One Session Center: il cambiamento in una sola seduta
Fin dal suo lancio nel 2019, One Session ha trasformato la vita di centinaia di individui, offrendo loro un’esperienza tangibile di crescita personale.
I terapeuti di One Session sono tutti formati in Terapia a Seduta Singola (TSS).
Grazie a loro otterrai un aiuto mirato, ricevendo soluzioni personalizzate.
La Terapia a Seduta Singola è più che una semplice conversazione.
Rappresenta un’opportunità per scoprire nuove prospettive e sviluppare competenze. Potrai trasformare il tuo modo di vedere il mondo e la tua capacità di affrontare le sfide quotidiane.
Sotto la guida esperta dei terapeuti di One Session, avrai l’opportunità di esplorare le tue risorse interiori, individuare soluzioni su misura e ricevere un supporto immediato per superare gli ostacoli che potresti incontrare.
Nuova Data a Roma
Siamo lieti di invitarti il 15 settembre presso la nostra sede in Via Nomentana 60, a Roma.
Puoi semplicemente presentarti al nostro centro clinico tra le 9:00 e le 13:00 e suonare il campanello ICSST – ICNOS oppure prenotare un appuntamento specifico attraverso questo link: https://forms.gle/ASfR546AK6nTfahXA
Disponibile Anche Online
Ricorda che i terapeuti di One Session sono disponibili online dal lunedì al sabato. Puoi prenotare un colloquio online comodamente da casa tua, scegliendo i giorni e gli orari che meglio si adattano alla tua routine (clicca qui).
Non Vediamo l’Ora di Incontrarti
Ti aspettiamo con entusiasmo il 15 settembre presso la nostra sede in Via Nomentana 60, a Roma, oppure online.
Per ulteriori domande o informazioni, non esitare a contattarci all’indirizzo email info@onesession.it.
Non perdere questa straordinaria occasione per abbracciare il cambiamento, acquisire nuove prospettive, competenze e soluzioni personalizzate con One Session. Ti aspettiamo!
Il mio lavoro è orientato al futuro e alla valorizzazione delle risorse delle persone che si rivolgono a me, in ottica di totale collaborazione.
Terapia a Seduta Singola: Terapia al Bisogno
Nuovi bisogni nel nostro tempo
Cercando nel vocabolario il significato della parola bisogno, possiamo notare che viene dal termine germanico bisundhi che significa lavoro, cura.
Non solo necessità di procurarsi qualcosa che manca, ma impegno e capacità di fare e costruire.
L’idea che fare un percorso di psicoterapia comporti un enorme dispendio di tempo e di denaro si discosta molto dalle nostre vite così smart e rapide.
Il nostro tempo, infatti, è caratterizzato dalla velocità, dall’accelerazione della Storia che pone nuove emergenze, nuove condizioni, nuove scelte da compiere.
Il rischio nel non stare a passo con questo rapido andare è di sentirsi smarriti, senza riferimenti sicuri, e di rinunciare a dare il proprio contributo costruttivo.
Questa velocità ci vede desiderosi di raggiungere traguardi, sogni, oggetti in maniera semplice e immediata. In questo desiderio rientra anche l’attenzione alla salute mentale.
La sfida di poter dare risposta ad un disagio in maniera istantanea è di certo allettante.
Questa sfida impone oggi allo psicologo la ricerca di nuovi strumenti per aiutare le persone nel momento in cui ne hanno bisogno, accompagnandole nel raggiungimento dell’obiettivo di cui hanno bisogno, nel tempo in cui ne hanno bisogno.
L’emergenza pandemica ci ha prepotentemente insegnato che qualsiasi certezza può sgretolarsi. Abbiamo accettato un cambiamento epocale in tempi molto brevi.
Il digitale e la socialità on line si sono rivelati strumenti potenti e alla portata di tutti.
Cena, spesa, acquisti, tutto direttamente sul pianerottolo di casa.
Anche lo psicologo è entrato nelle nostre case, attraverso le sedute on-line ed è più vicino alle nostre necessità.
Il tempo ha rallentato la sua corsa ma il vivere si è accelerato.
Il coronavirus ha ridisegnato una nuova normalità.
Nuovi bisogni, anche nella salute mentale.
Una risposta efficace a queste nuove necessità è data dalla Terapia a Seduta Singola.
Una risposta al bisogno nel momento del bisogno.
Cosa è la Terapia al Bisogno
La Terapia a Seduta Singola mette a disposizione delle persone la possibilità di un numero limitato di incontri. Concentrando il lavoro su ciò di cui hanno bisogno in quel momento.
Talvolta il numero degli incontri può anche essere uno soltanto.
Ciascuno di noi ha dei bisogni.
La possibilità di soddisfarli in un tempo breve, può diventare una grande conquista sia temporale che materiale.
La Terapia a Seduta Singola affonda le sue radici teoriche nel costruttivismo, dando alla persona la possibilità di cercare e costruire nuove realtà e di innescare un cambiamento consequenziale.
Un cambiamento nella percezione di se stessi, degli altri e del mondo.
Un terapeuta al bisogno offre un aiuto immediato ed efficace.
Massimizza tempi e risultati di ogni singolo incontro e lo fa non perdendo mai di vista la persona e le sue necessità.
La persona viene coinvolta in un processo fatto su misura per lei.
Penso alla realizzazione di un abito sartoriale. L’abito sarà cucito sulla persona, seguendo le linee del suo corpo.
Sarà pertanto unico nel taglio e nello stile. Quello stesso abito non potrà calzare a pennello su nessun altro.
Questo farà sentire chi indossa quell’abito, a proprio agio. Comodità e senso di appartenenza, oltre alla soddisfazione di aver partecipato alla realizzazione di un capo fatto su misura.
La partecipazione farà sentire la persona parte attiva di un processo al quale si sentirà profondamente legata.
Costruire insieme rappresenta un elemento di distinzione per il terapeuta nella enorme offerta di professionisti presenti nel mercato della salute mentale.
Per la persona invece costituisce una linea guida nella scelta tra i tanti servizi offerti.
Un servizio psicologico al bisogno che si adegua ad una società profondamente cambiata.
Una società in cui i bisogni delle persone e le persone stesse sono in continua evoluzione. Non possiamo, come operatori sanitari, restare fermi a guardare.
Pensare che il nostro metodo sia universale e che siano i fruitori dei nostri servizi a doversi adeguare, altro non farà che allontanare da noi i clienti o i potenziali clienti.
Perché scegliere una Terapia a Seduta Singola?
I motivi possono essere molteplici:
- lo psicologo ha un ruolo diverso rispetto a quello che culturalmente hanno in mente le persone.
Non è colui che risolve i problemi.
Non ha nessun superpotere o pozione magica.
Semplicemente aiuta a risolvere un problema, tenendo conto di diversi obiettivi e proponendo al cliente diverse possibilità.
Tra queste verrà poi individuata, in un processo di co costruzione, quella più calzante sulla persona.
Il tutto all’interno di un servizio capace di sposare le logiche e le nuove tendenze del nostro tempo, per andare incontro alle esigenze di costi e di tempi di ciascuno.
- uno psicologo può sbloccare la persona, avviando un processo di cambiamento.
Tale processo avrà il potere di innescare un meccanismo a catena.
Un piccolo passo, richiamerà a sè altri passi fino a raggiungere la meta finale.
La richiesta è quella che lo psicologo aiuti a premere il tasto di avvio, dia la spinta giusta affinchè la persona continui da sola il percorso e diventi artefice del proprio cambiamento.
- Rivolgendoti ad uno psicologo puoi dare una nuova chiave di lettura del problema.
Questo permetterà un cambio di prospettiva e la possibilità di intravedere nuove soluzioni.
Il parere dell’esperto viene ricercato per comprendere meglio e tranquillizzarsi rispetto ad una determinata situazione.
- lo psicologo offre uno spazio all’interno del quale sentirsi liberi di esprimersi. Senza critica o giudizio.
La ricerca di un momento per liberarsi di pensieri, emozioni, preoccupazioni.
L’idea di una terapia al bisogno può sembrare forte e rivoluzionaria ma in realtà la applichiamo in tanti ambiti della nostra vita.
Lo facciamo senza accorgercene.
Andiamo dall’oculista perché ci dia una nuova prescrizione di lenti, dal momento che notiamo di non vedere bene da lontano.
Oppure dal gommista per sostituire la ruota bucata.
O ancora dal dentista per curare una carie.
Funziona così anche per i bisogni psicologici.
Certo ci saranno situazioni che necessiteranno di tempi maggiori, ma allo stesso tempo ci saranno problemi risolvibili in tempi brevi.
A fare la differenza sono sia la persona con le sue risorse che lo psicoterapeuta con la sua capacità di porre al centro la persona.
E se dovessi aver bisogno “al bisogno” di un professionista formato in Terapia a Seduta Singola, ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 Minuti.
Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare la nostra pagina FB OneSession.it
Riferimenti bibliografici
Cannistrà F., Piccirilli F. (2021). Terapia Breve Centrata sulla Soluzione. Roma: EPC Editore
Psicologa, Mediatrice Familiare, Esperta in Scienze Forensi
Terapia a Seduta Singola e Binge Eating Disorder
Il rapporto tra l’uomo è il cibo è un rapporto complicato.
Sappiamo quanto sia importante fisicamente e psicologicamente avere una corretta alimentazione e al contempo sappiamo quanto sia difficile mantenerla.
Il rapporto con il cibo è spesso controverso: alcuni si concedono gli eccessi, altri se ne privano del tutto; c’è chi non svolge attività fisica e chi al contrario ne abusa.
Mangiare è un piacere e al contempo una maledizione, soprattutto se consideriamo che non mangiamo solo “per fame” ma anche per socializzare; sono tanti i momenti in cui il cibo può trasformarsi in un premio o in una punizione e per alcuni strutturarsi come un problema.
Che cos’è il Binge Eating Disorder (BED)?
Quando parliamo di Disturbo Alimentare, ci riferiamo a un alterazione delle abitudini alimentari che comportano conseguenze sia fisiche che psicologiche, a causa dell’eccessiva preoccupazione rispetto al peso o alla forma del proprio corpo.
Il BED insorge tardi, tra i 25 e i 35 anni.
Il Binge Eating Disorder è stato inserito tardi nei Disturbi della nutrizione e della alimentazione; solo con il sopraggiungere del DSM-5.
Ciò che caratterizza questo disturbo è l’abbuffata: si presenta almeno 1 o 2 volte a settimana, senza che la persona ricorra in seguito a condotte di eliminazione.
L’abbuffata si alterna poi a periodi di digiuno e di restrizione alimentare piuttosto rigida che conducono ad abbuffarsi nuovamente.
Il comportamento cardine è la difficoltà nel controllare l’impulso a mangiar, motivo che spesso porta le persone che soffrono di BED all’obesità.
Ma cosa significa abbuffarsi?
L’abbuffata deve soddisfare alcuni parametri per essere ritenuta valida: non sto descrivendo infatti un momento di “sgarro” o cui la concessione di un alimento in più del necessario; al contrario l’abbuffata è riconoscibile per:
- Una quantità di cibo ingerita in un tempo limitato che è decisamente superiore al quantitativo normale che si ingerirebbe in quello stesso arco di tempo
- Una sensazione di totale perdita di controllo nei confronti del cibo.
L’abbuffata compulsiva presenterà almeno tre di questi tratti:
- Mangiare molto più rapidamente del normale;
- Mangiare fino ad avere una sensazione dolorosa;
- Mangiare grandi quantità di cibo pur non sentendo fame;
- Mangiare in solitudine a causa dell’imbarazzo per le quantità di cibo ingerite;
- Provare disgusto di sé, intensa colpa o disagio dopo aver mangiato troppo.
Ricapitolando, chi soffre di BED avrà difficoltà a controllare l’impulso a mangiare e 1 o 2 volte a settimana sarà vittima di un abbuffata compulsiva, alternata a periodi di rigido controllo alimentare.
Il controllo che fa perdere il controllo.
Il problema fondamentale è l’impossibilità di trovare un equilibrio tra il controllo e la perdita dello stesso; questo circolo vizioso infatti mantiene in vita il problema stesso.
«Niente è piu’ irresistibile di un divieto da trasgredire» O. Wilde
Pensaci! Più tenti di controllarti e più hai difficoltà nel farlo. Se hai deciso di vietare rigorosamente la cioccolata, incontrerai forti difficoltà a resisterle –quando avrai la possibilità di mangiarla- a causa di un crescente desiderio scatenato dall’auto imposizione.
Finirai per mangiarne più del necessario.
Come diceva Oscar Wilde: “ il miglior modo per resistere a una tentazione, è cedervi”
Cosa puoi fare?
Il primo passo è riprendere il controllo sul cibo e modificare le convinzioni errate che sono alla base dei tuoi divieti e delle tue paure rispetto a particolari cibi.
In secondo luogo, ridurre le abbuffate, costruendo un equilibrio alimentare.
