Esiste un solo vero motivo per cui una coppia può scoppiare!
Stavate benissimo insieme, condividevate tante passioni e interessi, vi piaceva parlare, confrontarvi e soprattutto ridere insieme. Il vostro amore era incredibile e carico di energia positiva. La forte complicità e l’enorme attrazione sessuale che c’era tra voi sembrava potesse tenervi uniti per sempre.
Era tutto bellissimo… e poi “boom”, la coppia sembra essere scoppiata!
Tra voi è cominciata ad esserci distanza emotiva, l’attrazione sessuale è svanita e avete cominciato a parlare sempre meno.
Senza accorgervene, o forse si, ma è stato quasi più facile far finte di niente, l’amore che c’era tra voi è finito. La vostra relazione forse è finita senza che nessuno dei due abbia veramente capito il perché o riuscisse a darne una spiegazione, sembra quasi sia finita in maniera misteriosa!
Forse pensando al titolo dell’articolo, ti starai chiedendo quale sia l’unico vero motivo per cui una relazione possa finire, dato che a te ne frullano tanti di possibili motivi nella testa, e nonostante ciò, ancora non hai individuato quello che ha portato alla fine della vostra relazione.
Be, hai perfettamente ragione!
Non esiste infatti un solo ed unico motivo per cui una relazione possa finire, anzi, a dire il vero le cause che portano una coppia a scoppiare sono molte, è a volte riconoscerle diventa impossibile proprio perché entrano a far parte della nostra routine quotidiana e le notiamo soltanto quando ormai è troppo tardi.
Se non hai ancora ben capito, le cause che possono aver portato alla fine della vostra storia, vediamo se posso aiutarti indicandotene qualcuna:
- la simbiosi. Nelle coppie simbiotiche vi sono profondi problemi di identità che tentano di essere colmati in un rapporto totalizzante che però, nel tempo, porta all’impossibilità di coltivare i propri interessi e la propria individualità, portando quindi ad essere infelici;
- la gelosia morbosa e pressante, che finisce per allontanare il partner in quanto viene a mancargli la propria libertà;
- l’incapacità di affrontare le discussioni, un aspetto delicato in una relazione, proprio per questo, se non ci si lavora sopra, senza quasi accorgersene ci si ritrova a non comprendersi più e quindi ad allontanarsi;
- l’infedeltà e il tradimento che portano a cercare una “soluzione” all’esterno della coppia;
- la mancanza di una progettualità condivisa dalla coppia. Non aver pensato a qualcosa da poter realizzare insieme, non aiuta a superare i momenti di maggior difficoltà. Infatti se i progetti comuni non ci sono, non ci sarà neanche il collante necessario a mantenere la coppia unita nei momenti critici;
- la presenza cronica di una situazione economica instabile;
- gli scontri e le continue discussioni prolungate nel tempo, se non hanno mai una fine, logorano la coppia determinandone la rottura;
- la poca intesa con la famiglia e con gli amici del partner, rappresenta un altro elemento per una possibile crisi nella coppia;
- la mancanza di comunicazione e ascolto in una coppia, crea dei muri e questi separano sempre di più;
- la mancanza di empatia, l’incapacità di mettersi nei panni dell’altro per capire cosa prova nelle situazioni in cui ci chiede aiuto;
- una serie di aspettative irreali dei due partner, che non appena si incontrano e scontrano con la realtà, portano alla fine della storia.
Non so se sei riuscito a riconoscere cosa possa aver portato alla fine della vostra relazione d’amore, ma al di là di questo, come stai?
Senti di aver superato la fine della vostra storia o stai ancora provando ad uscirne?
Lo so, immagino non sia facile, ma posso garantirti che puoi uscire da questa situazione e superare la separazione affidandoti a un terapeuta che ti sosterrà e indicherà come elaborare la fine della relazione.
Pensa, è stato dimostrato che, già dopo una Singola Seduta puoi ottenere dei risultati inaspettati. Quindi cosa aspetti a contattare uno dei terapeuti formati in Terapia a Seduta Singola cercando sul nostro sito www.onesession.it, il terapeuta più vicino a te e più adatto alle tue esigenze.
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Non sei ancora convinta se hai a che fare con un narcisista? Scoprilo con questi suggerimenti!
Seducente, gentile, ti elogiava di continuo, esaltava le tue qualità e sembrava non vedere mai in te i difetti, ti faceva sentire una vera principessa, una donna perfetta. Era terribilmente coinvolgente, si mostrava ai tuoi occhi sempre cordiale e galante.
Appariva molto sicuro di sè e con un forte senso dell’umorismo, si, ti faceva proprio ridere!
Era molto attento a come si presentava, vestiti e look sempre alla moda, non si faceva mai vedere trascurato e diceva di farlo perché teneva a te. In qualsiasi nuova situazione sociale vi trovavate, lui riusciva a stare subito a suo agio e a catalizzare l’attenzione di tutti.
