisogno.
Se sei interessato alla Terapia a Seduta Singola ogni martedì per un periodo limitato, dalle 18:00 alle 20:00 gli Psicologi e gli Psicoterapeuti del nostro team One Session si rendono disponibili per degli incontri gratuiti aperti a tutti.
Bibliografia
Cannistrà, F. Piccirilli (2018), Terapia a Seduta Singola. Principi e pratiche. Giunti Psychometrics
Cannistrà et al. (2020), Examining the Incidence and Clients’ Experiences of Single Session Therapy in Italy: A Feasibility Study, Australian and New Zealand Journal of Family Therapy
Il mio lavoro è orientato al futuro e alla valorizzazione delle risorse delle persone che si rivolgono a me, in ottica di totale collaborazione.
Perché mi capita sempre la stessa cosa?
Ti è mai capitato di sentirti “intrappolato” nel tuo problema?
Hai mai provato la sensazione che, per quanti sforzi tu possa fare, ti capiti sempre la stessa cosa?
Se hai risposto sì, forse è perché per affrontare le tue difficoltà stai mettendo in atto una tentata soluzione disfunzionale.
Quando la soluzione è il problema
Il concetto di Tentata Soluzione Disfunzionale è stato elaborato intorno agli anni ’70 dal Mental Research Institute di Palo Alto.
Questo gruppo di terapeuti si mise a studiare cosa fanno le persone quando devono affrontare un problema: ovviamente, cercano un modo per risolverlo.
Essi si accorsero, però, che spesso è proprio ciò che facciamo per migliorare una situazione a mantenerla uguale, se non addirittura a peggiorarla!
“Ma perché dovrei continuare a ripetere un comportamento che non mi aiuta?” ti starai chiedendo.
Perché la nostra mente funziona in modo schematico! Quindi, ogni volta che ci troviamo di fronte ad un problema e dobbiamo trovare una soluzione, tendiamo ad avere comportamenti che in passato hanno funzionato, generalizzandoli. Questo permette un gran risparmio a livello di energie cognitive: è molto più facile utilizzare un vecchio stratagemma che si è rivelato funzionale piuttosto che tentare nuove strade. (Nardone, 2013)
Schemi troppo rigidi
Il problema nasce quando la soluzione che in passato ha funzionato non si adatta alla situazione presente e non risolve il problema.
Che facciamo in quel caso?
Crediamo di non aver insistito abbastanza, di non aver applicato la soluzione nelle giuste dosi e quindi reiteriamo l’applicazione degli stessi schemi rigidi senza interrogarci sulla loro reale efficacia. Col fine di mantenere le cose come stanno, o di peggiorarle. (Watzlawick et al. 1974)
Facciamo un esempio
Maria teme i luoghi affollati, quindi li evita o, se proprio deve andarci, chiede di essere accompagnata.
Evitare e affidarsi all’aiuto altrui sono tentate soluzioni disfunzionali tipiche di chi soffre di stati ansiosi.
Evitare la situazione ansiogena avrà un effetto all’apparenza tranquillizzante per Maria. Dall’altra, però, è come se si stesse inviando da sola il messaggio che alcune situazioni sono troppo grandi per lei, o troppo minacciose. Allo stesso modo, chiedendo l’aiuto altrui, si racconterà di non essere in grado di potercela fare da sola.
Replicando queste soluzioni, che all’apparenza la preservano dagli stati d’ansia tanto temuti, Maria non fa altro che accumulare tensioni e messaggi negativi, con l’esito di esacerbare il suo problema.
Cosa fare quindi?
Quando le circostanze cambiano, è necessario adattarci e creare nuovi modi di affrontare le situazioni. Applicare vecchie soluzioni a nuovi problemi può venire spontaneo. Quando però notiamo che le modalità con cui affrontiamo la situazione non la migliorano, è bene interrogarsi sulle soluzioni che si stanno usando, per bloccare quelle disfunzionali e sostituirle con altre più efficaci.
Il team di Onesession è composto da psicologi formati in Terapia a Seduta Singola, che possono aiutarti ad individuare queste soluzioni disfunzionali e a trovare delle strategie di risoluzione del problema più adeguate.
Da questo mese di settembre, per un periodo limitato, ogni martedì dalle 18 alle 20 i terapeuti del nostro team One Session terranno degli incontri gratuiti aperti a tutti utilizzando la Terapia a Seduta Singola. Contattaci per maggiori informazioni https://www.onesession.it/
Riferimenti bibliografici
Nardone (2013), Psicotrappole, Ponte delle grazie
Watzawick, J.H. Weakland, R. Fisch (1974), Change, sulla formazione e la soluzione dei problemi, Casa Editrice Astrolabio, Roma
Il mio lavoro è orientato al futuro e alla valorizzazione delle risorse delle persone che si rivolgono a me, in ottica di totale collaborazione.
La paura dell’aereo e la Terapia a Seduta Singola.
Sai che cose’è l’aereofobia? E’ il termine che definisce la paura di volare in aereo (fear of flying) a causa di uno stato di ansia significativo.
Si configura o come una fobia – una paura irrazionale e persistente, verso una situazione specifica che in questo caso è la condizione di dover prendere l’aereo- o potrebbe manifestarsi come una paura piuttosto intensa ma comunque gestibile.
Hai paura di volare?
Non ti preoccupare, non sei il solo a sperimentare questo disagio, ma tanti soffrono di questo problema.