- Controlla il cibo concedendotelo:
Ho appena spiegato come i divieti accrescono il desiderio. Anziché avere un controllo eccessivo e restrittivo del cibo, è importante che impari a concedertelo ed evitare di assumere un atteggiamento di totale e rigido rifiuto.
- Restringere senza restrizioni:
Prova a mangiare quanto vuoi e quello che vuoi ma all’interno dei tre pasti principali. Circoscrivi l’atto del mangiare in un tempo ben definito, concedendoti però tutto quello che vuoi.
- Fai una lista:Ogni mattina ti alzi e puoi scrivere una rapida lista pensando: “se oggi volessi peggiorare le mie abitudini alimentari, cosa dovrei fare?”
Fai una lista con tutti i comportamenti che ti vengono in mente come “mangiare schifezze”, “mangiare più del solito” e cosi via.
A fine giornata riprendi la lista e sbarri i comportamenti che hai messo in atto.
Come può esserti d’aiuto la Terapia a Seduta Singola?
In primo luogo se pensi di aver bisogno di un supporto in più, puoi rivolgerti a uno specialista in questi casi, uno psicologo e un nutrizionista.
La Terapia a Seduta Singola è utile perché consente individuare le tue tentate soluzioni, ovvero i comportamenti che mantengono in vita il problema, e di bloccarli.
Si lavora partendo dalle risorse della persona, per capire quale sarebbe il primo passo per modificare in meglio il rapporto con il cibo e decidere che obiettivo si intende raggiungere.
Dopodichè si concorda una strategia insieme e come procedere.
Smettere di abbuffarsi è possibile e anche in un solo incontro con lo psicologo è possibile ottenere concreti benefici.
Sei interessato alla Terapia a Seduta Singola? Puoi rivolgerti ai nostri psicologi e psicoterapeuti, disponibili ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00, per una consulenza gratuita online.
Scrivi sulla pagina Facebook One Session.it
Beatrice Pavoni
Bibliografia:
Nardone, G (2007) La Dieta Paradossale: sciogliere i blocchi psicologici che impediscono di dimagrire e mantenersi in forma, Ponte delle Grazie
Nardone, G. Verbitz, T. Milanese, R. (1980). Le prigioni del cibo. Vomiting, anoressia, bulimia. La terapia in tempi brevi.Tea
Sono una psicologa che si occupa di consulenze brevi e di TSS: il mio obiettivo è ridurre i tempi della terapia e massimizzare l’efficacia della seduta, offrendo un sostegno focalizzato e concreto per affrontare sia le piccole che le grandi difficoltà della vita
Quando una sola seduta può essere sufficiente
Quanto dura un percorso psicologico?
Un mese?
Un anno?
Di più?
E se una sola seduta fosse sufficiente?
Il numero più frequente di sedute in psicoterapia è 1
Intorno agli anni ’90 lo psicologo Moshe Talmon fece una scoperta casuale. Gli capitò di analizzare il numero di accessi dei pazienti seguiti al Kaiser Permanente, il centro dove lavorava.
Talmon si rese conto che, confrontando l’attività di una trentina di operatori tra psichiatri, psicologi e operatori sociali, il numero più frequente di sessioni di terapia era uno.
Spinto da questa scoperta condusse una ricerca più strutturata che portò ai seguenti risultati:
- uno è il numero più frequente di sedute in psicoterapia
- tra il 20 e il 50% delle persone sceglie di fare una sola seduta
- fino all’80% delle persone che scelgono di fare una sola seduta ritiene di stare meglio o di aver risolto il suo problema.
Questi risultati sono stati confermati in diverse parti del mondo: una recentissima ricerca ha potuto estendere questi dati anche alla realtà italiana (Cannistrà et al., 2020).
Col lavoro pioneristico di Talmon si è quindi messa in dubbio l’idea comune che i cambiamenti psicologici abbiano bisogno di lunghi periodi per avvenire.
A scardinare ancora di più questa idea ci pensa lo psicologo Michael Hoyt, il quale ritiene che il numero più frequente di sedute in psicoterapia sia addirittura zero!
Che significa?
Prova a pensare: quante volte nella tua vita hai dovuto affrontare dei problemi? E quante volte ti sei rivolto ad uno psicologo per risolverli?
Generalmente le persone risolvono i propri problemi da sole, perché hanno le risorse per poterlo fare!
Trarre il massimo da ogni singolo incontro grazie alle risorse della persona
La terapia a seduta singola è una tecnica che permette di massimizzare l’efficacia di ogni singolo incontro.
Per farlo, sfrutta al meglio le risorse di tipo cognitivo, emotivo, sociale ed esperienziale che l’individuo già possiede ma che in quel momento magari non riesce ad usare al meglio o non riesce a vedere.
In un incontro di Terapia a Seduta Singola ogni seduta è concepita come completa in sé: ci si focalizza su un problema specifico portato dalla persona e si lavora fin da subito per raggiungere un obiettivo concordato.
L’interesse di una Terapia a Seduta Singola non è tanto ricercare le cause del problema quanto focalizzare l’obiettivo e identificare le risorse e capacità che possono facilitare l’individuo nel suo raggiungimento, eventualmente bloccando comportamenti controproducenti che mantengono vivo il problema.
Quindi posso risolvere tutti i miei problemi in un solo incontro?
Sebbene le ricerche dimostrino che una sola seduta può essere sufficiente, non è possibile stabilire a priori se sarà così. Alcune persone beneficiano di un solo incontro, altre hanno la necessità di intraprendere un percorso (anche breve). Va bene in ogni caso, esistono persone e persone, problemi e problemi.
Che basti un incontro o che ne servano altri, con la Terapia a Seduta Singola si lavora come se quel primo incontro fosse potenzialmente l’unico, massimizzandone quindi l’efficacia.
Per quali problemi e situazioni funziona?
La Terapia a Seduta Singola è efficace per ampissimo numero di problemi, quali ansia e attacchi di panico, depressione, disturbo post traumatico da stress, insonnia, disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza.
Può essere utile anche tutte quelle situazioni dove non esiste un problema o un disturbo conclamato, ma si ricorre allo psicologo ed alla Terapia a Seduta Singola per prendere una decisione o per migliorare degli aspetti di se stessi.
Il fatto che ogni incontro sia completo in sé, inoltre, permette di pensare allo psicologo come al medico di famiglia: un professionista a cui rivolgersi al bisogno.
Se sei interessato alla Terapia a Seduta Singola ogni martedì per un periodo limitato, dalle 18:00 alle 20:00 gli Psicologi e gli Psicoterapeuti del nostro team One Session si rendono disponibili per degli incontri gratuiti aperti a tutti.
Bibliografia
Cannistrà, F. Piccirilli (2018), Terapia a Seduta Singola. Principi e pratiche. Giunti Psychometrics
Cannistrà et al. (2020), Examining the Incidence and Clients’ Experiences of Single Session Therapy in Italy: A Feasibility Study, Australian and New Zealand Journal of Family Therapy
Il mio lavoro è orientato al futuro e alla valorizzazione delle risorse delle persone che si rivolgono a me, in ottica di totale collaborazione.
NUOVO SERVIZIO ONLINE!
Un solo incontro ONLINE con lo Psicologo può essere sufficiente!
Ti capita di pensare: “Mi piacerebbe iniziare un percorso con lo psicologo, ma è troppo lungo?”
Molte persone non vanno dallo psicologo perché pensano di dover affrontare un percorso lungo e dispendioso oppure di avere problemi che necessitano di lunghe terapie.
Questa convinzione comporta che tanti non si rivolgono agli psicologi e peggiorano il loro problema.
Può esserti utile sapere che esiste un metodo, chiamato Terapia a Seduta Singola (TSS) che consente di trarre beneficio anche da un singolo incontro con lo psicologo, permettendo di raggiungere, spesso anche in una sola seduta, l’obiettivo prefissato, i benefici sperati o di trovare le strategie per potercela fare da solo.
“Com’è possibile risolvere un problema con un solo incontro e avere risultati che durano?”
Le ricerche riportano che:
- 1 è il numero più frequente di sedute fatte in terapia.
- tra il 40 e il 60% delle persone con cui viene usato il metodo di TSS, ritiene sufficiente una sola seduta
- fino all’80%di esse riferisce di aver risolto il proprio problema o di stare meglio grazie a quell’unica seduta.
In pratica 1 persona su 2 ritiene sufficiente un singolo incontro.
Per questo motivo il One Session Center Online è costituto da Psicologi e Psicoterapeuti formati in Terapia a Seduta Singola, pronti ad aiutarti anche in una sola seduta. L’incontro si concentra solo su ciò che vuoi affrontare.
A causa del Covid-19 e delle misure precauzionali, abbiamo deciso di attivare un servizio di volontariato esclusivamente ONLINE a partire da Settembre -per un tempo limitato- per dare il nostro contributo “ a distanza” e tutelare così la salute delle persone.
Come funziona il One Session Center?
Il servizio sarà attivo tutti i Martedì dalle 18.00 alle 20.00.
Scrivi sulla nostra pagina Facebook per prendere appuntamento e richiedere la tua consulenza a Seduta Singola gratuita di 30 minuti su Skype o Whatsapp.
Puoi attendere un massimo di 20 minuti se tutti i professionisti sono occupati.
Dopo il primo incontro la porta del tuo psicologo rimane sempre aperta per te.
Puoi rivolgerti direttamente a lui per prendere un nuovo appuntamento o decidere di contattarlo per qualunque necessità.
Per quali problemi è utile la TSS?
- Ansia, Attacchi di panico e Fobie
- Depressione, Insonnia, Problemi familiari
- Rapporto con se stessi e con gli altri
- Per prendere una decisione
- Per gestire lo stress o una crisi improvvisa
- Per avere un confronto
…e tante altre situazioni!
Contattaci scrivendo sulla pagina Facebook
oppure per informazioni (no appuntamenti) invia un email a centroos@terapiasedutasingola.it
Il team di Italian Center for Single Session Therapy
Sono una psicologa che si occupa di consulenze brevi e di TSS: il mio obiettivo è ridurre i tempi della terapia e massimizzare l’efficacia della seduta, offrendo un sostegno focalizzato e concreto per affrontare sia le piccole che le grandi difficoltà della vita
Decisione difficile? La terapia a seduta singola può aiutarti a scegliere
Sei una persona indecisa? Devi prendere una decisione importante e non sai proprio che pesci prendere?
Forse qui puoi trovare una soluzione efficace per te.
Prima di continuare, è importante sottolineare un aspetto che in questo momento, forse, stai sottovalutando: noi decidiamo ogni giorno, continuamente.
Alcune scelte sono semplici, e le adottiamo in modo automatico, basandoci sulle nostre esperienze pregresse (che strada fare per andare a scuola o a lavoro) o sulle nostre preferenze (con che cosa fare colazione).
Quello che però vale la pena ricordare è che dalla scelta più banale a quella più difficile, il processo decisionale che adottiamo è pressoché lo stesso.
Che sia il pranzo o la carriera accademica, noi scegliamo attraverso processi di “selezione”, che scartando differenti opzioni, ci conducono a definire quale sia, per noi, la soluzione ideale.
Perché allora, se il processo è lo stesso, in alcuni casi è così difficile decidere?
I motivi possono essere tantissimi: perché non abbiamo le idee chiare, perché la decisione che “sentiamo” di dover prendere può avere delle conseguenze che possono ferire qualcuno a cui teniamo, perché entrambe le opzioni che abbiamo di fronte ci sembrano allettanti, o al contrario perché ci troviamo a dover scegliere il “male minore”.
In generale, quando ci troviamo di fronte ad una scelta “difficile”, può entrare in gioco la paura. Studi sui processi decisionali hanno individuato alcune categorie generali di paure che insorgono quando dobbiamo prendere una decisione.
Tra queste, particolarmente rilevanti sono la paura di esporsi, paura di sbagliare, di non essere all’altezza o del giudizio negativo degli altri.
Queste paure incidono sulle nostre capacità di scelta alimentando la nostra indecisione e, a volte, i nostri dubbi.
Malgrado sia spesso visto con sospetto, il dubbio ha in realtà una funzione estremamente positiva: ci permette di incrementare la nostra visione, prendere in considerazione altre prospettive, altre possibili scelte e valutare con attenzione le conseguenze delle nostre decisioni.
A volte, tuttavia, può capitare che il dubbio comporti un blocco della nostra facoltà decisionale andando ad incidere negativamente sulla nostra qualità della vita, sul nostro benessere e sulla nostra autoefficacia, soprattutto nei frequenti casi in cui il dubbio “contagia” anche scelte che, in altre occasioni, avremmo preso senza troppe preoccupazioni, come se ogni risposta generasse un nuovo dubbio, trascinandoci in una sorta di circolo vizioso.
Cosa fare in questi casi?
Con la terapia a seduta singola ci sono molti modi per aiutare la persona ad individuare il metodo di scelta più adatto alle proprie esigenze.
L’efficacia della terapia a seduta singola è data dal fatto che si basa sull’unicità della persona, sulle sue risorse e sui suoi valori.