Quasi non ti sembrava vero, forse avevi finalmente trovato l’uomo perfetto!
Ma dopo questa fase iniziale, qualcosa è cominciato a cambiare, la vostra relazione non riusciva a decollare, non riusciva mai ad essere stabile e continua, dipendeva sempre dai suoi continui sbalzi di umore.
Nei tuoi confronti aveva manifestazioni di affetto sporadiche e un po’ esagerate, a cui poi faceva seguire distacchi immotivati, silenzi e fughe improvvise, e ovviamente anche il tuo umore ha cominciato a cambiare e dipendere da queste sue fasi.
Finché, forse avrai avuto la sensazione di essere un pò manipolata!
Gli hai espresso qualche tuo dubbio sulla vostra relazione e che secondo te c’era qualcosa che non funzionava nel vostro rapporto, e improvvisamente, dalle lusinghe che era solito farti, ha cominciato a ferirti facendo leva sul senso di colpa, sulle tue insicurezze e le tue fragilità con il solo obiettivo di screditarti e farti sentire inferiore a lui.
Ha cominciato a esprimere critiche nei tuoi confronti, minando la tua sicurezza e facendoti sentire debole e non all’altezza.
Senza accorgertene, ti ha fatto entrare nel suo gioco di manipolazione affettiva, ma che potevi saperne?
Non potevi giustamente pensare di essere inciampata in un Narcisista, che con il suo modo di fare, cercava solo di farti cadere ai suoi piedi, per poter alimentare il suo bisogno patologico di conferme e attenzioni.
Non sei ancora completamente convinta di avere a che fare con un narcisista?
Ti riporto allora qui di seguito, alcune caratteristiche che ho raggruppato insieme per crearti una specie di identikit del classico narcisista, così da poterti aiutare ulteriormente a riconoscerlo.
Oltre all’eccessiva gentilezza che caratterizza un pò tutti gli uomini manipolatori, messa in atto nella fase iniziale, alcune caratteristiche del narcisista che invece cominciano ad emergere in una seconda fase, cioè quando già ti ha conquistato e che possono metterti in allarme sono:
- la tendenza ad essere estremamente critico verso gli altri; – è molto critico anche nei tuoi confronti minando la tua sicurezza e facendoti sentire debole e mai all’altezza;
- non mostra empatia;
- mostra un senso di sé grandioso;
- desidera essere continuamente ammirato;
- ti manipola facendo leva sul senso di colpa, uno dei modi preferiti del narcisista per rendere l’altro dipendente da lui e addossargli la responsabilità di qualsiasi cosa;
- è lunatico, negativo e dall’umore altalenante;
- ha la presunzione di farti continue richieste come se tutto gli sia dovuto e ti convince dicendoti che sei la persona ideale di cui ha bisogno;
- non prova senso di colpa, ma solo senso di vergogna, poiché per lui conta molto l’apparenza;
- è incapace di accettare le critiche;
- non ama essere contraddetto ed è molto vendicativo;
- non regge il confronto frontale, a cui infatti reagisce con grande aggressività;
- flirta di continuo e non chiude mai veramente con le sue ex proprio per la sua insicurezza cronica e il conseguente bisogno di avere conferme.
Se riconosci nel tuo partner queste caratteristiche, tutto sommato sei stata fortunata!
Si, perché queste situazioni di violenza psicologica che hai subito, spesso sono seguite da atteggiamenti aggressivi che in alcuni casi possono portare a una vera e propria violenza fisica.
Per questo motivo è bene riconoscere per tempo chi hai vicino, per evitare le spiacevoli conseguenze che spesso accompagnano una relazione malata.
Smetti di sentirti in colpa e inadeguata, concentrati solo su te stessa e il tuo benessere, e se pensi che sola non puoi farcela, non esitare a rivolgerti ad un terapeuta.
Lascia che lui ti aiuti ad allontanare il narcisista che hai vicino, insegnandoti come prendere consapevolezza di te stessa, come darti valore e pretendere un amore sano senza dover sottostare a giochi psicologici che mettono a dura prova la tua salute fisica e psichica.
Ricerche hanno dimostrato che, spesso, anche con una singola seduta di terapia, puoi ottenere ottimi risultati. Quindi cosa aspetti per iniziare a volerti più bene?
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Il mio corpo che cambia
Durante la vita c’è un periodo in cui avvengono repentine trasformazioni dal punto di vista fisico, sociale e psicologico. E’ un periodo che tutti noi attraversiamo, perché vuol dire crescere. Potremmo paragonarlo a un ponte a senso unico che collega tra loro due isole: l’infanzia e la vita adulta. All’età di circa 10-13 anni, infatti, abbandoniamo l’infanzia per approdare, dopo una decina d’anni, alla vita adulta. Questo “ponte” prende il nome di adolescenza.