Perché si ha paura dell’aereo?
Non c’è una risposta univoca.
Sicuramente volare è una condizione estranea all’essere umano e di per sé, spaventosa.
Bisogna considera che l’aereo, per quanto sicuro, è un mezzo dal quale una volta saliti non si può più scendere, se non al termine del viaggio.
- C’è chi soffre di claustrofobia e di conseguenza ha paura di volare perché si trova in un mezzo chiuso.
- Un esperienza traumatica vissuta sull’aereo ha cristallizzato la paura per il mezzo.
Le cause possono essere tante ma rimane il problema che chi ha paura dell’aereo ha difficoltà nel programmare un viaggio o a farlo fino a raggiungere i casi estremi di fobia dove l’aereo viene evitato del tutto.
Paura e fobia: sono la stessa cosa?
No. La paura è un emozione fondamentale, utile all’essere umano come campanello di allarme per i pericoli esterni. Tuttavia da una semplice paura fisiologica può trasformarsi in una paura persistente e pervasiva, che invalida il normale svolgimento di vita della persona: in questo caso diventa fobia, una paura specifica e irrazionale.
C’è chi, nonostante la paura, prende comunque l’aereo, chi ricorre a tentate soluzioni come: rituali propiziatori prima del viaggio, distrattori (musica, libri, pc..), la compagnia delle persone (non partono mai da soli), viaggi brevi e dilazionati nel tempo, e nei casi più resistenti l’uso dei farmaci.
Chi invece prende l’aereo solo quando strettamente necessario – per lavoro- e chi lo evita del tutto perché sa che potrebbe avere un attacco di panico se costretto a prenderlo.
Non prendere più l’aereo o prenderlo con grandi difficoltà e disagi pervasivi, significa rinunciare a una vacanza, a rendersi disponibile per un viaggio di lavoro, ad andare a trovare dei parenti, a un trasferimento, a vedere il mondo e essere costretti a usare mezzi più scomodi, meno sicuri e che impiegano molto più tempo.
Insomma, tutta una serie di svantaggi che sono sicura non sei fino in fondo felice di accettare.
Lo sai che è possibile risolvere il problema in tempi brevi?
Come superare la paura dell’aereo?
Chi vola, lo sa, che l’aereo è considerato da sempre –secondo le statistiche- come il mezzo più sicuro; sono più frequenti gli incidenti in macchina, in treno o in nave rispetto a quelli in aereo.
Eppure immagino che tu è proprio dell’aereo che hai più paura mentre i restanti mezzi, come la macchina, che usi tutti i giorni, non ti spaventano.
Chissà, forse in macchina hai la sensazione di avere il pieno controllo in quanto conducente – per quanto illusoria sia- mente l’aereo è un mezzo su cui sei passeggero.
Se hai paura dell’aereo la per prima cosa cerchi rassicurazione:
- chiedi aiuto alle persone intorno a te, ne parli, ti sfoghi e ti lamenti. La rassicurazione non funziona però. Quando ne parli, immagino che sul momento ti senti meglio, ma dopo? Funziona? Questo perché in realtà la rassicurazione alimenta l’ansia, rendendo la paura più reale e confermando il fatto che fai ad avere paura.
- La seconda cosa che fai è cercare spiegazioni razionali e logiche: sai che è più facile morire in macchina che in aereo, che è il mezzo più sicuro su cui viaggiare, che è attrezzato per affrontare lunghi viaggi e turbolenze. La razionalità tuttavia non risolve il problema ma colma solo una lacuna e aumenta la consapevolezza personale: agisce infatti su una paura irrazionale e di conseguenza il suo effetto è limitato.
- Infine, decidi di evitare di prendere l’aereo: Inizialmente questa tentata soluzione sembra funzionare poi, evitando costantemente, peggiori la situazione. Questo accade perché evitando confermi che la situazione è realmente pericolosa e perdi fiducia nelle tue capacità personali.
Nardone afferma “La paura evitata diventa panico, la paura guardata in faccia diventa coraggio”.
Pensi di non farcela?
Puoi rivolgerti a uno specialista in questi casi.
La terapia a seduta singola è utile per ottenere vantaggi anche in una sola seduta con lo psicologo, soprattutto per questo tipo di paure che si risolvo in tempi brevi attraverso l’individuazione dell’obiettivo da raggiungere e l’individuazione delle tue risorse.
Sul sito di www.onesession.it, è presente un elenco di professionisti formati in Terapia a Seduta Singola che potranno aiutarti a raggiungere i risultati sperati.
Beatrice Pavoni
Bibliografia:
Evangelisti, L. (2014). Mai più paura di volare. Come vincere per sempre la fobia dell’aereo. Milano: Feltrinelli.
Nardone G.,1993 “Paura, panico, fobie”, Ponte alle Grazie, Milano
Nardone G., 2000 “Oltre i limiti della paura”, Ponte alle Grazie, Milano Nardone G., 2003
Cannistrà F, Piccirilli F. (2018) terapia a seduta singola. Principi e pratiche. Giunti Psycometrics
Sono una psicologa che si occupa di consulenze brevi e di TSS: il mio obiettivo è ridurre i tempi della terapia e massimizzare l’efficacia della seduta, offrendo un sostegno focalizzato e concreto per affrontare sia le piccole che le grandi difficoltà della vita