Anche quando la problematica può essere generalizzata (in questo caso la difficoltà di prendere una decisione), ogni persona affronta il problema in modo diverso, e ogni situazione è pressoché unica, quindi non c’è una ricetta uguale per tutti.
Se vuoi provare ad arrivare alla decisione autonomamente ma stai avendo difficoltà sappi che la scrittura ti può aiutare.
Se hai già provato a fare la lista dei pro e dei contro o ad attribuire un valore numerico alle varie opzioni e non è servito a nulla, continua a leggere perché quello che ti suggerisco è un po’ diverso.
Conversazioni con…uno sconosciuto
Una soluzione efficace può essere infatti quella di scrivere i tuoi pensieri, immaginando di avere una conversazione con uno sconosciuto.
Questo ti porterà ad essere quanto più chiaro possibile: quando parliamo con una persona che non ci conosce dobbiamo cercare di spiegare bene, in modo sintetico, non solo “il dubbio” e la scelta che dobbiamo prendere, ma anche le condizioni da cui partiamo e quali conseguenze immaginiamo che la scelta possa avere sulla nostra vita.
Il potere della scrittura è veramente forte e questa soluzione può essere veramente efficace se adottata nelle giuste modalità.
Attenzione ai dettagli
Scegli un “momento” da dedicare a questa soluzione: può volerci del tempo, e quindi è necessario che tu definisca con anticipo un preciso giorno ed una precisa ora da dedicare a quest’attività.
Scegli un luogo: è un momento che dedichi a te, e in quanto tale, dev’essere tuo, privo di distrazioni ed interferenze.
Scrivere ti permetterà di avere una visione molto più chiara sia delle tue emozioni sia dei dati oggettivi che stai valutando. Soprattutto, ti permetterà di stabilire se sei d’accordo con quanto hai affermato in quello che hai scritto e guardare la tua condizione da una nuova prospettiva.
Se neanche questa modalità funziona e “il blocco decisionale” invade le tue giornate generandoti ansia e preoccupazione, puoi rivolgerti ad uno psicologo formato in terapia a seduta singola con il quale potrai individuare la soluzione più adatta per la tua persona e per la tua concreta necessità, già a partire dal primo e, in molti casi, unico incontro.
Roberta Miele
Bibliografia
Nardone, G. (2014). La paura delle decisioni. Come costruire il coraggio di scegliere per sé e per gli altri. Milano: Ponte alle Grazie
Cannistrà F., Piccirilli F. (2018). Terapia a seduta singola. Principi e pratiche. Giunti Psychometrics
Psicologa e picoterapeuta in formazione. Utilizzo la terapia a seduta singola per permettere alla persone di raggiungere i propri obiettivi e massimizzare l’efficacia di ogni singolo incontro.
Ricevo a Caserta e On-line (Skype).
Come smettere di rimuginare con la Terapia a Seduta Singola?
Ti è mai capitato che la testa fosse riempita sempre e solo da un pensiero o da una serie di pensieri che continuano a ripetersi senza riuscire a controllarli?
Immagina di essere sul finire della tua giornata, soddisfatto di come sia trascorsa.
Hai già la mente ad una perfetta serata di relax, sei quasi pronto per una buona pizza e quel film che desideri da mesi vedere. Eppure, proprio a pochi minuti dall’inizio della tua “serata perfetta”, ricevi la chiamata di una persona a te cara. Avete una breve discussione e nonostante tu provi a dare dei chiarimenti, senza darti troppe spiegazioni, il tuo interlocutore dice solo che devi cambiare atteggiamento.
Non stupirti se la richiamata situazione potrebbe esserti familiare. Infatti, ad ognuno di noi è capitato di dover affrontare inaspettate discussioni, più o meno spiacevoli che, nella maggior parte delle persone, sono causa di cattivo umore.
Una volta terminata la telefonata abbiamo di fronte due opzioni per affrontare la situazione:
- Tornare con la testa alla nostra serata perfetta, consapevoli che la soluzione migliore sia un confronto successivo;
- Lasciare che il problema ci divori per tutta la serata pensando a quanto possa essere stata ingiusta quella telefonata e come ci abbia rovinato tutti i piani.
Nel primo caso, abbiamo pensato al problema ritenendo che la soluzione immediata ideale sia rinviarlo ad un momento successivo più idoneo ad affrontarlo.
Nel secondo caso, non potendo trovare una soluzione immediata e non essendo la stessa sotto il nostro diretto controllo, non riusciamo a smettere di pensarci: stiamo allora “rimuginando”.
Rimuginare consiste nel riflettere continuamente a stessi pensieri che solitamente tendono ad essere tristi e negativi. Insistere con la nostra mente nel riproporre “ossessivamente” alcuni pensieri e/o scenari, nella speranza di ottenere nuove narrazioni o di comprendere in modo differente un evento, al fine di ridurre la nostra ansia e angoscia, provoca, in realtà, l’effetto contrario di produrre ulteriore stress che ci rende conseguentemente ancora più tristi, arrabbiati o agitati.
Cosa c’è di male nel rimuginare?
Spesso le persone passano ore ad analizzare la situazione; si pensa talmente tanto al problema che non si riesce neanche a trovare una soluzione. Ed è qui che rimuginare potrebbe diventare dannoso e problematico, comportando rischi significativi sulla nostra salute fisica e mentale.
Diverse ricerche hanno dimostrato che rimuginare è associato ad una serie di conseguenze negative. Difatti, può aumentare la probabilità di sviluppare problemi di depressione, prolungare episodi depressivi quando già presenti, condurre a dipendenza da alcol o disturbi alimentari.
È stato scoperto da Nolen-Hoeksema che rimuginare favorisce la nascita di pensieri negativi, influenza le nostre percezioni generali in modo da distorcere anche altri aspetti della vita attuale e ci orienta in modo più pessimistico al futuro.
È interessante notare come spesso le persone che rimuginano pensino che questo aiuti loro a trovare soluzioni. Tuttavia, quando ci si concentra sul “perché?” piuttosto che sul “come” non si riesce in realtà a trovare la giusta strada. Raramente, infatti, rimuginando si trovano nuove intuizioni o soluzioni, in quanto si diventa cosi preoccupati del problema da intrappolarci all’interno di un circolo vizioso mentale che ci rende prigionieri dei nostri stessi pensieri.
Come smettere di rimuginare? alcuni consigli
È importante riuscire a cogliere ogni volta, il più velocemente possibile, il nostro rimugino trovando il modo di occupare la nostra mente con qualcosa di diverso. È corretto lavorare sulla risoluzione dei problemi e formulare un piano per migliorare la situazione. Ma una volta che hai capito quale questo possa essere, devi fare altro e non pensarci più.
1. Allenati sulla consapevolezza
Non sopprimere i pensieri, diventane più consapevole, in modo controllato e intenzionale.
2. Impegnati in attività piacevoli
È importante impegnarsi in un’attività che occupi la mente, come leggere un libro, guardare un buon film, fare esercizi, parlare con un amico (non del problema!), impendendo ai pensieri di tornare verso il problema. È necessario però che l’attività che ti proponi ti piaccia e favorisca pensieri positivi.
3. Evitate domande astratte.
Evita di porti domande astratte come: “perché queste cose succedono proprio a me?”; identifica, invece, almeno una cosa concreta che si potrebbe fare per superare il problema o i problemi su cui stai riflettendo.
Rimarrai stupito da quanto meglio affronterai le difficoltà e con la pratica ti sentirai regolarmente meglio!
Quando pensi di non farcela solo…
Se rimuginare ha un impatto sulle capacità di svolgere qualunque attività o danneggia la qualità di vita, parlarne con un terapeuta può essere d’aiuto. Con la terapia a seduta singola, possiamo massimizzare insieme il tempo a disposizione, individuando un obiettivo concreto da raggiungere e facendo leva sulle tue risorse.
Bibliografia
Nolen-Hoeksema, S. (2000). The role of rumination in depressive disorder and mixed anxiety/depressive symptoms. Journal of abnormal psychology, 109: 504- 511
Nolen-Hoeksema, S., Gilbert, K., & Hilt, L. M. (2015). Rumination and Self- Regulation in Adolescence. Self-Regulation in Adolescence, 311.
Raeisizadeh, R., & Mohammadi, K. (2018). The Role of Rumination in Psychopathology: A Review Study. American Journal of Life Science Researches, 6(2), 67-71.
Cannistrà, F., & Piccirilli, F. (2018). Terapia a seduta singola. Principi e pratiche.
L’attacco di panico: Fuggi o combatti?
Che cos’è l’attacco di panico?
L’ansia è il problema più diffuso e più comune al giorno d’oggi: stando alle ricerche, almeno 2 persone su 3 dichiarano di vivere uno stato ansioso e di esserne condizionati.
Tipicamente l’ansia è caratterizzata da una serie di sintomi fisici che possono acuirsi nel tempo o in alcune situazioni specifiche, fino a sfociare in attacchi d’ansia o, nel peggiore dei casi, in attacchi di panico.
Ti è mai capitato di avere un attacco di panico?
Immagino che sia stata un’esperienza terribile, che ti ha colto alla sprovvista, almeno la prima volta.
Il primo attacco di panico ti coglie impreparato, ti spaventa ed sviluppa in te la paura che se ne verifichi un secondo.
Il disturbo da attacchi di panico nasce nel momento in cui gli episodi diventano ricorrenti e si verificano in determinate circostanze o rispetto a singoli eventi.
Per esempio l’attacco di panico ti è venuto la prima volta quando eri fuori casa, da solo, in un posto che non conoscevi. Hai avuto paura e da quel momento hai deciso, per paura di subire ancora quelle sensazioni, di non andare più in posti che non conosci da solo.
Ecco. La “paura della paura” ti ha frenato e ha creato un circolo vizioso in cui sei invischiato e che non riesci a disinnescare. Sei costretto a evitare tutto ciò che ti spaventa, luoghi, situazioni, mezzi pubblici etc, fino a compromettere la tua quotidianità.
Non solo. Trovi un escamotage per non precluderti completamente la possibilità di uscire e allora chiedi aiuto – agli amici, ai familiari –perché da solo non ce la fai.
Se soffri o hai sofferto di un disturbo da attacchi di panico, riconoscerai alcuni di questi sintomi:
- palpitazioni o tachicardia (il cuore batte a mille)
- tremori (fini e diffusi, oppure a grandi scosse)
- sudorazione intensa
- sensazione di rimanere senz’aria o di avere difficoltà a respirare
- dolore o fastidio al petto (a volte come fosse un infarto)
- nausea, conati di vomito o disturbi addominali
- vertigini, sbandamenti o sensazione di svenimento
- sensazione di irrealtà (derealizzazione) o di essere distaccato da te stesso (depersonalizzazione)
- paura di perdere il controllo o di “impazzire”
- paura di morire
Fuggi o combatti?
La prima reazione ed anche la più comune è quella di ricorrere ai farmaci. Del resto se hai l’ influenza, un dolore allo stomaco o un piede dolorante, ricorri al medico e ai suoi consigli, perchè non farlo anche nel caso dell’attacco di panico, se si manifesta per lo più a livello fisico?
Il farmaco può essere utile in alcuni casi, ma è possibile scegliere di intraprendere –in concomitanza- anche un percorso terapeutico.
Quando farlo?
Quando gli attacchi di panico non sono cosi invalidanti da chiuderti dentro casa;
Se sei motivato ad affrontarli;
Perchè combatti invece di fuggire.
Gli antichi sumeri affermavano: “La paura evitata diventa timor panico, la paura guardata in faccia diventa coraggio.”
Evitare, evitare, evitare!
Forse penserai che non è possibile ma ci sono alcune cose che potresti evitare di fare e che potrebbero rivelarsi utili per far fronte all’attacco di panico:
- Chiedere aiuto: ogni volta che chiedi aiuto confermi a te stesso di non essere in grado. Ci sono tante persone pronte a tenderti la mano ogni volta che ne hai bisogno e questo è bello, ti dice che sei circondati da persone che ti vogliono bene; ogni volta, però, che chiedi a aiuto stai dicendo a te stesso che non sei in grado di affrontare la situazione da solo, che non sei capace e il suo senso di efficacia diminuisce.
- Parlare: ogni volta che ti sfoghi in merito alle tue paure, ti senti meglio. Sul momento, il fatto di parlarne ti scarica, ti rilassa e sembra andare tutto bene. Poi? Dopo averne parlato, sul lungo periodo ti è utile ? Il parlare agisce sulla paura come il concime sulle piante: più parli e più la paura cresce.
- Evitare: sei ormai un esperto nell’evitare quello che ti fa paura e allora ti chiedo di evitare di evitare: più eviti e più confermi la pericolosità della situazione; più eviti e più confermi a te stesso di non essere in grado di affrontarla.
Non è facile superare da soli l’attacco di panico ed è per questo che ti invito a rivolgerti a un professionista, uno psicologo qualificato.