Quando mi accorgo che il mio corpo sta cambiando: la pubertà
La strada che percorriamo su questo ponte, possiamo immaginarla come formata da tre corsie. Una prima corsia rappresenta tutti i cambiamenti psicologici cui si va incontro, la seconda i cambiamenti sociali, infine la terza i cambiamenti somatici. Se ci riferiamo soltanto ai cambiamenti fisici che intervengono durante l’intera adolescenza, allora la definiremo col termine di pubertà.
Sia per i maschi che per le femmine, la pubertà rappresenta quel momento che va dalla comparsa dei primi caratteri sessuali, fino alla loro completa maturazione. In altre parole, alla fine di questo lasso di tempo, le femmine diventeranno donne, e i maschi uomini.
In rari casi, la pubertà può iniziare anche prima dei 10 anni o, diversamente, avviarsi dopo i 13 anni. In queste circostanze si parla di pubertà anticipata o ritardata, cosa che potrà rinviare a disturbi psicofisiologici di differente natura.
Diventare donna
Per le femmine, l’inizio della pubertà coincide spesso con un graduale aumento dell’altezza di 15-20 cm, che al contempo comporta altri cambiamenti corporei. I più evidenti sono l’ingrandimento del seno, nonché la comparsa di peli nel pube e nelle ascelle. Il corpo, inoltre, tenderà ad allargarsi sui glutei, sui fianchi e sulle cosce. Si attiveranno anche le ghiandole sudoripare (quelle che fanno sudare).
La prima mestruazione (menarca) rappresenterà il vero e proprio addio all’infanzia. Hai presente il ponte di cui ti parlavo prima? Ecco, al momento della prima mestruazione, è come se le ragazze si trovassero già a metà di quel percorso che le condurrà all’età adulta. Almeno dal punto di vista fisico, da quel momento in poi, non sarà per loro più possibile tornare indietro.
In termini scientifici, infatti, la prima mestruazione rappresenta la maturazione del sistema nervoso e ormonale del cervello, nonché dei collegamenti nervosi tra utero e ovaie. La ragazza si sta preparando cioè a diventare a tutti gli effetti una donna, capace di riprodursi e dare al mondo, in futuro, anche dei figli. Il vero motivo di tutti i cambiamenti fisici puberali, d’altronde, è proprio la maturazione del proprio apparato sessuale e riproduttivo.
Diventare uomini
Contrariamente alle femmine, nei maschi l’inizio della pubertà non coincide spesso con un aumento della statura, che pur si verifica. La vera e propria pubertà, invece, inizia nel ragazzo soltanto due anni più tardi rispetto alla crescita in altezza. I futuri uomini avvertono un ingrandimento di tuttol’organo riproduttivo (il pene) e al contempo la comparsa dei peli nelle zone intime, sotto le ascelle o in faccia (barba e baffi).
Maggiormente rispetto alle donne, vi è un aumento della massa muscolare e scheletrica, un cambiamento nel tono della voce (che si fa più basso), nonché la comparsa di acne sul volto (i fastidiosissimi brufoli!). Così come avviene per le donne con la prima mestruazione, anche i ragazzi maturano internamente il proprio sistema ormonale e riproduttivo. In questo periodo, infatti, i maschi aumenteranno la produzione di spermatozoi (la cellula riproduttiva maschile).
Quando un ragazzo non vuole diventare adulto
I cambiamenti fisici in adolescenza sono molti e intensi. Spesso, però, capita che il ragazzo, o la ragazza, non si riconosca nelle mutazioni somatiche cui va incontro. In un certo senso, accade che “non vuole” diventare grande. Hai presente Peter Pan, che non voleva crescere? Ecco, avviene più o meno la stessa cosa. Ma se da un punto di vista psicologico il ragazzo non desidera crescere, da un punto di vista fisico il corpo lo fa ugualmente (i due processi sono, infatti, distinti). L’immagine mentale infantile che il ragazzo ha di sé, a quel punto, non coinciderà più con quella fisica, che continuerà comunque a svilupparsi. L’adolescente stenterà, di conseguenza, a riconoscersi nella propria immagine corporea, dando vita a svariati problemi psicologici (in genere transitori).
Potrà capitare, ad esempio, che si vedrà troppo magro, e quindi inizierà a mangiare fino a diventare obeso. O, al contrario, una ragazza si vedrà grossa, decidendo per questo di non mangiare più, al punto da diventare anoressica. Oppure ancora, un adolescente, se non riuscirà ad adattarsi ai cambiamenti somatici, potrà muoversi in modo goffo, non si piacerà, potrà addirittura ritirarsi da un punto di vista sociale e psicologico.