Sul sito www.onesession.it, per esempio, è presente un elenco di professionisti formati in Terapia a Seduta Singola che potranno aiutarti a raggiungere i risultati sperati, anche in un singolo incontro; ebbene si, anche una sola seduta con il terapeuta potrebbe apportare benefici, individuare le tue risorse e aiutarti a priorizzare l’obiettivo da raggiungere.
Bibliografia:
www.riza.it
Cannistrà F., Piccirilli F. (2018), Terapia a seduta singola. Principi e pratiche. Giunti Psychometrics
Nardone, G. (2016) La terapia degli attacchi di panico. Ponte alle Grazie
Nardone, G. (2016) Paura, panico, fobie. La terapia in tempi brevi. TEA
Sono una psicologa che si occupa di consulenze brevi e di TSS: il mio obiettivo è ridurre i tempi della terapia e massimizzare l’efficacia della seduta, offrendo un sostegno focalizzato e concreto per affrontare sia le piccole che le grandi difficoltà della vita
La paura dell’aereo e la Terapia a Seduta Singola.
Sai che cose’è l’aereofobia? E’ il termine che definisce la paura di volare in aereo (fear of flying) a causa di uno stato di ansia significativo.
Si configura o come una fobia – una paura irrazionale e persistente, verso una situazione specifica che in questo caso è la condizione di dover prendere l’aereo- o potrebbe manifestarsi come una paura piuttosto intensa ma comunque gestibile.
Hai paura di volare?
Non ti preoccupare, non sei il solo a sperimentare questo disagio, ma tanti soffrono di questo problema.
Perché si ha paura dell’aereo?
Non c’è una risposta univoca.
Sicuramente volare è una condizione estranea all’essere umano e di per sé, spaventosa.
Bisogna considera che l’aereo, per quanto sicuro, è un mezzo dal quale una volta saliti non si può più scendere, se non al termine del viaggio.
- C’è chi soffre di claustrofobia e di conseguenza ha paura di volare perché si trova in un mezzo chiuso.
- Un esperienza traumatica vissuta sull’aereo ha cristallizzato la paura per il mezzo.
Le cause possono essere tante ma rimane il problema che chi ha paura dell’aereo ha difficoltà nel programmare un viaggio o a farlo fino a raggiungere i casi estremi di fobia dove l’aereo viene evitato del tutto.
Paura e fobia: sono la stessa cosa?
No. La paura è un emozione fondamentale, utile all’essere umano come campanello di allarme per i pericoli esterni. Tuttavia da una semplice paura fisiologica può trasformarsi in una paura persistente e pervasiva, che invalida il normale svolgimento di vita della persona: in questo caso diventa fobia, una paura specifica e irrazionale.
C’è chi, nonostante la paura, prende comunque l’aereo, chi ricorre a tentate soluzioni come: rituali propiziatori prima del viaggio, distrattori (musica, libri, pc..), la compagnia delle persone (non partono mai da soli), viaggi brevi e dilazionati nel tempo, e nei casi più resistenti l’uso dei farmaci.
Chi invece prende l’aereo solo quando strettamente necessario – per lavoro- e chi lo evita del tutto perché sa che potrebbe avere un attacco di panico se costretto a prenderlo.
Non prendere più l’aereo o prenderlo con grandi difficoltà e disagi pervasivi, significa rinunciare a una vacanza, a rendersi disponibile per un viaggio di lavoro, ad andare a trovare dei parenti, a un trasferimento, a vedere il mondo e essere costretti a usare mezzi più scomodi, meno sicuri e che impiegano molto più tempo.
Insomma, tutta una serie di svantaggi che sono sicura non sei fino in fondo felice di accettare.
Lo sai che è possibile risolvere il problema in tempi brevi?
Come superare la paura dell’aereo?
Chi vola, lo sa, che l’aereo è considerato da sempre –secondo le statistiche- come il mezzo più sicuro; sono più frequenti gli incidenti in macchina, in treno o in nave rispetto a quelli in aereo.
Eppure immagino che tu è proprio dell’aereo che hai più paura mentre i restanti mezzi, come la macchina, che usi tutti i giorni, non ti spaventano.
Chissà, forse in macchina hai la sensazione di avere il pieno controllo in quanto conducente – per quanto illusoria sia- mente l’aereo è un mezzo su cui sei passeggero.
Se hai paura dell’aereo la per prima cosa cerchi rassicurazione:
- chiedi aiuto alle persone intorno a te, ne parli, ti sfoghi e ti lamenti. La rassicurazione non funziona però. Quando ne parli, immagino che sul momento ti senti meglio, ma dopo? Funziona? Questo perché in realtà la rassicurazione alimenta l’ansia, rendendo la paura più reale e confermando il fatto che fai ad avere paura.
- La seconda cosa che fai è cercare spiegazioni razionali e logiche: sai che è più facile morire in macchina che in aereo, che è il mezzo più sicuro su cui viaggiare, che è attrezzato per affrontare lunghi viaggi e turbolenze. La razionalità tuttavia non risolve il problema ma colma solo una lacuna e aumenta la consapevolezza personale: agisce infatti su una paura irrazionale e di conseguenza il suo effetto è limitato.
- Infine, decidi di evitare di prendere l’aereo: Inizialmente questa tentata soluzione sembra funzionare poi, evitando costantemente, peggiori la situazione. Questo accade perché evitando confermi che la situazione è realmente pericolosa e perdi fiducia nelle tue capacità personali.
Nardone afferma “La paura evitata diventa panico, la paura guardata in faccia diventa coraggio”.
Pensi di non farcela?
Puoi rivolgerti a uno specialista in questi casi.
La terapia a seduta singola è utile per ottenere vantaggi anche in una sola seduta con lo psicologo, soprattutto per questo tipo di paure che si risolvo in tempi brevi attraverso l’individuazione dell’obiettivo da raggiungere e l’individuazione delle tue risorse.
Sul sito di www.onesession.it, è presente un elenco di professionisti formati in Terapia a Seduta Singola che potranno aiutarti a raggiungere i risultati sperati.
Beatrice Pavoni
Bibliografia:
Evangelisti, L. (2014). Mai più paura di volare. Come vincere per sempre la fobia dell’aereo. Milano: Feltrinelli.
Nardone G.,1993 “Paura, panico, fobie”, Ponte alle Grazie, Milano
Nardone G., 2000 “Oltre i limiti della paura”, Ponte alle Grazie, Milano Nardone G., 2003
Cannistrà F, Piccirilli F. (2018) terapia a seduta singola. Principi e pratiche. Giunti Psycometrics
Sono una psicologa che si occupa di consulenze brevi e di TSS: il mio obiettivo è ridurre i tempi della terapia e massimizzare l’efficacia della seduta, offrendo un sostegno focalizzato e concreto per affrontare sia le piccole che le grandi difficoltà della vita
Fai sempre più fatica a prendere sonno? Ecco per te 10 + 1 consigli naturali contro l’insonnia!
Ti giri e ti rigiri nel letto senza riuscire a prendere sonno? La testa rimugina sempre sugli stessi pensieri e non c’è modo di cacciarli via? Hai provato perfino a contare le pecore: “Una pecora, due pecore, tre pecore e così via” ma niente, non funziona. Le ore passano e tu non prendi sonno.
Oppure ti capita di svegliarti nel bel mezzo della notte o troppo presto al mattino e non riuscire a riaddormentarti in nessun modo? Il tuo sonno è sempre molto leggero e di scarsa qualità. Quando ti svegli ti accorgi di non essere mai totalmente riposato. Ti senti la testa pesante, affaticato, insofferente, quasi più stanco di quando sei andato a dormire.
Dormi sempre di meno, ormai le tue ore di sonno si sono ridotte a 3 o 4 per notte da più di un mese, con una conseguente compromissione delle attività giornaliere. Non riesci a rimanere concentrato a lavoro, non hai le forze per andare in palestra, coltivare i tuoi hobby o uscire con i tuoi amici. Insomma sei stanco per qualsiasi cosa.
Tranquillo!
L’insonnia è molto comune e nella maggioranza dei casi è la più semplice da curare senza farmaci. Infatti prima di intraprendere qualsiasi terapia, cerca di individuare la causa responsabile della tua insonnia.
Mi raccomando! Non ricorrere assolutamente subito ai farmaci e soprattutto senza una prescrizione medica. Non sempre l’insonnia necessita di farmaci per essere curata e in quei casi il loro utilizzo potrebbe solo comportarti altri problemi.
Ricorda che la somministrazione smodata e sregolata di farmaci contro l’insonnia può creare dipendenza, sonnolenza diurna, eccessiva sedazione, riduzione delle capacità cognitive, amnesia anterograda, pericoli durante l’uso di veicoli e macchinari. Pertanto ti consiglio di non assumere questi farmaci oltre il termine stabilito dal tuo medico nel caso in cui li avesse ritenuti necessari.
Se invece hai già verificato che la tua insonnia non è associata ad uno specifico disturbo, allora probabilmente la causa potrebbero essere alcune tue abitudini di vita quotidiana che senza rendertene conto vanno a interferire con il sonno.
In tal caso puoi cominciare a modificare queste tue “cattive” abitudini, seguendo questi 11 consigli che ti riporto qui di seguito:
1) Impara a rilassarti, magari aiutandoti con un bagno caldo prima di andare a dormire o praticando yoga o corsi di rilassamento. Lo stress e l’ansia incidono molto sulla qualità del sonno;
2) Concentrarti su qualcosa di piacevole, cercando di allontanare le preoccupazioni della giornata;
3) Regolarizza i tuoi orari, alzati presto al mattino e vai a dormire entro la mezzanotte;
4) Riduci il più possibile la nicotina, l’alcool e l’uso di bevande eccitanti come: caffè, tè, bibite a base di guaranà, matè o ginseng e anche la cioccolata soprattutto prima di andare a dormire;
5) Non dormire durante il pomeriggio. Nonostante i pisolini pomeridiani ti sembrano una buona soluzione, possono ripercuotersi negativamente nel sonno notturno ostacolando l’addormentamento;
6) Evita di utilizzare il computer o altri dispositivi luminosi prima di metterti a letto, forse non lo sai ma fanno attivare ulteriormente il tuo cervello rendendo il sonno irrequieto;
7) Segui una sana alimentazione, assumendo cibi sani e leggeri e prediligendo soprattutto cibi ricchi di magnesio come: mandorle, crusca, arachidi, riso integrale, nocciole e lenticchie. Evita il consumo di alimenti troppo difficili da digerire come fritti e cibi ricchi di grassi soprattutto prima di andare a letto così da non appesantire la digestione;
8) Non andare immediatamente a letto dopo il pasto serale ma fai passare almeno un paio d’ore così da non andare a dormire mentre sei in digestione;
9) Pratica attività fisica in modo costante, utile sia per scaricare lo stress che per produrre endorfine;
10) Assumi la melatonina, una sostanza naturale che produce il nostro corpo e che serve a regolarizzare il ciclo sonno-veglia ma che tende a diminuire quando si dorme poco;
11) Invece di ricorrere ai farmaci prova a utilizzare dei rimedi naturali che puoi trovare in erboristeria come i Fiori di Bach oppure tisane e infusi che contengono piante rilassanti come Camomilla, Melissa, Passiflora, Tiglio e Valeriana.
Di suggerimenti c’è ne sono diversi ma intanto prova ad iniziare con questi, e se ti accorgi che il tuo problema non è ancora risolto, allora prova a rivolgerti ad un terapeuta che ti aiuterà a scoprire per quale motivo non riesci a dormire bene.
Non servono terapie interminabili, in molti casi si è osservato che anche dopo una singola seduta di terapia, è possibile ottenere degli ottimi risultati. Non aspettare ancora per contattare uno dei terapeuti formati in Terapia a Seduta Singola cercando sul nostro sito onesession.it, il terapeuta più vicino a te e più adatto alle tue esigenze.
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Metti uno STOP al lavoro! 4 buoni motivi per andare in vacanza
Fa caldo, sudi, quasi fai fatica a respirare, ti sventoli di continuo con i fogli che tieni in mano mentre lavori, sbuffi. Si, è arrivata l’estate e in ufficio è senza dubbio più faticoso lavorare. E oltre al caldo si fa sentire anche la stanchezza di un intero anno lavorativo.
Per fortuna che insieme al caldo afoso è arrivato anche il tempo delle ferie. E’ finalmente ora di andare in vacanza!
Dopo un intero anno a lavorare, un anno tra scadenze da rispettare, incontri di lavoro, progetti da terminare, cambiamenti da apportare, idee da scartare, colleghi da gestire e tensioni da appianare, è finalmente giunto il momento di staccare la spina.
Si, lo stress comincia ad essere difficile da controllare. La testa sta per andare in tilt, ti serve di rallentare, ti serve proprio una vacanza tra relax e bagni rinfrescanti. Puoi partire con la tua famiglia o magari con gli amici, puoi andare al mare o in montagna, insomma ogni posto va bene purchè ti permetta di ricaricarti.
Quindi cosa aspetti, prepara la valigia!