Quando vi è una discrepanza tra l’immagine corporea e quella mentale, allora è probabile che un aiuto psicologico può essere utile. Non preoccuparti! In genere non si tratta di lunghe terapie, ma brevi; a volte basta anche una seduta singola per risolvere la problematica.
In questi casi, infatti, spesso è necessario un semplice sostegno psicologico, ma che sia capace di aiutarti a unire l’immagine mentale che hai di te stesso, con quella che il tuo corpo sta sviluppando. E dunque arrivare alla fine di quel ponte (la vita adulta), senza rischiare di sbagliare strada.
Bibliografia consigliata
Palmonari, A. (2011). Psicologia dell’adolescenza, Il Mulino, Bologna.
Perkins, R. (2006). The effectiveness of one session of therapy using a single-session therapy approach for children and adolescents with mental health problems, The British Psychological Society, Psychology and Psychotherapy: Theory, Research and Practice,79.
Talmon, M. (1990). Psicoterapia a seduta singola, Erickson, Milano.
6 consigli per aiutare a studiare tuo figlio
Sei disperata? Fino a qualche anno fa tuo figlio era uno studente modello mentre ora non vuole più saperne di studiare oppure è così da sempre? E’ stato bocciato e nonostante ripete l’anno, già il primo quadrimestre è stato un disastro.
Immagino che hai provato a seguirlo nello studio, a togliergli i giochi e tutte le altre distrazioni ma il risultato non è stato molto buono. Forse hai anche provato a fargli fare un doposcuola con un ragazzo che lo segue nelle varie materie, ma i suoi voti non sono molto migliorati.
Ogni volta che ti porta un brutto voto, ti arrabbi, lo rimproveri e la sua risposta è sempre la stessa: “Mamma che pizza, non ho voglia di studiare”. Così litigate, forse vi tenete il muso per un po di tempo e quando poi ti vede sfinita, ti dice: “Scusami, la prossima volta ti prometto che mi impegnerò di più”, ma anche se resta chiuso nella sua stanza per ore dicendo che sta studiando, alla fine le cose non cambiano e i voti non migliorano.
Più volte forse ti sei chiesta dove hai sbagliato con tuo figlio, in cosa non sei stata brava: “Sarà colpa mia se non vuole studiare o sarà colpa dell’ambiente che frequenta? Quei ragazzi poco seguiti con cui perde tempo per la gran parte delle sue giornate, non sono una buona compagnia per lui!”.
Sicuramente ti sarai già domandata che altro potresti fare per invogliare tuo figlio a studiare. Avrai forse anche pensato di passare alle maniere “forti”, come regole più rigide, punizioni o il divieto di uscire finché non avrà ottenuto risultati soddisfacenti o addirittura di cambiargli scuola. Ma poi alla fine ti senti in colpa, e lasci andare questi pensieri.
Se però gli atteggiamenti annoiati e svogliati di tuo figlio, ormai non fanno altro che mettere a dura prova la tua pazienza, anche se ne hai già provate tante per farlo studiare e non sei riuscita nell’intento, prova a vedere se i consigli qui di seguito possono esserti utili per aiutarti a gestire e affrontare questa situazione.
1) Parla con tuo figlio e prova ad essere comprensiva.
A volte il rifiuto di studiare potrebbe essere legato alla fatica e quindi alla frustrazione che i ragazzi sperimentano. Non trovano una motivazione nel farlo e hanno paura di deludere i genitori se non sono all’altezza delle loro aspettative. Per questo motivo, è essenziale comunicare il più possibile con i propri figli e ascoltarli.
Chiedigli quali sono le difficoltà che incontra, e come vorrebbe essere aiutato, prova a incoraggiarlo e rassicurarlo sulle sue capacità ed evita invece di fare confronti con il fratello o la sorella che si impegna più di lui, evita di paragonarlo agli altri coetanei che studiano o stanno più ore sui libri. Ciò lo farebbe sentire svalutato, ancora più frustrato e demotivato, rinforzandogli la sensazione che il suo impegno non basterà a modificare le cose, quindi tanto vale rinunciarci.
Se nonostante l’impegno, tuo figlio non riesce a raggiungere buoni risultati, prova a utilizzare la comprensione. Cerca di comprendere qual’è la sua difficoltà. Prova a non svalorizzare il voto che ha ottenuto, a non attaccarlo se non è andato come speravi.
Spesso può capitare che nonostante l’impegno, tuo figlio non riesce ad ottenere i risultati sperati perché ha un metodo di studio sbagliato, che quindi deve essere necessariamente modificato se si vogliono cominciare a vedere risultati migliori. In questo caso, dagli tu una mano a trovare il suo metodo giusto, ma tieni presente che quello per lui può andare bene, non è detto che corrisponda alla tua idea di giusto.
2) No alle punizioni o ai regali.
Piuttosto che punire tuo figlio o minacciarlo di togliergli il cellulare o i videogiochi, poiché le punizioni non risolvono più di tanto il problema, spiegagli invece che ci sono delle priorità e che organizzandosi può fare tutto. Fagli capire che una volta tolto il pensiero dei compiti, potrà fare quello che vuole e tu non sarai costretta a punirlo.
Non è utile dargli punizioni ma neanche abituarli a studiare per avere dei regali o dei premi, perché la scuola rappresenta un dovere per tuo figlio ed il rischio a cui andrai incontro, è che nel tempo ti chiederà un premio per qualsiasi altra cosa gli chiedi di fare.
3) Stimola l’autonomia di tuo figlio.
Alcuni genitori fanno i compiti al posto dei figli, ma in questo modo invece di aiutarli, si rischia invece di non stimolare la loro autonomia.
Piuttosto, aiuta tuo figlio ad organizzare il suo tempo, ragionando insieme sul tempo da dedicare allo studio, quello da dedicare al relax e quello per altre attività extra scolastiche. Questa organizzazione dettagliata permette ad entrambi di raggiungere i “vostri obiettivi” rispetto lo studio e evita inutili litigi.
Infatti, un clima di conflitto tra te e tuo figlio può portare solo due risultati: tuo figlio sarà ancora più astioso nei tuoi confronti e ovviamente non studierà, e tu ti stressi. E’ quindi importante che tu lo aiuti a trovare dei compromessi, a cercare delle motivazioni per studiare da solo, altrimenti avrà sempre bisogno di qualcuno che lo aiuti.
Spiega però a tuo figlio che se, ovviamente, dovesse aver bisogno di aiuto, può tranquillamente chiedertelo, senza avere il timore che venga sgridato o rimproverato.
4) Fagli prendere ripetizioni solo se veramente necessario.
E’ utile che fai prendere ripetizioni a tuo figlio solo se non riesce a colmare le sue lacune a scuola. In questo caso le ripetizioni gli danno una spinta in più. Devi però sempre stare attenta che non si trasformino in una scusa per non fare i compiti da solo.
5) Non fargli la giustificazione.
Se tuo figlio non ha finito o svolto i compiti per il giorno dopo, anche se ti è difficile mandarlo a scuola sapendo che verrà sgridato, prova comunque a non fargli la giustificazione, così se a scuola prende una nota, forse capirà di aver sbagliato.
Un’altra cosa da non fare se non ha finito i compiti, è fargli saltare scuola, poiché quando sarà più grande, altrimenti, prima con l’università e poi con il lavoro rischierà di trovarsi male, non avendo più nessuno che lo giustifica quando non rispetta i termini per un esame o per un lavoro.
6) Fagli allenare la concentrazione.
Se tuo figlio fa da sempre fatica a rimanere concentrato, probabilmente non è mai stato abbastanza abituato a farlo. Devi vedere l’allenamento alla concentrazione come un allenamento sportivo e quindi progressivo.
Ogni giorno devi abituare tuo figlio a concentrarsi prima 15 minuti di seguito, poi 20 minuti e progressivamente sempre di più. Digli di mettersi seduto alla scrivania con davanti il libro aperto che deve studiare e nessun’altra distrazione. All’inizio non gli sarà semplice, ma col tempo i risultati si vedranno, l’importante è perseverare anche se i risultati non arrivano subito.
Se nonostante i consigli qui sopra riportati e tutti tentativi che hai fatto per aiutare tuo figlio, il problema “studio” non è ancora risolto, prova ad affidarti ad un terapeuta che può consigliare a te e tuo figlio cosa è più opportuno fare per la vostra specifica situazione.
Si è osservato, che anche con una singola seduta di terapia, un ragazzo con problemi relativi allo studio, può recuperare le risorse necessarie per riuscire ad ottenere dei buoni risultati a scuola e risolvere così il problema.
Non aspettare a contattare uno dei terapeuti formati in Terapia a Seduta Singola cercando sul nostro sito www.onesession.it, il terapeuta più vicino a te e più adatto alle tue esigenze.
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Alzi la mano chi non conosce gli attacchi di panico!
Cosa sono gli Attacchi di Panico?
Lo so, forse non devo neanche spiegartelo dato che se ne parla e scrive tantissimo, d’altronde questo disturbo pare che interessi circa 2 milioni di italiani, quasi quasi potresti spiegarmelo meglio tu, soprattutto se l’hai vissuto.
Se anche solo una volta ti è capitato di avere un attacco di panico conoscerai bene le terribili sensazioni che si provano in quei momenti.
Ti sei sentito morire, sembrava che avessi sul petto il peso del mondo intero tanto da non riuscire a respirare, la testa girava all’impazzata e avevi difficoltà a rimanere in piedi, il cuore batteva così forte che hai pensato ti stesse venendo un infarto.
Eri totalmente in balia degli eventi!