Non sarai mica anche tu, una di quelle persone che non riesce mai a staccare veramente dal lavoro e a godersi a pieno le vacanze per rilassarsi e ricaricare le energie?
Magari parti per le vacanze ma tra tablet, cellulare e computer sei sempre in contatto con l’ufficio, magari ti avvantaggi il lavoro perché hai paura di rimanere indietro o ancor peggio ti senti in colpa a volerti rilassare quando sarebbe più giusto che lavorassi.
In tal caso, ti voglio dare 4 buoni e soprattutto sani motivi per dire stop al lavoro e andare serenamente in vacanza:
- Se non ti concedi una pausa per rilassarti, la tua vista e la tua mente che magari solitamente tieni per ore fisse davanti il computer, potrebbero portarti forti mal di testa e un abbassamento della vista.
- Dedicarti del tempo lontano dal lavoro e soprattutto dallo stress, ti sarà fondamentale per poter pensare in modo creativo e strategico e poter così aumentare la produttività. La creatività e la produttività, infatti, se non dai modo al cervello di ricaricarsi tenderanno a diminuire.
- Lo sai che uno dei peggiori nemici delle tue relazioni affettive è proprio lo stress? Quest’ultimo infatti, non porta solo stanchezza mentale ma anche stanchezza fisica, con una conseguente perdita di energia che ti indurrà a non voler uscire e trascurare perfino le persone care, come parenti e amici. Quindi una vacanza tra relax e amici ti farebbe bene non solo perché ti permetterebbe di rilassarti ma anche perché ti consente di socializzare con le persone a cui sei legato e che sembra non hai mai tempo di vedere.
- Per ritrovare la concentrazione e calmare i nervi, non è per forza necessario che tu vada in vacanza in posti lontani, puoi “staccare” un po anche rimanendo a casa tua.
Se non hai voglia di partire, infatti, puoi rimanere semplicemente a casa e magari dedicare il tuo tempo ai tuoi hobby o perché no, alla pratica del training autogeno e della meditazione.
Queste “tecniche” di rilassamento potranno esserti utili non solo durante le vacanze, ma soprattutto quando torni a lavoro. Ti permetteranno infatti di scaricare la tensione giornaliera durante le piccole pause quotidiane migliorando, così, la tua concentrazione e trovare nuovi spunti e idee.
Come hai visto, partire per una bella vacanza, non serve soltanto per ridurre i livelli di stress ma anche per innalzare i tuoi standard produttivi. Fare una pausa assume così un doppio valore funzionale, fisiologico e psicologico, permette al cervello di fermarsi un attimo per riprendere a lavorare con più grinta e aiuta la mente a esplorare nuovi percorsi motivazionali.
Quindi non né guadagni solo tu, ma anche il tuo lavoro.
Allora! Ti ho convinto? Parti sereno o nella valigia non puoi proprio fare a meno di mettere computer, tablet e tutto ciò che potrebbe servirti per lavorare?
Se ti accorgi di non riuscire mai a staccare veramente dal tuo lavoro, prima che possa diventare un problema vero e proprio, sempre se già non lo sia, prova a contattare un terapeuta che ti aiuti a scoprire se questa tua incapacità di staccare la spina, non nasconda altro.
Basta fare vacanze dove ti rilassi solo apparentemente mentre con la testa e forse anche con il corpo stai ancora lavorando. Anche tu meriti di farti una vera vacanza!
Non servono terapie interminabili, vedrai che già dopo una singola seduta di terapia, potrai ottenere degli ottimi risultati. Non aspettare ancora per contattare uno dei terapeuti formati in Terapia a Seduta Singola cercando sul nostro sito www.onesession.it, il terapeuta più vicino a te e più adatto alle tue esigenze.
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Pensi di soffrire della Sindrome da Burn-out? Scopriamolo subito!
Sei un infermiere, un medico, un assistente sociale o un operatore di un ospedale psichiatrico? Be, in tal caso immagino che la tua professione ti piaccia molto, essendo rivolta ad aiutare gli altri, vero?
Certo non deve essere semplice occuparsi di pazienti cronici, incurabili o morenti, oltre ovviamente a di quei malati che hanno una prognosi meno grave!
E’ un pò di tempo che sei irrequieto, stanco fisicamente e mentalmente. Ti senti esaurito, hai cominciato a mollare i tuoi hobby, i tuoi amici, a diventare apatico e a non voler più uscire. Ti senti svuotato e non riesci a reagire!
La notte non dormi bene, soffri di insonnia da un bel pò di tempo ormai, e questo, ovviamente, non contribuisce positivamente alla tua situazione, dato che la mattina ti svegli sempre stanco e nervoso. All’improvviso durante la giornata si presenta tachicardia, forti mal di testa e nausea.
Con il tempo ti sei accorto che questi sintomi ti hanno portato ad uno stato depressivo, ad avere una bassa stima di te stesso, al senso di colpa e alla sensazione di fallimento per non riuscire ad essere all’altezza delle aspettative che hai sempre avuto rispetto il tuo ruolo lavoro.
Così è sorta la rabbia, il risentimento rispetto l’ambiente di lavoro, una forte resistenza ad andarci e una forte difficoltà nelle relazioni con gli utenti perché non riesci a garantirgli un servizio adeguato e rispondere opportunamente alla loro richiesta.
Hai cominciato ad isolarti dagli altri con cui lavori, ad essere sospetto e paranoico, cinico e apparentemente indifferente a quello che accade a lavoro. Non sai perché, è così e basta!
Si! Credo proprio che stai sperimentando una forte situazione di stress lavorativo conosciuta come Bourn-out!
Il burn-out è uno stato di esaurimento emotivo, mentale e fisico causato prevalentemente da uno stress lavorativo prolungato ed eccessivo. La persona che lo vive, si sente sopraffatta e svuotata emotivamente. Tende a perdere motivazione e interesse per il lavoro che ricopre, presenta una perdita delle energie e una sensazione di impotenza che aumenta sempre di più.
Questa sindrome è stata osservata per la prima volta negli Stati Uniti nelle persone che svolgevano diverse professioni d’aiuto, come: medici, infermieri, medici, assistenti sociali, poliziotti, insegnanti, operatori di ospedali psichiatrici, ecc.
Ad oggi, non esiste una vera e propria definizione condivisa universalmente del termine burn-out, pertanto, Cherniss (Cherniss,1986) con il termine “burn-out syndrome” definiva la risposta di un individuo ad una situazione lavorativa percepita come stressante e nella quale non disponeva di risorse e di strategie comportamentali o cognitive adeguate a fronteggiarla.
Maslach (Maslach C., Leiter P.,2000) riteneva invece che il burn-out è un insieme di manifestazioni psicologiche e comportamentali che può insorgere in operatori che lavorano a contatto con la gente e che possono essere raggruppate in tre componenti: esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale.
Indipendentemente dalla definizione, ciò su cui si è d’accordo, è il fatto che gli effetti negativi del burn-out non coinvolgono soltanto te, ma anche le persone a cui offri un servizio inadeguato ed un trattamento poco umano, e ciò, forse non ci hai pensato, potrebbe mettere a rischio il tuo posto di lavoro per non parlare poi del fatto che potrebbe indurti all’abuso di alcol o di farmaci.
Se ti sei riconosciuto nella sindrome da burn-out, non sentirti in colpa, a determinarne l’insorgenza, infatti, non concorrono solo gli aspetti individuali, ma anche i fattori socio-ambientali e lavorativi e i fattori socio-organizzativi come le aspettative connesse al ruolo che si ricopre, le relazioni interpersonali, le caratteristiche e l’organizzazione stessa del lavoro che si ricopre.
Smetti con i sensi di colpa e prova piuttosto a uscire da questa situazione di forte malessere!
Se pensi che sola non puoi farcela, non esitare a contattare un terapeuta che potrà aiutarti a reagire, affrontare e soprattutto a gestire questa situazione, evitando di aggravare ulteriormente il tuo stato di esaurimento emotivo, mentale e fisico. Ricerche hanno dimostrato che, spesso, anche con una singola seduta di terapia, puoi ottenere ottimi risultati.
Contatta quindi uno dei terapeuti formati in Terapia a Seduta Singola
cercando sul nostro sito www.onesession.it , il terapeuta che ti è più vicino
e soprattutto più adatto alle tue esigenze.
Bibliografia:
Cherniss, C. (1986). Different weys of thinking about burnout. In E Seidman & J. Rappaport (Eds.) Redefining social problems. New York: Plenum, 217-229.
Maslach, C., Leiter, P. (2000). Burnout e organizzazione. Modificare i fattori strutturali della demotivazione la lavoro. Centro studi Erickson.
3 punti caldi sulla terapia on-line
Finalmente ci siamo. Sabato avrà luogo il primo OneSession Day promosso dal nostro sito e aperto a tutti coloro che vogliono fare una Terapia a Sesuta Singola tramite Skype o Whatsapp. Per questo abbiamo deciso di proporvi 3 temi caldi riguardanti la terapia on-line su cui riflettere insieme.
1) Le critiche
Spesso si ascoltano critiche anche molto decise nei confronti di questa “modalità di colloquio”, effettuata tramite pc, tablet o addirittura smartphone. In realtà tali dissensi non sono giustificati dalla ricerca che, al contrario, ci dice che le sessioni di psicoterapia online sono efficaci (mediamente) come quelle effettuate di persona (Andersson & Cuijpers, 2009; Nagel, 2011; Wantland, Portillo, Holzemer, Slaughter & McGhee,2004).
In un recente articolo pubblicato dall’American Psychological Association (APA) si sottolinea il crescente utilizzo di questa tecnologia, con notevole vantaggio sia per chi ne può usufruire, sia per gli psicologi (qui l’articolo in inglese).
Certamente occorre prestare le dovute attenzioni, come viene riportato anche nell’articolo citato, ma ne parleremo più avanti.
2) L’utilità
Riporto fedelmente le idee che ho messo per iscritto nel mio blog personale (alcuni mesi fa) e che ritengo utili per questa discussione. Parlavo proprio di alcuni possibili vantaggi della terapia on-line:
1.# Spesso il prezzo medio è inferiore. Questo perchè non ci sono i costi delle strutture (bollette, condominio) o di un eventuale affitto per una stanza. Serve solamente un supporto (device, pc ecc.) e una rete internet. Nel nostro caso e quindi per il OneSession Day di sabato 16 giugno, le terapie saranno gratuite.
2.# Consente di risparmiare tempo; basta pensare agli spostamenti, al parcheggio o ad altri possibili inconvenienti. Alcune persone potrebbero trovare davvero utile poter avere una terapia comodamente dal proprio divano di casa.
3.# Permette di offrire una nuova opportunità a chi non verrebbe mai in uno studio, per eccessiva timidezza, imbarazzo o per qualsiasi altro motivo.
4.# Permette, a chi è impossibilitato a raggiungere lo studio di persona, sia per limitazioni fisiche che logistiche, di avere comunque uno spazio con il suo terapeuta, che sia attraverso video, chat o altro.
5.# I giovani, in generale le nuove generazioni, utilizzano e padroneggiano molto le nuove forme di comunicazione legate ad internet. Questo rappresenta un vantaggio nel momento in cui dovessero scegliere un supporto on-line, parlando già un nuovo linguaggio.
3) Le attenzioni da prendere
Innanzitutto accertatevi che il servizio offerto sia un servizio professionale e che abbia tutti i requisiti necessari.
A tal proposito i terapeuti presenti sul nostro sito, sono tutti regolarmente iscritti ai vari ordini professionali d’appartenenza. Per questo abbiamo voluto mettere, nelle schede di ognuno di loro, i rispettivi numeri d’iscrizione.
Inoltre ogni terapeuta di OneSession si è formato personalmente presso l’Italian Center for Single Session Therapy.
L’altro aspetto da tenere in considerazione è semplicemente la vostra attitudine, volontà, affinità o voglia di effettuare una terapia on-line.
Così come ognuno di noi può avere tempi diversi nella risoluzione di una difficoltà, così non tutti trovano, nella terapia on-line, il loro canale “preferenziale”. Si può sempre sperimentare, e sabato (vista anche la gratuità dell’evento) potrebbe essere una buona occasione. In caso contrario il consiglio è quello di rivolgersi ad un esperto, possibilmente della vostra zona, a cui fare riferimento di persona.
Per tutti gli interessati al OneSession Day vi invito a contattarci sulla nostra pagina FaceBook, sabato mattina dalle ore 10 alle ore 13 (https://goo.gl/7WrwQ5).
Vi basterà scriverci un messaggio attraverso la chat della pagina e vi metteremo in contatto con un terapeuta!