In un attimo ti sarà forse sembrato che tutta la tua vita ti passava davanti e hai pensato che era arrivata veramente la tua ora, senza capire cosa ti accadeva e avere modo di combattere.
Ti sei sentito completamente impotente!
Sai però che gli Attacchi di Panico sono una delle problematiche più facilmente curabili con poche sedute di terapia e soprattutto senza l’ausilio degli psicofarmaci?
Sia chiaro! Non sono contro i farmaci, ma fondamentalmente essi permettono solo di far smettere di suonare il campanello ma non di risolvere il problema.
Quale campanello?
Ma l’attacco di panico ovvio. Se ci pensi bene, l’attacco di panico altro non è che un campanello d’allarme che ci dice: “Ehi! Nella tua vita c’è qualcosa che non va. Che ne dici di sbrigarci a capire cosa?”.
Come possiamo fare? Be, la Terapia permette proprio di fare questo. Pensa, non solo spesso non servono molte sedute, ma alcune ricerche sugli attacchi di panico, come quella di Nuthall e Townend (2007) hanno dimostrato che già con una Singola Seduta puoi ottenere dei risultati inaspettati.
La Terapia a Seduta Singola, ha uno scopo ben preciso: aiutarti a identificare e utilizzare le tue risorse e i tuoi punti di forza. Potrai così cominciare ad affrontare gli attacchi di panico usando le armi migliori che hai: le tue, e quindi affrontare il tuo problema su un campo di gioco che già conosci.
Inoltre, la Terapia a Seduta Singola focalizzandosi sul problema in questione, ti potrà fornire delle tecniche che potrai utilizzare immediatamente per dominare la paura dell’attacco di panico e non che sia lui a dominare te, diventando così ancora più forte di prima perché sarai armato di una nuova arma: la tua forza.
Mi raccomando, prima intervieni meglio è!
Quindi, cosa aspetti a liberarti dall’attacco di panico? Prova a contattare uno dei terapeuti formati in Terapia a Seduta Singola, cercando sul sito OneSession.it il terapeuta più adatto alle tue esigenze e più vicino alla tua zona.
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Bullismo o cyberbullismo?
VUOI SALVARE TUO FIGLIO?
Ecco 6 indizi per capire se tuo figlio è vittima di Bullismo o Cyberbullismo.
Spero vivamente di no, ma se stai leggendo questo articolo è forse perché nella tua testa più di una volta sarà passata una di queste domande: “E se mio figlio fosse vittima di Bullismo e non me lo dicesse? E se mi stesse nascondendo quello che subisce ed io non me ne fossi accorta? Come posso aiutarlo?”
Beh, cara mamma, se queste sono le domande che ti continuano ad invadere la testa penso di poter capire benissimo la preoccupazione e angoscia che provi per tuo figlio.
D’altronde, il fenomeno del Bullismo oggi è sempre più in crescita, e questo soprattutto con la grande diffusione di internet tra i giovani, che ha portato, infatti, alla nascita di un nuovo fenomeno, il Cyberbullismo.
Credo tu sappia bene quale sia la differenza tra i due fenomeni!
Bullismo e Cyberbullismo
Entrambi sono caratterizzati da una serie di comportamenti aggressivi, offensivi, violenti, umilianti e soprattutto intenzionali, ripetuti nel tempo, nei confronti di un bambino ritenuto più debole.
La differenza, invece, è che nel Bullismo la violenza e le offese avvengono di persona, per esempio quando il bambino sta andando o tornando da scuola o durante l’ora di ricreazione, infatti, gli atti di violenza e prevaricazione sono spesso plateali e quindi molto evidenti. Nel Cyberbulismo, invece,la violenza è fatta tramite strumenti digitali. Le offese, gli insulti e la denigrazione vengono messe in atto attraverso i social network o WhatsApp, rivelando informazioni private della vittima, foto imbarazzanti o escludendolo in maniera sistematica da tutti i gruppi social.
In questo caso, la vittima è attaccabile in qualsiasi momento della giornata perché il mezzo è la rete, quindi non è necessario incontrarlo come per il bullismo.
Che sia l’una o l’altra forma, le gravi conseguenze a cui portano questi due fenomeni, sono talmente gravi, da definirli dei veri e propri reati. Lo dimostra il Disegno di Legge n. 1261/2014: Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo.
A volte potresti non accorgerti del suo dolore nascosto dietro fragili sorrisi.
E ciò perché se nostro figlio è vittima di bullismo, tenderà, come tutti gli altri bambini, per imbarazzo e vergogna a nascondertelo e a non parlartene. Ma intanto la sua vita si trasforma sempre di più in un incubo!
Ogni giorno per tuo figlio diventa più duro perché gli atti di bullismo che gli vengono rivolti diventano sempre più forti. Tuo figlio si sente sbagliato, diverso, ridicolo, un peso. Viene ghettizzato, umiliato, deriso, insultato e continuamente attaccato, non solo fisicamente ma anche a livello verbale e psicologico. Una volta preso come bersaglio, viene allontanato da tutti, preso in giro, bullizzato, denigrato per qualsiasi motivo e così comincerà a non sentirsi più amato.