Bibliografia
Andersson, G., & Cuijpers, P. (2009). Internet-based and other computerized psychological treatments for adult depression: A meta-analysis. Cognitive Behaviour Therapy, 38(4), 196-205. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20183695
Nagel, D. (2011). The future of online therapy. Psychotherapy Networker Symposium, Washington, D.C. http://dx.doi.org/10.1037/e561872012-001
Wantland, D. J., Portillo, C. J., Holzemer, W. L., Slaughter, R., & McGhee, E. M. (2004). The effectiveness of Web-based vs. non-Web-based interventions: a meta-analysis of behavioral change outcomes. Journal of Medical Internet Research, 6(4). http://www.jmir.org/2004/4/e40/
OneSession Day
Pensi di avere una difficoltà che non riesci a superare? Un disturbo, un problema legato alla tua persona o alla relazione con gli altri o in famiglia? Non sei mai andato da uno psicologo, anche se vorresti o pensi sia necessario?
Il giorno 16 giugno il team di OneSession.it proporrà una giornata di colloqui gratuiti da svolgere esclusivamente on-line (Skype, Whatsapp, FaceTime ecc), dove potresti trovare alcune risposte a queste domande.
Gli incontri non prevedono appuntamento poichè vogliamo adottare una logica di accesso diretto, come avviene in alcuni servizi sanitari. Ti dovrai semplicemente collegare alla nostra pagina Facebook e scriverci un messaggio privato; al resto pensiamo noi.Vi ricordiamo che tutti i terapeuti presenti su OneSession.it sono formati dal nostro gruppo (Italian Center for Single Session Therapy, qui il link) nella Terapia a Seduta Singola. Questo vuol dire che ti proporremo un colloquio(gratuito) in cui si lavorerà da subito e in modo focalizzato sulla tua difficoltà, problema o altro. Riceverai quindi una vera e propria consulenza/terapia (della durata di circa 30 minuti) e non una semplice raccolta dati.
Anche se pensi o ritieni che il tuo problema non possa essere affrontato in una sola seduta, l’incontro può esserti utile in vari modi:
- puoi orientarti meglio nell’ambito della psicoterapia, parlandone appunto con uno specialista che saprà darti i giusti riferimenti e le informazioni su come utilizzare la terapia stessa;
- puoi fare un primo passo a cui potrebbero seguirne altri, magari con lo stesso terapauta, magari con altre figure. La nostra porta resterà sempre aperta per te;
- puoi trovare esattamente quello che cercavi senza bisogno di ulteriori incontri. Spesso infatti grandi problemi non prevedono necessariamente grandi soluzioni o grandi sacrifici.
Come fare:
1) vieni sulla pagina Facebook di OneSession
2) scrivici un messaggio privato per richiedere una seduta gratuita
3) connettiti con uno dei terapeuti usando il telefono, Skype, o le chiamate video di WhatsApp – FaceTime
Baby blues: significato senso ed origine
Per tutte le neomamme dare al mondo un figlio rappresenta un evento davvero importante. In un modo o nell’altro, dopo il parto, una donna non sarà più la stessa. Non tutte le neomamme, però, riescono ad adattarsi subito a questi indubbi cambiamenti psichici e fisiologici. E’ in questi casi che può presentarsi il baby blues (o maternity blues): un disturbo transitorio di lieve entità, da non confondere con la più grave depressione post partum.
Baby blues: la riorganizzazione della neomamma
Il termine baby blues fu coniato da Winnicott, famoso pediatra e psicoanalista inglese, per definire quel disturbo di lieve entità che colpisce il 70 % delle neomamme a seguito del parto. In genere è temporaneo, dura fino a un massimo di due settimane, ed è caratterizzato dai seguenti sintomi: facilità al pianto (immotivato), eccessiva tristezza, irritabilità, senso di inadeguatezza, ansia e paure eccessive nei confronti del neonato. Talvolta si possono presentare anche disturbi del sonno e dell’appetito.
Per capire il baby blues ti richiamo alla mente un trasloco. Ne hai mai fatto uno?
Un trasloco inizia nel momento in cui decidi di abbandonare la tua vecchia casa, per andare ad abitare in una nuova. Per poterlo fare smonti i mobili e incarti tutti gli oggetti che hai in casa vecchia, per poi portarli e accatastarli tutti all’interno della casa nuova. Quando hai finito questa fase, ti ritrovi dentro la nuova abitazione con tutti i pacchi in disordine: per poter iniziare a vivere dentro la tua nuova casa, pertanto, dovrai ordinarli, scartarli, nonché rimontare mobili, oggetti e via dicendo. Ti potranno prendere sensazioni di sconforto, disorientamento, irritabilità e, a volte, malinconia. Per quanto possa essere bella la tua nuova casa, all’inizio non sarà facile abituarvisi, soprattutto se hai passato nella tua vecchia abitazione molti anni della tua vita.
E’ proprio quello che accade alle neomamme con il baby blues!
Devono abituarsi a una nuova situazione (aver partorito un figlio) che implica un totale riadattamento psicofisiologico, paragonabile a mille traslochi messi assieme. Durante questo processo, il baby blues è il minimo che possa capitare. Tuttavia, una volta riordinati “tutti i pacchi” e “rimontati tutti i mobili” nella “nuova casa”, la tristezza e la deflessione dell’umore andranno diradandosi, per godere in pieno, alla fine, della nuova condizione: l’avere avuto uno splendido bambino.
Baby blues: normalità o sintomo di depressione?
Il baby blues rappresenta una fase del tutto normale del periodo post partum della madre. Le reazioni psicologiche sono la conseguenza di un’altrettanto normale reazione fisiologica che si genera nelle neomamme a seguito del parto. Quando una donna da alla luce un bambino, infatti, ha un brusco calo ormonale degli estrogeni, a cui segue spesso stanchezza fisica e irritabilità, nonché gli stessi sintomi del baby blues. Solamente nel caso in cui il baby blues si protragga per molto tempo e l’entità dei sintomi diviene più preponderante, allora bisognerà preoccuparsi. In questo frangente, il baby blues preannuncerà probabilmente l’arrivo di una vera e propria depressione post partum.
A differenza del baby blues, la depressione post partum esordisce entro sei mesi dalla nascita del bambino. Ha gli stessi sintomi del baby blues, ma in una forma molto più gravosa e con presenza di senso di colpa e depressione, che invece mancano nel baby blues.
L’allarme deve scattare quando i classici sintomi del baby blues compromettono significativamente le varie attività sociali e quotidiane della donna. In poche parole, riprendendo l’esempio del trasloco, se nel baby blues i sintomi rappresentano semplicemente il periodo di adattamento alla “nuova casa”, nella depressione post partum tale tentativo di adattamento tenderà a protrarsi all’infinito (e con scarsi risultati). La donna, ovvero, non si rassegnerà alla nuova condizione e vorrà tornare a vivere nella vecchia casa (pur non essendo più possibile), aggravando di conseguenza la propria sintomatologia.
Cosa fare in caso di baby blues?
Il baby blues non prevede per la verità uno specifico trattamento medico o psicologico, proprio perché è considerato una manifestazione normale, di breve durata e tendenzialmente senza conseguenze. In genere il sostegno del partner, il sostegno della famiglia e una calda vicinanza emotiva sono sufficienti per risolvere e superare il periodo complicato. In ogni caso, seppur il baby blues non abbia conseguenze nella maggior parte dei casi,richiedere supporto può soltanto essere di aiuto.
D’altronde, chi non vorrebbe essere aiutato, durante un trasloco, nel trasportare un po’ di pacchi e mobili dalla casa vecchia a quella nuova? Uno psicologo, quindi, potrà magari darti il sostegno necessario per fare in modo che il baby blues non evolva in qualcosa di più serio. Solo quando i sintomi tendono ad aggravarsi e prolungarsi, infatti, è doveroso rivolgersi a uno psicologo o psicoterapeuta.
Probabilmente, vi sono cause più profonde che provocano il disturbo, che vanno oltre l’evento del parto e della nascita del figlio. In questo caso, se la sintomatologia non è ancora abbastanza grave, potrà bastare anche una psicoterapia a seduta singola per risolvere la problematica. E una volta risolta, alla neomamma non resterà altro che godersi la sua “nuova casa”: gli occhi, il respiro, la vita e il futuro del proprio figlio.
Bibliografia
Stern, D., Stern, N. (2017). Nascita di una madre. Come l’esperienza della maternità cambia una donna, Mondadori, Milano.
Winnicott D.W. (1956). La preoccupazione materna primaria. In Winnicott, D.W., Through Paediatrics to Psycho-Analysis. Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli, Firenze, 1975.
Winnicott D.W. (1987). I bambini e le loro madri, Cortina, Milano.
Emozioni: nella teoria le conosci, ma nella pratica sei sicuro di saperle riconoscere?
Cosa proveresti se ricevessi una bella notizia? E se dovessi affrontare un’operazione al cuore? E invece quando litighi con un tuo amico, mangi un cibo che non ti piace, ricevi una brutta notizia o un regalo inaspettato, che emozioni proveresti in tutte queste situazioni?
La tua risposta a queste domande forse potrebbe essere gioia, paura, rabbia, disgusto, tristezza e sorpresa. Dico “potrebbe” perché ovviamente come ben saprai, la stessa situazione o evento può provocare emozioni diverse a seconda della persona che la sperimenta.
Queste emozioni sono innate e sono riscontrabili in qualsiasi popolazione, per questo sono definite primarie ovvero universali. Leemozioni secondarie, invece, sono quelle che hanno origine dalla combinazione delle diverse emozioni primarie e si sviluppano con la crescita di una persona e dalla sua interazione sociale.
Tra le emozioni secondarie troviamo: l’allegria, la vergogna, l’ansia, la rassegnazione, l’invidia, la gelosia, l’offesa, il rimorso, la speranza, il perdono, la nostalgia e la delusione. Queste emozioni sono più complesse delle primarie poiché hanno bisogno di più elementi esterni o pensieri eterogenei per essere attivate.
Ma te già le sai queste cose vero? Sicuramente nella teoria, sarai molto preparato relativamente il tema delle emozioni ma sei sicuro di essere capace a riconoscerle? Te lo chiedo perché sono molte le persone che hanno difficoltà a riconoscere le emozioni, e anche a esprimerle ed elaborarle correttamente.
Certo, sarebbe bello se a scuola oltre ad insegnare a scrivere, a leggere e a contare ci insegnassero anche cosa sono le emozioni e come si gestiscono, oppure sarebbe bello avere un manuale per interpretare le proprie emozioni, ma purtroppo non è così, nonostante giocano un ruolo fondamentale nella nostra vita.
Se impari a dedicare più tempo e attenzione alle tue emozioni, se ti alleni a riconoscerle non solo in te stesso ma anche negli altri, se impari a gestirle per orientare bene i tuoi comportamenti, puoi migliorare la qualità della tua vita, l’efficacia delle tue azioni e le relazioni sociali che coltivi ogni giorno e imparare, inoltre, a estrarre le migliori risorse non solo da te stesso ma anche dalle persone con cui ti relazioni.
Ti piacerebbe vero?
Si! Sarebbe grandioso imparare a vivere un’esistenza al pieno delle tue potenzialità e in maggiore sintonia con chi hai intorno.
Pensa che per fare questo, è necessaria solo una cosa… che tu sappia riconoscere le emozioni e dargli un nome. Si proprio così, devi solo riconoscere le tue emozioni.
Pensi di essere capace? Lo so, non è semplice. Questo perché il modo in cui percepisci il mondo, lo interpreti, lo valuti e lo immagini, modella le tue emozioni. Il rapporto che esiste tra i tuoi pensieri e le tue emozioni, il modo in cui interpreti la realtà e attribuisci un significato agli eventi influenza enormemente i tuoi stati d’animo e quindi i tuoi comportamenti.
E’ importante che tu sia consapevole delle tue emozioni e che tu sappia dargli un nome per impararle a gestire e per comunicarle anche agli altri, ma effettivamente non è sempre facile utilizzare il termine adeguato per indicare lo stato d’animo che proviamo in un determinato momento.
E’ proprio per questo che chi fa difficoltà a riconoscere le proprie emozioni, non solo non può gestirle e rischia quindi di mettere in atto comportamenti inappropriati e di relazionarsi con difficoltà con gli altri, ma potrebbe anche sviluppare sintomi somatici.
Se ti sei accorto di avere difficoltà nel riconoscere le emozioni e quindi a gestirle e questo ti sei accorto crea dei problemi nella tua vita, rivolgiti ad un terapeuta che possa aiutarti a farlo. Pensa, in alcuni casi, si è visto che già dopo una Singola Seduta puoi ottenere dei risultati inaspettati.
Cosa aspetti quindi a contattare uno dei terapeuti formati in Terapia a Seduta Singola cercando sul nostro sito www.onesession.it , il terapeuta più vicino a te e più adatto alle tue esigenze.
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Porsi un obiettivo: è importante per avere un futuro migliore?
Ogni giorno ti svegli per andare a lavoro o non so magari per stare a casa, fai colazione e nel resto della giornata probabilmente vai in palestra per tenerti un po in linea o a fare qualche commissione. La sera a volte esci con gli amici oppure rimani a casa a vedere un filmetto e nei weekend se è bel tempo organizzi un’uscita con qualcuno altrimenti rimani a casa.