Si sente fragile, debole, vorrebbe reagire in qualche modo ma non ci riesce!
Pensa di scappare o desidera scomparire, tanto se lui non ci fosse nessuno se ne accorgerebbe, a nessuno importa di lui, tutti continuerebbero a vivere e stare comunque bene. Questo pensiero diventa un’ossessione per tuo figlio, non riesce più a toglierselo dalla mente, si sente come in un tunnel senza fine da cui non riesce più ad uscire!
Comincia a non voler più andare a scuola, inventa mille scuse per saltarla e stare a casa. Quando va è continuamente distratto, il suo rendimento scolastico cala bruscamente. Non ha voglia di uscire e non viene mai invitato alle feste.
Pensa di non essere bravo, di essere un incapace in tutto, di non servire a niente!
Quando è per strada si sente tutti gli occhi addosso, cammina piano e a testa bassa perché ha paura di far rumore, di dare fastidio agli altri. Anche quando non ha fatto nulla, è sempre il primo a chiedere “scusa” per paura di essere maltrattato o di poter involontariamente ferire qualcuno… quando il più ferito è lui!
Si vergogna di quello che è e di come è!
Prova senso di colpa, sofferenza, rabbia, paura. Grida in silenzio e piange di nascosto. Intrappolato nella sofferenza del presente, diventa spettatore della sua esistenza e se pur piccolo non riesce a vedere un futuro.
Tutto questo, se lui non chiede aiuto, potrebbe portarlo a dei crolli psicologici che possono condurlo a diverse conseguenze:
- depressione, ansia, fobie, disturbi alimentari, isolamento sociale, abbandono scolastico, comportamenti autolesivi, ecc.;
- scagliarsi violentemente contro i bulli, e questo perché, il bambino vittima di bullismo manifesta ansia e aggressività che spesso non riesce a gestire, e in alcuni casi la reindirizza ad altri, finendo per rendergli la violenza da lui subita;
- in situazioni estreme, a quei fatti di cronaca che sicuramente avrai più volte sentito. Se tuo figlio è vittima di bullismo potrebbe infatti non avere la forza di reagire o chiedere aiuto, e si lascerà andare, finendo per suicidarsi.
In questo caso, a sentirsi soli e profondamente vuoti sarete te e tuo marito, chiedendovi per tutta la vita come ciò sia potuto accadere.
Gli indizi
Per questo ho pensato di indicarti 6 indizi che potrebbero aiutarti a capire se tuo figlio è vittima di Bullismo o Cyberbullismo così da poterlo cominciare a salvare:
1- Difficoltà a dormire o ripetuti incubi notturni.
2- Frequenti mal di testa, dolori di stomaco, e altri problemi fisici.
3- Piangere di frequente o agire in modo diverso. Per esempio, un bambino socievole e tranquillo può diventare improvvisamente triste e introverso. Oppure, un bambino timido può diventare aggressivo e iperattivo.
4- Peggiorare a scuola o sviluppare problemi di apprendimento.
5- Non parlare o mostrare paura quando le persone o le situazioni in causa vengono menzionate.
6- Parlare di suicido.
Una cosa è certa!
Dal Bullismo e dal Cyberbullismo non è detto che tuo figlio riesca ad uscirne da solo, per questo ha bisogno del tuo aiuto!
E ricordati che questi fenomeni lasciano dentro un segno, una ferita sempre aperta, che non andrà via da sola.
Potrà essere di aiuto un supporto psicologico che gli permetterà di elaborare ciò che ha vissuto sulla sua pelle, per evitare di sviluppare eventuali conseguenze negative nelle successive fasi dello sviluppo.
Ovvio! Questo non vuol dire, che tuo figlio oltre ai lunghi maltrattamenti dovrà seguire anche una lunga terapia.
Spesso una singola seduta di terapia può servire alla vittima in questione, di avere uno spazio di ascolto, recuperare le risorse necessarie per trasformare la brutta esperienza vissuta e capire come iniziare a muoversi.
Se senti il bisogno di un aiuto in più, prenota il tuo appuntamento gratuito con One Session! Ci trovi tutti i martedì dalle 18.00 alle 20.00. I nostri terapeuti ti aiutano ad ottenere un cambiamento immediato e duraturo, fornendoti strumenti pratici, concreti ed utilizzabili fin da subito per uscire dalla situazione problematica grazie alle tue stesse risorse!
Per prendere appuntamento, scrivi a info@onesession.it o alle nostre pagine Facebook e Instagram.
Da prendere al bisogno!
“due volte al giorno, subito dopo i pasti, per due settimane”
Già, peccato però che io non sia un antibiotico!
“Con quale frequenza si dovrebbe andare dallo psicologo?” È una domanda che spesso mi sento rivolgere, anche in situazioni del tutto informali. La risposta, se c’è, è però celata dentro ad altre domande:
Perché andare da uno psicologo?
Chi deve andare dallo psicologo?
Quando andare dallo psicologo?
E a questo punto pure lo psicologo – che sarei io! – entra in crisi.
Perché, chi, quanto e quando. Quattro enigmi che paiono concepiti dalla Sfinge. Cerchiamo allora di dare una parvenza di ordine logico che magari aiuta a dipanare la matassa e a mettere in ordine la sequenza:
in primo luogo metterei il “Chi”, a seguire, il “Perché”, poi il “Quando” e infine il “Quanto”. Siete d’accordo?
Allora procediamo (o almeno proviamoci …):
CHI?
Fra i quattro punti di domanda è il più ostico. Infatti la risposta può essere “tutti o nessuno”. Ha forse una risposta chiedersi chi debba ascoltare musica, o entrare in un bar, chiacchierare con un amico o rilassarsi sul divano? Chiunque ha queste semplici necessità, o desideri, se non diritti.
E allora perché non tu? “Ma io non ho nessun motivo per incontrare uno psicologo”; sicuramente è così, ma il fatto stesso che ti ritrovi a leggere questo articolo significa che almeno la cosa ti incuriosisce. Magari c’è anche solo bisogno di un confronto informale, o di sentirsi liberi da vincoli nell’esternare uno sfogo.
Lo psicologo non deve essere visto necessariamente come un medico, ma piuttosto solo come un’opportunità, che spesso con percorsi di breve durata o anche in una singola sessione può facilitare l’avvio di processi di cambiamento.
PERCHÉ?
La risposta a questo quesito è più semplice e già parzialmente esposta nel precedente punto. Semplicemente perché avverti la necessità, se non la voglia, di farlo.
Poniamo di immaginare la vita come un cammino in salita: procedi per la tua strada, superando ostacoli, prendendoti delle pause, talvolta accelerando la marcia. E allora “Perché?”. Perché fra un passo e l’altro senti la voglia che qualcuno ti afferri la mano, per aiutarti o solo tenerti compagnia. Non vuoi nessuna mano? Bene, ci si può benissimo tenere a debita distanza e limitarsi a “scambiare quattro chiacchiere” tanto per alleggerire la strada.
QUANDO?
“Al bisogno”, potrei rispondere per fare il medico serio. In realtà preferisco rifarmi alla precedente allegoria: quando la salita si fa un po’ troppo faticosa, semplicemente perché subentra la stanchezza, oppure perché stai affrontando un passaggio particolarmente difficile, o ti manca il fiato, ti duole un ginocchio, ti pare che la meta sia troppo lontana, allora non ti piacerebbe veder spuntare quella famosa mano aperta da afferrare?
Spesso vedrai solo altri che arrancano e fanno orecchie di mercante ai tuoi lamenti, oppure che gridano più di te. Guarda meglio, perché quella mano c’è. Puoi anche decidere di ignorarla ma la realtà è che il più delle volte sei proprio tu a girare lo sguardo a 360° invocando un muto:
“… ehi! C’è qualcuno qui?”.
QUANTO?
E finalmente ci siamo arrivati. Era la domanda di partenza, no? Se già hai collegato i precedenti anelli ecco quello di chiusura.
Può essere che un semplice strattone sia sufficiente a farti tornare in carreggiata, oppure che quella mano tanto cercata debba darti una vigorosa spinta dal sedere. Se però dopo due metri ti rifermi e arranchi di nuovo, avrai bisogno di un nuovo impulso, e magari di un altro ancora.
Può anche succedere che, pur facendocela benissimo da solo, tu abbia solo desiderio di un compagno di viaggio a cui talvolta appoggiarti, e con cui talvolta semplicemente commentare il panorama.
La catena ora si è chiusa e abbiamo formato un anello: “Chi – Perché – Quando – Quanto – e di nuovo Chi”. Non esistono regole precise né limiti al numero dei vari anelli che possono essere inseriti: “Come – Quale – Se …”. Del resto se non è concepibile una cura universalmente valida per il raffreddore come può essercene una per gli scalatori della vita?
Lo psicologo non è solo colui che ti fa sdraiare sulla chaise longue, ma è anche e soprattutto una sorta di confessore laico, oppure, se preferisci, un modo per mantenere in perfetta funzionalità il sistema “io”; a te capire se, come e quando sia necessaria la manutenzione. Il “quanto”, se un percorso breve o una singola seduta, lo valuteremo insieme.
Da ultimo tieni conto che nella scalata quotidiana ha grande importanza evitare di mettersi in marcia controvento …
E allora,
buon vento!
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