Insomma tutto nella norma. Una vita tranquilla la tua, senza pretese, ogni giorno è simile agli altri, ogni giorno la stessa routine.
Ogni tanto provi a porti qualche obiettivo da raggiungere ma non c’è niente da fare, nel momento in cui c’è da mettere in atto i comportamenti necessari per raggiungerlo, compare sempre la tua inclinazione a rimandare, a procrastinare i tuoi compiti.
Forse ti sei reso conto di non essere capace a fare sacrifici oggi per ottenere qualcosa che forse arriverà un domani? Vorresti sempre tutto e subito?
E’ già, funziona così quando siamo piccoli!
Da bambini cerchiamo l’immediato soddisfacimento dei nostri bisogni e dei nostri desideri e solitamente, i nostri genitori sono lì pronti a soddisfarli subito. Ma crescendo, ci accorgiamo che non basta chiedere per ottenere, che ci viene chiesto di fare cose che non ci piacciono, che spesso dobbiamo aspettare per ottenere qualcosa o dobbiamo faticare per ottenere quello che vogliamo.
Crescendo, ti sarai reso conto, che spesso per raggiungere gli obiettivi futuri per te importanti, devi rinunciare a qualcosa che ti piace del presente, tralasciarlo un po, metterlo da parte, e per giunta senza sapere se il futuro ti darà veramente quello che desideri.
Certamente ci sarà qualcuno capace di apprezzare e vivere con intensità il presente mentre si prepara e agisce per raggiungere il suo obiettivo nel futuro. Ma non siamo tutti uguali, non abbiamo tutti la stessa motivazione e capacità di affrontare lo stress legato al raggiungimento di un obiettivo.
Lo sai però, che porsi una meta, avere un obiettivo da perseguire, è ciò che viene considerato l’aspetto fondamentale per garantire una forte motivazione e una maggiore capacità di sopportazione delle difficoltà e dello stress che incontriamo?
L’obiettivo che decidi di prefiggerti, rappresenta infatti la benzina che motiva le tue azioni, ma anche ciò che ti permetterà digestire meglio la sofferenza fisica o psicologica che probabilmente incontrerai per raggiungere il tuo obiettivo, poiché ti consentirà di attivare tutte le tue risorse per sopportarla meglio.
Porti degli obiettivi è fondamentale per riuscire ad immaginarti un futuro migliore, per motivare te stesso a cambiare l’opinione che hai di te e trasformare la tua idea di futuro in realtà.
Il processo mentale che ti porta a stabilire gli obiettivi e quindi la meta da raggiungere, ti aiuta sia a lungo termine che a breve termine. Infatti, da una parte ti aiuta a scegliere dove vuoi arrivare nella vita e dall’altra su quali compiti dovrai concentrarti nel presente, a quali risorse ricorrere e come organizzare il tuo tempo per limitare le distrazioni e poter raggiungere la meta finale più facilmente.
Una volta stabilito l’obiettivo finale, ti sarà utile stabilire degli obiettivi intermedi, che ti permetteranno di misurare ogni piccolo traguardo che raggiungi, e quella che sarebbe potuta sembrare una meta lontana e difficile da raggiungere, diventa invece la fonte della tua soddisfazione e dei tuoi progressi.
Ponendoti piccoli obiettivi un po alla volta, e raggiungerli con il piano d’azione che ti sei pianificato, permette quindi di aumentare la fiducia in te stesso, facendoti riconoscere le tue abilità e le tue competenze.
Non rimanere focalizzato solo sul presente e non limitarti a sognare il futuro!
Decidi la strada più adatta da intraprendere per raggiungere la tua meta, e se hai paura di sbagliare, se sei indeciso sugli obiettivi o non sai quali azioni mettere in atto per raggiungerli, contatta uno dei terapeuti formati in Terapia a Seduta Singola, cercando sul nostro sito www.onesession.it , quello più vicino a te e soprattutto più adatto alle tue esigenze.
In molti casi, una Singola Seduta è risultata sufficiente per definire non solo l’obiettivo da raggiungere, ma anche per pianificare il piano d’azione necessario al raggiungimento dell’obiettivo stesso.
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6 consigli per aiutare a studiare tuo figlio
Sei disperata? Fino a qualche anno fa tuo figlio era uno studente modello mentre ora non vuole più saperne di studiare oppure è così da sempre? E’ stato bocciato e nonostante ripete l’anno, già il primo quadrimestre è stato un disastro.
Immagino che hai provato a seguirlo nello studio, a togliergli i giochi e tutte le altre distrazioni ma il risultato non è stato molto buono. Forse hai anche provato a fargli fare un doposcuola con un ragazzo che lo segue nelle varie materie, ma i suoi voti non sono molto migliorati.
Ogni volta che ti porta un brutto voto, ti arrabbi, lo rimproveri e la sua risposta è sempre la stessa: “Mamma che pizza, non ho voglia di studiare”. Così litigate, forse vi tenete il muso per un po di tempo e quando poi ti vede sfinita, ti dice: “Scusami, la prossima volta ti prometto che mi impegnerò di più”, ma anche se resta chiuso nella sua stanza per ore dicendo che sta studiando, alla fine le cose non cambiano e i voti non migliorano.
Più volte forse ti sei chiesta dove hai sbagliato con tuo figlio, in cosa non sei stata brava: “Sarà colpa mia se non vuole studiare o sarà colpa dell’ambiente che frequenta? Quei ragazzi poco seguiti con cui perde tempo per la gran parte delle sue giornate, non sono una buona compagnia per lui!”.
Sicuramente ti sarai già domandata che altro potresti fare per invogliare tuo figlio a studiare. Avrai forse anche pensato di passare alle maniere “forti”, come regole più rigide, punizioni o il divieto di uscire finché non avrà ottenuto risultati soddisfacenti o addirittura di cambiargli scuola. Ma poi alla fine ti senti in colpa, e lasci andare questi pensieri.
Se però gli atteggiamenti annoiati e svogliati di tuo figlio, ormai non fanno altro che mettere a dura prova la tua pazienza, anche se ne hai già provate tante per farlo studiare e non sei riuscita nell’intento, prova a vedere se i consigli qui di seguito possono esserti utili per aiutarti a gestire e affrontare questa situazione.
1) Parla con tuo figlio e prova ad essere comprensiva.
A volte il rifiuto di studiare potrebbe essere legato alla fatica e quindi alla frustrazione che i ragazzi sperimentano. Non trovano una motivazione nel farlo e hanno paura di deludere i genitori se non sono all’altezza delle loro aspettative. Per questo motivo, è essenziale comunicare il più possibile con i propri figli e ascoltarli.
Chiedigli quali sono le difficoltà che incontra, e come vorrebbe essere aiutato, prova a incoraggiarlo e rassicurarlo sulle sue capacità ed evita invece di fare confronti con il fratello o la sorella che si impegna più di lui, evita di paragonarlo agli altri coetanei che studiano o stanno più ore sui libri. Ciò lo farebbe sentire svalutato, ancora più frustrato e demotivato, rinforzandogli la sensazione che il suo impegno non basterà a modificare le cose, quindi tanto vale rinunciarci.
Se nonostante l’impegno, tuo figlio non riesce a raggiungere buoni risultati, prova a utilizzare la comprensione. Cerca di comprendere qual’è la sua difficoltà. Prova a non svalorizzare il voto che ha ottenuto, a non attaccarlo se non è andato come speravi.
Spesso può capitare che nonostante l’impegno, tuo figlio non riesce ad ottenere i risultati sperati perché ha un metodo di studio sbagliato, che quindi deve essere necessariamente modificato se si vogliono cominciare a vedere risultati migliori. In questo caso, dagli tu una mano a trovare il suo metodo giusto, ma tieni presente che quello per lui può andare bene, non è detto che corrisponda alla tua idea di giusto.
2) No alle punizioni o ai regali.
Piuttosto che punire tuo figlio o minacciarlo di togliergli il cellulare o i videogiochi, poiché le punizioni non risolvono più di tanto il problema, spiegagli invece che ci sono delle priorità e che organizzandosi può fare tutto. Fagli capire che una volta tolto il pensiero dei compiti, potrà fare quello che vuole e tu non sarai costretta a punirlo.
Non è utile dargli punizioni ma neanche abituarli a studiare per avere dei regali o dei premi, perché la scuola rappresenta un dovere per tuo figlio ed il rischio a cui andrai incontro, è che nel tempo ti chiederà un premio per qualsiasi altra cosa gli chiedi di fare.
3) Stimola l’autonomia di tuo figlio.
Alcuni genitori fanno i compiti al posto dei figli, ma in questo modo invece di aiutarli, si rischia invece di non stimolare la loro autonomia.
Piuttosto, aiuta tuo figlio ad organizzare il suo tempo, ragionando insieme sul tempo da dedicare allo studio, quello da dedicare al relax e quello per altre attività extra scolastiche. Questa organizzazione dettagliata permette ad entrambi di raggiungere i “vostri obiettivi” rispetto lo studio e evita inutili litigi.
Infatti, un clima di conflitto tra te e tuo figlio può portare solo due risultati: tuo figlio sarà ancora più astioso nei tuoi confronti e ovviamente non studierà, e tu ti stressi. E’ quindi importante che tu lo aiuti a trovare dei compromessi, a cercare delle motivazioni per studiare da solo, altrimenti avrà sempre bisogno di qualcuno che lo aiuti.
Spiega però a tuo figlio che se, ovviamente, dovesse aver bisogno di aiuto, può tranquillamente chiedertelo, senza avere il timore che venga sgridato o rimproverato.
4) Fagli prendere ripetizioni solo se veramente necessario.
E’ utile che fai prendere ripetizioni a tuo figlio solo se non riesce a colmare le sue lacune a scuola. In questo caso le ripetizioni gli danno una spinta in più. Devi però sempre stare attenta che non si trasformino in una scusa per non fare i compiti da solo.
5) Non fargli la giustificazione.
Se tuo figlio non ha finito o svolto i compiti per il giorno dopo, anche se ti è difficile mandarlo a scuola sapendo che verrà sgridato, prova comunque a non fargli la giustificazione, così se a scuola prende una nota, forse capirà di aver sbagliato.
Un’altra cosa da non fare se non ha finito i compiti, è fargli saltare scuola, poiché quando sarà più grande, altrimenti, prima con l’università e poi con il lavoro rischierà di trovarsi male, non avendo più nessuno che lo giustifica quando non rispetta i termini per un esame o per un lavoro.
6) Fagli allenare la concentrazione.
Se tuo figlio fa da sempre fatica a rimanere concentrato, probabilmente non è mai stato abbastanza abituato a farlo. Devi vedere l’allenamento alla concentrazione come un allenamento sportivo e quindi progressivo.
Ogni giorno devi abituare tuo figlio a concentrarsi prima 15 minuti di seguito, poi 20 minuti e progressivamente sempre di più. Digli di mettersi seduto alla scrivania con davanti il libro aperto che deve studiare e nessun’altra distrazione. All’inizio non gli sarà semplice, ma col tempo i risultati si vedranno, l’importante è perseverare anche se i risultati non arrivano subito.
Se nonostante i consigli qui sopra riportati e tutti tentativi che hai fatto per aiutare tuo figlio, il problema “studio” non è ancora risolto, prova ad affidarti ad un terapeuta che può consigliare a te e tuo figlio cosa è più opportuno fare per la vostra specifica situazione.
Si è osservato, che anche con una singola seduta di terapia, un ragazzo con problemi relativi allo studio, può recuperare le risorse necessarie per riuscire ad ottenere dei buoni risultati a scuola e risolvere così il problema.
Non aspettare a contattare uno dei terapeuti formati in Terapia a Seduta Singola cercando sul nostro sito www.onesession.it, il terapeuta più vicino a te e più adatto alle tue esigenze.
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Cosa farò da grande: la scelta della scuola
Ti sembra ieri il giorno in cui hai iniziato la scuola secondaria di primo grado (una volta si chiamava semplicemente scuola media), e adesso ti ritrovi già a dover scegliere il nuovo liceo (o istituto) cui iscriverti. I tuoi genitori da parecchio tempo ti stressano chiedendoti ripetutamente: che vuoi fare da grande? a quale scuola vuoi iscriverti? Ma tu ancora non lo sai, e più che alla scelta della nuova scuola e al tuo futuro, pensi al presente, agli amici, al divertimento (e non hai tutti i torti!). Sai solo che davanti a te, in un modo o nell’altro, avrai altri cinque anni di studio: che fatica!
Una decisione, però, alla fine dovrai prenderla, e ne sei consapevole: e allora che fare? Piuttosto che far scegliere agli altri, meglio fare una scelta ponderata! Non trovi?
Compiere una scelta ragionata sul percorso scolastico da intraprendere, infatti, ti permetterebbe di affrontare i futuri anni scolastici con più motivazione e maggiore successo (Castelli & Venini, 2004). Proviamo a schiarirci un pò le idee sull’argomento.
Suggerimenti utili
- L’aspetto principale da considerare per la scelta della nuova scuola sono i tuoi stessi interessi. Ti sei mai chiesto cosa ti piace di più studiare?Se ti piace di più apprendere le materie letterarie o quelle scientifiche? Non te lo sei mai chiesto? Bè, è il momento giusto per farlo! Nel primo caso sarebbe più appropriata la scelta del liceo classico, nel secondo quella dello scientifico. Al classico si studiano soprattutto, ma non solo, materie come il latino, l’italiano, il greco, mentre allo scientifico si dà più spazio alla matematica, alla fisica, alla biologia. Qualora tu disdegni sia le materie scientifiche che quelle letterarie, sappi che esiste anche il liceo artistico, dove la precedenza la hanno soprattutto le discipline artistiche, quali la pittura, la grafica o il disegno (Dell’Oro, 2015).
- Già che ci sei, ti sarebbe utile capire anche cosa vorresti fare una volta ottenuto il diploma. Vorresti proseguire gli studi all’università o iniziare fin da subito a lavorare? Oltre a quelle che ti ho elencato, esiste infatti un’altra possibilità ancora: la scelta dell’istituto tecnico o professionale. E’ un tipo di scuola diversa dal liceo, il cui intento principale è di prepararti a una professione specifica. Se nel caso dei licei è necessario poi proseguire gli studi all’università, per ottenere qualifiche magari più elevate, gli istituti tecnici e professionali ti permettono di inserirti nel mercato del lavoro già col solo diploma. Ne esistono di diversi tipi, dall’alberghiero al commerciale, dall’agrario ai servizi socio-sanitari, dall’elettronico al manageriale, ognuno con delle materie e caratteristiche specifiche per il settore (Dell’Oro, 2015).
Aspetti da tenere in considerazione
Nel compiere la scelta scolastica, però, ci sono anche altri aspetti da considerare, che vanno oltre le semplici caratteristiche formative. Vediamo se riesco a spiegarmi…
Hai mai visto un cucciolo di cane, diventare gatto? O un cucciolo di gatto, diventare topo? Da che mondo è mondo, i cani avranno sempre cuccioli della loro specie, così come i gatti e ogni altro animale.
A.# Forse il paragone è un po’ esagerato, ma se tuo padre è un insegnante di lettere, cosa si aspetterà da te? O se sei figlio di un medico, cosa desidererà dal tuo futuro? Certamente che tu scelga, nel primo caso, il liceo classico, nel secondo, invece, il liceo scientifico, per poter poi affrontare con successo e solide basi l’università. E’ inutile, infatti, girarci attorno, la tua scelta può essere influenzata dai tuoi genitori, dalle aspettative che hanno su di te e dal desiderio che hanno di tramandarti la passione per il loro lavoro. Il punto di vista dei genitori è quello che solitamente influenza più di tutti la scelta scolastica alla tua età (Dell’Oro, 2015; Castelli & Venini, 2004).
B.# Per fortuna, però, nella vita 1+1 non fa sempre 2, e un figlio di medico può diventare senza problemi un insegnante di matematica, così come il figlio di un agricoltore ha tutte le capacità per diventare un ottimo dottore. Per capire meglio, allora, non ti rimane che parlarne direttamente con i tuoi genitori, farti consigliare, confrontarti con i tuoi amici, e persino discuterne con i tuoi insegnanti. E’ solo confrontandoti che riuscirai a scoprire quali sono le tue naturali inclinazioni, cosa ti piace di più fare o studiare, al di là del contesto familiare di appartenenza. La tua scuola, peraltro, organizza di certo corsi di orientamento scolastico, al fine da semplificarti la fondamentale scelta che stai per compiere (Castelli & Venini, 2004).
Se la confusione persiste…
Nel caso persista la tua confusione, possono venirti in soccorso ulteriori professionisti, specializzati proprio nell’orientamento scolastico e professionale (in genere psicologi o educatori). Queste persone sono in grado di aiutarti a scoprire ciò che effettivamente vorrai fare da adulto, orientandoti a un indirizzo scolastico a te più congeniale, attraverso colloqui, discussioni di gruppo, somministrazione di questionari o test strutturati (Castelli & Venini, 2004). Puoi confidare a loro i tuoi dubbi, le tue perplessità, nonché coinvolgere anche i tuoi genitori, per portare a compimento una scelta aperta e condivisa.
Attraverso OneSession.it puoi trovare uno psicologo formato in Terapia a Seduta Singola. Questo vuol dire che potrai fare (anche)un singolo incontroorientato alla scelta della scuola o del percorso di studi. La TSS (Terapia a Seduta Singola) si adatta molto bene a questo tipo di problematiche poiché, uno dei suoi aspetti più importanti, è proprio far emergere le tue competenze, per saperle sfruttare al meglio.
Non avere timore, quindi, di chiedere: ne vale del tuo futuro. L’unica cosa che ti raccomando di fare è di non farti influenzare dagli altri, di non scegliere una scuola solo perché ci va un amico (migliaia di amicizie continuano anche al di fuori del contesto scolastico!) né di sceglierla a caso o per questioni di comodità. Non c’è cosa peggiore di intraprendere una strada senza sapere dove essa ti porterà. La motivazione allo studio, in fin dei conti, deriva proprio dall’obiettivo che nella vita ci si pone di raggiungere.
E allora, al di là di tutto quello che ti ho detto, il miglior modo per scegliere la scuola più adatta rimane il trovare una risposta alla solita domanda: cosa voglio fare da grande?
Bibliografia
Castelli, C., Venini, L. (2004). Psicologia dell’orientamento scolastico e professionale, Franco Angeli, Milano.
Dell’Oro, F. (2015). Cercasi scuola disperatamente, La Feltrinelli, Milano.
Sitografia
Bullismo o cyberbullismo?
VUOI SALVARE TUO FIGLIO?
Ecco 6 indizi per capire se tuo figlio è vittima di Bullismo o Cyberbullismo.
Spero vivamente di no, ma se stai leggendo questo articolo è forse perché nella tua testa più di una volta sarà passata una di queste domande: “E se mio figlio fosse vittima di Bullismo e non me lo dicesse? E se mi stesse nascondendo quello che subisce ed io non me ne fossi accorta? Come posso aiutarlo?”
Beh, cara mamma, se queste sono le domande che ti continuano ad invadere la testa penso di poter capire benissimo la preoccupazione e angoscia che provi per tuo figlio.
D’altronde, il fenomeno del Bullismo oggi è sempre più in crescita, e questo soprattutto con la grande diffusione di internet tra i giovani, che ha portato, infatti, alla nascita di un nuovo fenomeno, il Cyberbullismo.
Credo tu sappia bene quale sia la differenza tra i due fenomeni!
Bullismo e Cyberbullismo
Entrambi sono caratterizzati da una serie di comportamenti aggressivi, offensivi, violenti, umilianti e soprattutto intenzionali, ripetuti nel tempo, nei confronti di un bambino ritenuto più debole.
La differenza, invece, è che nel Bullismo la violenza e le offese avvengono di persona, per esempio quando il bambino sta andando o tornando da scuola o durante l’ora di ricreazione, infatti, gli atti di violenza e prevaricazione sono spesso plateali e quindi molto evidenti. Nel Cyberbulismo, invece,la violenza è fatta tramite strumenti digitali. Le offese, gli insulti e la denigrazione vengono messe in atto attraverso i social network o WhatsApp, rivelando informazioni private della vittima, foto imbarazzanti o escludendolo in maniera sistematica da tutti i gruppi social.
In questo caso, la vittima è attaccabile in qualsiasi momento della giornata perché il mezzo è la rete, quindi non è necessario incontrarlo come per il bullismo.
Che sia l’una o l’altra forma, le gravi conseguenze a cui portano questi due fenomeni, sono talmente gravi, da definirli dei veri e propri reati. Lo dimostra il Disegno di Legge n. 1261/2014: Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo.
A volte potresti non accorgerti del suo dolore nascosto dietro fragili sorrisi.
E ciò perché se nostro figlio è vittima di bullismo, tenderà, come tutti gli altri bambini, per imbarazzo e vergogna a nascondertelo e a non parlartene. Ma intanto la sua vita si trasforma sempre di più in un incubo!
Ogni giorno per tuo figlio diventa più duro perché gli atti di bullismo che gli vengono rivolti diventano sempre più forti. Tuo figlio si sente sbagliato, diverso, ridicolo, un peso. Viene ghettizzato, umiliato, deriso, insultato e continuamente attaccato, non solo fisicamente ma anche a livello verbale e psicologico. Una volta preso come bersaglio, viene allontanato da tutti, preso in giro, bullizzato, denigrato per qualsiasi motivo e così comincerà a non sentirsi più amato.
Si sente fragile, debole, vorrebbe reagire in qualche modo ma non ci riesce!
Pensa di scappare o desidera scomparire, tanto se lui non ci fosse nessuno se ne accorgerebbe, a nessuno importa di lui, tutti continuerebbero a vivere e stare comunque bene. Questo pensiero diventa un’ossessione per tuo figlio, non riesce più a toglierselo dalla mente, si sente come in un tunnel senza fine da cui non riesce più ad uscire!
Comincia a non voler più andare a scuola, inventa mille scuse per saltarla e stare a casa. Quando va è continuamente distratto, il suo rendimento scolastico cala bruscamente. Non ha voglia di uscire e non viene mai invitato alle feste.
Pensa di non essere bravo, di essere un incapace in tutto, di non servire a niente!
Quando è per strada si sente tutti gli occhi addosso, cammina piano e a testa bassa perché ha paura di far rumore, di dare fastidio agli altri. Anche quando non ha fatto nulla, è sempre il primo a chiedere “scusa” per paura di essere maltrattato o di poter involontariamente ferire qualcuno… quando il più ferito è lui!
Si vergogna di quello che è e di come è!
Prova senso di colpa, sofferenza, rabbia, paura. Grida in silenzio e piange di nascosto. Intrappolato nella sofferenza del presente, diventa spettatore della sua esistenza e se pur piccolo non riesce a vedere un futuro.
Tutto questo, se lui non chiede aiuto, potrebbe portarlo a dei crolli psicologici che possono condurlo a diverse conseguenze:
- depressione, ansia, fobie, disturbi alimentari, isolamento sociale, abbandono scolastico, comportamenti autolesivi, ecc.;
- scagliarsi violentemente contro i bulli, e questo perché, il bambino vittima di bullismo manifesta ansia e aggressività che spesso non riesce a gestire, e in alcuni casi la reindirizza ad altri, finendo per rendergli la violenza da lui subita;
- in situazioni estreme, a quei fatti di cronaca che sicuramente avrai più volte sentito. Se tuo figlio è vittima di bullismo potrebbe infatti non avere la forza di reagire o chiedere aiuto, e si lascerà andare, finendo per suicidarsi.
In questo caso, a sentirsi soli e profondamente vuoti sarete te e tuo marito, chiedendovi per tutta la vita come ciò sia potuto accadere.
Gli indizi
Per questo ho pensato di indicarti 6 indizi che potrebbero aiutarti a capire se tuo figlio è vittima di Bullismo o Cyberbullismo così da poterlo cominciare a salvare:
1- Difficoltà a dormire o ripetuti incubi notturni.
2- Frequenti mal di testa, dolori di stomaco, e altri problemi fisici.
3- Piangere di frequente o agire in modo diverso. Per esempio, un bambino socievole e tranquillo può diventare improvvisamente triste e introverso. Oppure, un bambino timido può diventare aggressivo e iperattivo.
4- Peggiorare a scuola o sviluppare problemi di apprendimento.
5- Non parlare o mostrare paura quando le persone o le situazioni in causa vengono menzionate.
6- Parlare di suicido.
Una cosa è certa!
Dal Bullismo e dal Cyberbullismo non è detto che tuo figlio riesca ad uscirne da solo, per questo ha bisogno del tuo aiuto!
E ricordati che questi fenomeni lasciano dentro un segno, una ferita sempre aperta, che non andrà via da sola.
Potrà essere di aiuto un supporto psicologico che gli permetterà di elaborare ciò che ha vissuto sulla sua pelle, per evitare di sviluppare eventuali conseguenze negative nelle successive fasi dello sviluppo.
Ovvio! Questo non vuol dire, che tuo figlio oltre ai lunghi maltrattamenti dovrà seguire anche una lunga terapia.
Spesso una singola seduta di terapia può servire alla vittima in questione, di avere uno spazio di ascolto, recuperare le risorse necessarie per trasformare la brutta esperienza vissuta e capire come iniziare a muoversi.
Se senti il bisogno di un aiuto in più, prenota il tuo appuntamento gratuito con One Session! Ci trovi tutti i martedì dalle 18.00 alle 20.00. I nostri terapeuti ti aiutano ad ottenere un cambiamento immediato e duraturo, fornendoti strumenti pratici, concreti ed utilizzabili fin da subito per uscire dalla situazione problematica grazie alle tue stesse risorse!
Per prendere appuntamento, scrivi a info@onesession.it o alle nostre pagine Facebook e Instagram.